Lecco: 50 anni spesi per un 'Mondo Giusto'. Proiettato il docufilm, aspettando un'intitolazione
Un luogo della città dedicato ai Caduti di “Mondo giusto”, i volontari uccisi il 6 agosto 1995 in quella parte di Congo allora chiamata Zaire. E’ la proposta partita dal prevosto don Davide Milani nel corso della serata tenutasi al cinema Aquilone per la proiezione in anteprima nazionale del docufilm (appunto “Un mondo giusto” il titolo) dedicato proprio all’attività dell’associazione umanitaria lecchese che proprio quest’anno celebra i 50 anni. Mezzo secolo di progetti realizzati (ponti, scuole, impianti idrici e per la produzione di energia, attività artigiane e agricole) non soltanto nell’ex Congo belga dove ha mosso i suoi primi passi ma anche in altri Paesi (Tanzania, Kenya, Camerun, Angola, Madagascar, in America Latina) ma anche in Italia con la promozione di cooperative sociali.
Don Davide e Chiara Pellizzoni
Di questi cinquant’anni, si ricorderà, il momento più drammatico è stato appunto quello dell’agosto 1995, quando un gruppo di volontari dell’associazione si recò in visita in un parco naturale e venne assalito da rapinatori, probabilmente estremisti hutu. Restarono uccisi Luigi Cazzaniga, Michelangelo Lamberti, Tarcisio Cattaneo, Adelio Castiglioni e i suoi due figlioletti Roberta e Samuele. Scamparono per caso al massacro Flavio Riva e Noelle Castiglioni (moglie di Adelio e mamma dei due bambini) che restò paralizzata.Domenico Colombo
Fu un duro colpo per la piccola associazione fondata dal cardiologo Domenico Colombo dopo che, andato in Africa da giovane medico proprio per esercitare la sua specialità, si accorse che in realtà venivano prima altri bisogni: mangiare, bere, lavorare.
Flavio Riva
Sarebbe dunque il momento, secondo la proposta lanciata alla città dal prevosto, che un angolo di Lecco ricordasse quella tragedia e le sue vittime.
Nella realizzazione del docufilm, lo stesso don Davide ha avuto un ruolo non secondario. L’idea è nata parlandone proprio con Domenico Colombo e, grazie a un lascito e ad altri aiuti arrivati, a occuparsi della produzione è stata la Fondazione Ente dello Spettacolo (l’organizzazione cinematografica cattolica di cui il prevosto lecchese è presidente). Con la regia affidata a Manuele Mandolesi.
Giulio Colombo. Sotto Lucia Bressan
«Di Mondo giusto non potevano non parlare in questa sala»: così lo stesso don Milani ha aperto la serata, condotta dalla giornalista di “Famiglia Cristiana” Chiara Pellizzoni e alla quale sono intervenuti – oltre a Flavio Riva e al regista – anche Lucia Bressan, volontaria con “Mondo giusto” da quarant’anni, i consiglieri dell’associazione Renato Borroni e Giulio Colombo (nipote di Domenico Colombo), nonché il giornalista del “Corriere della sera” Francesco Battistini che ventisei anni fa si occupò della tragedia lecchese e sette mesi fa dell’uccisione l’ambasciatore italiano Luca Attanasio con l’agente di scorta Vittorio Iacovacci e l’autista locale.
Negli stessi luoghi del 1995, lungo una strada che i volontari di “Mondo giusto” hanno percorso centinaia di volte ancora continuano a percorrere, nonostante in questo periodo le attività hanno subito un rallentamento per la pandemia di covid, ma c’è la volontà di tornare laggiù al più presto, appena i canali si riapriranno.
Renato Battistini
Il legame tra la vicenda dei volontari lecchesi e quella di Attanasio è del resto stata sottolineata più volte. Da parte sua, Battistini ha ricordato il comportamento vergognoso dello Stato italiano nel 1995, la sua completa assenza e nel contempo, riprendendo una riflessione scaturita dalla proiezione, ha parlato di Attanasio, «un diplomatico anomalo, uno che si impegnava davvero» come di colui che ha raccolto il seme che era stato lasciato da “Mondo giusto”.
Manuele Mandolesi
Renato Borroni
E allora occorre che l’attività dell’associazione lecchese vada avanti, così come è andata avanti allora: «E’ vero che abbiamo dato all’Africa – ha detto Borroni - ma è tanto quello che l’Africa ha dato a noi. Ciò che dobbiamo far capire ai giovani è appunto che c’è più gioia nel dare che nel ricevere».I giovani, appunto. Il film vuole infatti essere un messaggio alle giovani generazioni, un appello affinché arrivino nuovi volontari: «I più giovani di noi – parola di Riva – hanno ormai più di 50 anni. Dobbiamo quindi sensibilizzare i più giovani».
Non a caso, nel film, c’è la figura di un giovanissimo che si dice pronto, una volta terminati gli studi, a imboccare la strada del volontario.
Ad assistere alla proiezione c’era lo stesso fondatore dell’associazione che intervistato nel film parla di un sasso gettato nel lago che affonda ma i suoi cerchi si propagano e raggiungono le rive più lontane.
Dario Cercek