Lecco, disabilità: servizi ripensati dopo la pandemia, ampliati i progetti individuali

Immagine di repertorio scattata al CDD La Casa di Stefano
Utile ripasso in commissione III di quella che è la Rete dei Servizi per la Disabilità del Comune di Lecco, al quale fa capo l’intera programmazione provinciale distrettuale proprio per la competenza e l’originalità riconosciuta al capoluogo in materia. “Quello dei nostri servizi è un approccio che mette al centro la persona e le sue competenze, trattando la disabilità non come categoria ma come una condizione soggettiva” ha detto l’assessore Emanuele Manzoni nella sua introduzione, facendo un cenno anche a quelle che sono le sfide su cui punterà l’amministrazione comunale nei prossimi anni: “Vogliamo lavorare sul tema dell’abitare perché esso diventi percorso naturale che passa attraverso l’autonomia, ma anche su quello del lavoro che può garantire e accompagnare questo percorso”.

Ad illustrare quelli che sono i servizi diurni e residenziali attivi sul territorio, è stata Roberta Rigamonti, coordinatrice della Rete dei Servizi per la Disabilità: il Centro diurno disabili, che accoglie generalmente persone tra i 18 e i 64 anni con disabilità complesse, può ospitare fino a 30 persone che attualmente nella maggior parte dei casi sono residenti nel Comune di Lecco; ci sono poi i Centri socio educativi 1 e 2, destinati anch’essi a persone tra i 18 e i 64 anni, ma affetti da una disabilità media o più lieve; la Comunità socio-sanitaria Casa l’orizzonte invece ospita persone che vivono stabilmente nella struttura e ha dei posti a disposizione delle famiglie per periodi di “sollievo”, oltre ad aver sviluppato una rete di appartamenti esterni per sperimentare progetti all’interno della politica del “dopo di noi”. A completare il quadro ci sono poi i servizi destinati ai più giovani attraverso l’assistenza educativa scolastica e il Centro di formazione polivalente professionale. “La pandemia ha ci ha costretto a mettere in campo nuovi servizi - ha chiarito Rigamonti - abbiamo dovuto ampliare ad esempio i progetti individuali che sono arrivati ad una sessantina, ovvero quelle prestazioni che escono dalla logica dell’utente che usufruisce di un servizio perché iscritto, ma che si basano sul bisogno specifico delle persona e della sua famiglia; abbiamo poi sperimentato il lavoro a distanza e quello a domicilio, ma anche le attività in spazi esterni da quelli dei servizi. Abbiamo insomma ripensato l’offerta, articolandola sulla base dei nuovi bisogni delle famiglie, includendo anche persone non iscritte”.

Un altro aspetto su cui la Rete dei Servizi per la Disabilità ha lavorato molto è quello dell’integrazione con il territorio: “Artimedia ad esempio ha fatto un grosso lavoro con i quartieri e con i contesti di apparenza delle persone disabili, nell’ottica di non esaurire nei soli servizi le proposte loro dedicate, ma di valorizzare le loro competenze, i loro interessi e anche di migliorare la capacità delle comunità di relazionarsi con questi loro membri - ha aggiunto il direttore della Rete Ruggero Plebani -Anche con la sperimentazione di Laorca Lab abbiamo voluto creare un luogo dove persone diverse con interessi comuni potessero incontrarsi, superando la logica della categoria - “anziano”, “disabile”… - ma concentrandoci sulle iniziative ricreative che una comunità può promuovere e che possono includere anche le persone disabili”.
M.V.
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