Lecco: con il Comitato si torna sul Magnodeno, tra criticità attuali e dubbi per il futuro

Nonostante le quasi 34mila firme e l’impegno del comitato Salviamo il Magnodeno che ha segnalato una serie di criticità legate all’attività, lo scorso maggio la Provincia di Lecco ha autorizzato l’azienda Unicalce Spa, titolare della concessione, ad allargare il fronte di cava per circa 2,8 milioni di metri cubi.

Sabato 9 ottobre, il comitato è tornato sul Magnodeno con un’escursione partecipata per puntare l’attenzione sull’impatto che le escavazioni hanno sul territorio e per riflettere sulle prospettive future. “Le autorità hanno indicato ad Unicalce delle lievissime prescrizioni - ha sottolineato Edoardo Magni, portavoce del gruppo - che comunque non saranno applicate fino al 2024, quando prenderà avvio l’escavazione del lotto autorizzato quest’anno. Eppure l’impatto della cava sul sistema idrico del Magnodeno non sembra irrilevante, in particolare per il torrente Tuff, che è alterato sia nella quantità sia nella qualità delle sue acque. In particolare dopo le forti piogge, la portata del fiumiciattolo aumenta a dismisura, le sue acque di presentano torbide e con la presenza di solidi sospesi. Questa alterazione dell’ambiente acquatico, temiamo sia la causa della sparizione del gambero di fiume, che invece possiamo ancora trovare nei corsi d’acqua vicini più ricchi di minerali e altri materiali organici”.

Lo sbocco del Tuff

Risalendo il torrente si incontra poi la sorgente, un buco nella terra dal quale sbuca, dal momento che fino a quel punto è “ipogeo”, ovvero sotterraneo. “Quando ci sono le forti piogge - continua Magni - si può vedere come dalla sorgente le acque del Tuff escano pulite e si intorbidiscano solo mischiandosi con il rigagnolo che si forma dalla cava lungo la via del Guarin, un’antica strada comunale, oggi più simile ad un sentiero, che un tempo portava a Vaiolo alta".

La strada del Guarin

Oggi invece, per esigenze della cava, è stato creato un nuovo percorso, lungo il quale anche il sopralluogo del comitato è proseguito fino ad imbattersi in una vasca di origine artificiale, che quando piove si colora di marrone, ma che anche in giornate come quella di sabato lascia intravedere i residui fangosi, causati con ogni probabilità dalle polveri della cava, che poi con le piogge vengono trascinati nel Tuff.

La vasca artificiale

La passeggiata si è conclusa nei pressi della cava di Vaiolo bassa, dove il comitato pensa si giocherà il vero futuro del Magnodeno. Il Piano cave del 2015 ha autorizzato l’azienda Fassa Bortolo a scavare 3.500.000 metri cubi e il primo lotto è stato approvato nel 2019 per i primi 995mila metri cubi. Ma quando nel 2031 sarà terminata l’escavazione di Vaiolo alta e saranno tolti i nastri trasportatori che fanno arrivare i pezzi di sassi frantumati dalle mine fino ai forni di Arcione per essere trasformati in calce, potrà svilupparsi il secondo lotto oggi frenato proprio dalla presenza fisica del rullo.

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“In questo sviluppo tutta la collina che si spiega dalla cava esistente in direzione di Neguggio sparirà, già da tempo è iniziata la deforestazione della zona, ma soprattutto questo vuol dire che i forni andranno avanti per quasi vent’anni a funzionare. Ricordiamo che oggi vengono alimentati a metano e biomasse, producendo 228.150 tonnellate annue di anidride carbonica ma che in passato sono sono stati alimentati anche con antracite, materiali metallurgici e pet coke con impatti gravissimi sull’ambiente”.

Vaiolo Bassa

Di fronte a queste riflessioni suscita qualche perplessità la strategia del Comune di Lecco, che non si è opposto alla nuova autorizzazione rilasciata a Unicalce per la Vaiolo alta e che ha rassicurato i cittadini con una delibera ratificata a giugno dal consiglio comunale che prevede che la cava, una volta cessata avrà una destinazione di uso pubblico. “Intanto bisogna rilevare che già la convenzione del 2002 prevedeva il passaggio di proprietà - ha sottolineato Magni - e prudenzialmente esplicitava la possibilità di poter valutare se e quanta porzione acquisire, dal momento che l’area potrebbe rappresentare un vero fardello per il nuovo proprietario. In secondo luogo ci chiediamo se abbia senso fare un bosco urbano o una delle altre mirabolanti proposte, quando la Vaiolo alta si trova in una parte impervia e difficilmente accessibile del Magnodeno, intanto che la zona più prossima alla città e più ‘di passaggio’ sarà ancora occupata da una cava e due forni, che rendono l’ambiente poco vivibile da cittadini e avventori”.

La collina che sarà scavata

Una possibilità certo ci sarebbe: una porzione della Vaiolo bassa, che sarà interessata dal secondo lotto, è sì inserita nel Piano cave, ma nel Piano di governo del territorio è classificata come area di continuità del verde, quindi prima dell’avvio del progetto sarebbe necessario che il Comune approvi una variante al Pgt. Ma il comitato non ripone molto fiducia nell’amministrazione: “I tavoli della sostenibilità sono bloccati e l’assessore all’Ambiente Renata Zuffi non ci risponde da tempo, quando a breve bisognerà approvare la convenzione con Unicalce per il progetto di cava che partirà nel 2024, eppure ricordiamo che all’epoca ci dicevano che il Comune non poteva stabilire se cavare o meno, ma poteva imporsi sul come cavare tramite la convenzione. Ma non se ne parla, noi lo faremo il 20 ottobre in una serata pubblica nella quale presenteremo le nostre proposte”.

L'ex forno Gnocchi

Forse lo sconforto è giustificato: scendendo dal Magnodeno e imboccando le stradine di Maggianico, si può vedere nella parte alta del rione una vecchia struttura arrugginita. Si tratta degli ex forni della Gnocchi, oggi di proprietà di Fassa Bortolo, che secondo la vecchia convezione tra Comune e azienda avrebbero dovuto essere smantellati al termine dell’attività. E invece sono ancora lì.

Come sempre lo spazio è a disposizione per repliche o precisazioni.
M.V.
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