Lecchese: mamma porta l'ex in tribunale per maltrattamenti (e la sparizione di un assegno da 80 mila euro)

Il Tribunale di Lecco
La prima volta è scappata di casa nel 2006, un anno dopo l'avvio della convivenza: il compagno l'avrebbe sbattuta sul letto mettendole le mani attorno al collo, al culmine di un alterco nato evidentemente per un non nulla, una di quelle liti violente che ciclicamente, a detta, di lei, rendevano il rapporto burrascoso. Le acque, non in uno schiocco di dita ma con il tempo, tra alti e bassi, si sarebbero però poi tranquillizzate grazie alla terapia di coppia in prima battuta, individuale, per lui nel proseguo, tanto da scegliere di comune accordo di dare corpo, a distanza di qualche anno, al desiderio di avere un bimbo insieme. “Alla nascita ricominciarono gli episodi di violenza”. Ecco perché una quarantenne si è trovata quest'oggi a doversi accomodare al banco dei testimoni, raccontando al collegio giudicante del Tribunale di Lecco anni di aggressioni – verbali e fisiche – subite, da colui il quale nel frattempo è diventato il suo ex. Lui, classe 1978, difeso dall'avvocato Tiziana Bettega - che già lo assiste in un processo per rapina apertosi qualche giorno fa sempre a Palazzo di Giustizia – è chiamato a rispondere dei reati di maltrattamenti in famiglia, violazione degli obblighi di assistenza famigliare e appropriazione indebita, con le ultime due contestazioni relative, come è facile immaginare, al post separazione e nello specifico al lamentato mancato versamento alla madre di suo figlio dell'assegno di mantenimento e alla “sparizione” di un assegno da oltre 80.000 euro che avrebbe invece – sempre secondo la denuncia presentata dalla donna – essere spartito equamente, essendo il “contenuto” di un libretto postale gestito congiuntamente.
Guidata dal sostituto procuratore Andrea Figoni, la persona offesa – costituitasi parte civile per il tramite dell'avvocato Miriam Brusadelli – nella mattinata odierna ha ampiamente descritto gli episodi più significativi che hanno costellato una convivenza mantenuta in piedi dal sentimento e dalla volontà di dare una famiglia al piccolo di casa, per poi naufragare definitivamente solo nel 2018, dopo una crisi durata tre giorni consecutivi, “senza tregua, come se fossi sotto assedio”, con tanto di intervento dei carabinieri presso l'abitazione dell'hinterland lecchese dove la coppia viveva con il bimbo, a più riprese travolto anch'egli dalle sfuriate del padre, come detto in Aula dalla madre, elevando a esempio quella volta in cui il figlioletto, in lacrime, sarebbe stato strattonato e buttato sul tappeto dall'imputato che, saltandogli addosso, lo avrebbe minacciato di buttare lui e la sua bicicletta fuori dalla finestra. O ancora, quando più grandicello, sarebbe stato rimandato dall'uomo a casa della madre con due fotografie del nuovo compagno di lei tra le mani, a sottolineare la conoscenza di questa nascente nuova relazione. O ancora quando al bambino sarebbero stati letti dei passaggi delle denunce presentate dalla donna contro l'ex con l'intento di renderlo edotto del fatto che “la mamma vuole far arrestare il papà”. La stessa mamma che – ha affermato in Tribunale - per anni ha vissuto senza chiudere la porta di casa a chiave, per sentirsi sicura di poter scappare in caso di aggressione. La stessa mamma che si sarebbe sentita a più riprese “denigrata come donna e come madre”. La stessa mamma che sarebbe finita al centro del gossip di altri genitori dopo essere stata etichettata come lesbica dall'ex, andato a raccontare anche fatti intimi della loro relazione a comuni conoscenti. La stessa mamma che ha poi scelto di non tornare più indietro, arrivando, con dignità, a vuotare il sacco dinnanzi ai giudici (presidente Martina Beggio, a latere Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi. L'istruttoria proseguirà il prossimo 9 dicembre (con ulteriore seduta già calendarizzata per il 31 marzo) quando con ogni probabilità sarà l'imputato stesso a prendere la parola, per fare quelle spontanee dichiarazioni annunciate già quest'oggi ma differite dal collegio alla prossima udienza per mancanza di tempo, con un processo fissato dopo l'altro, tutti – ironia della sorte - per maltrattamenti.
A.M.
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