Calolzio: il 17 la Festa del Donatore AVIS con le premiazioni. Il racconto del 'testimonial' Gabriele, un giovane trapiantato

Il 17 ottobre si terrà la tradizionale “Festa del Donatore” della Comunale AVIS di Calolzio, che festeggia il 56° di fondazione. Come già lo scorso anno, a causa dell'emergenza Covid-19, il programma sarà limitato alla sola giornata di domenica, con la celebrazione della Santa Messa e la premiazione degli avisini che hanno raggiunto importanti traguardi (saranno invitati in presenza coloro che hanno superato le 50 donazioni, mentre gli altri riceveranno il diploma di benemerenza a casa, unitamente al periodico AVISNEWS, mentre la spilla potrà essere ritirata in sede). Location della ricorrenza sarà la Parrocchia di "San Lorenzo" di Rossino, con la Santa Messa delle ore 9.30 e a seguire le premiazioni, che si terranno in chiesa. Parteciperanno ai festeggiamenti, oltre ai soci donatori e simpatizzanti, le autorità locali, le consorelle e le associazioni della Città.

Ecco i nomi di tutti i premiati:
- Distintivo in Rame: 8 o 6 donazioni in 3 anni: Andreotti Francesca, Bartesaghi Andrea, Bolis Cristina, Bolognino Salvatore, De Capitani Davide, Ferrari Sara, Fiore Martina. Limonta Fabio, Lo Sole Saul, Marchetti Frida, Papini Valentina, Piazzoni Francesco, Pirola Marco, Rotasperti Federica, Secomandi Simone, Wiktorowicz Sylvia, Zaccanti Stefano, Zaccara Federica
- Distintivo in Argento: 16 o 12 donazioni in 5 anni: Amigoni Silvia, Baracchetti Dario, Cazzaniga Davide, Colombo Giovanni, Corti Mattia, Galbini Matteo, Mangili Alessia, Spatafora Giuseppe.
- Distintivo Argento Dorato: 36 o 24 donazioni in 10 anni: Brioni Diego, Carenini Erika, Gandolfi Barbara, Negri Giuseppe, Pugelli Ivan, Ratti Flavio, Rongoni Elisa.
- Distintivo d’Oro: 50 o 40 donazioni in 20 anni: Fornoni Fabiano, Triscari Salvatore.
- Distintivo d’Oro e Rubino: 75 o 60 donazioni in 30 anni: Antozzi Manrico, Bonaiti Mario, Butti Enrico, Cattaneo Maria Elena, Greppi Renato, Losa Giovanni, Valsecchi Renato
- Distintivo d’Oro e Smeraldo: 100 o 80 donazioni in 40 anni: Bernasconi Pietro, Raveglia Sergio
- Distintivo d’Oro e Diamante: 120 donazioni: Gandolfi Roberto, Losa Adam.



In occasione della "Festa del Donatore", inoltre, l'AVIS di Calolzio, in collaborazione con il Gruppo AIDO "Piero Villa", ha voluto rendere note le storie di due giovani trapiantati, Silvia Gilardi e Gabriele Balconi, facendone due autentici "testimonial" dell'importanza del valore del dono di sangue e degli organi, un gesto che può davvero fare la differenza per la vita di altre persone. Dopo aver intervistato Silvia, residente a Pescate (CLICCA QUI per l'articolo), riportiamo ora il racconto "in presa diretta" di Gabriele, 23enne calolziese al quale nel marzo 2020, in piena emergenza Covid, è stata diagnosticata una forma di Leucemia, da cui ha potuto guarire anche grazie a innumerevoli trasfusioni di sangue e al trapianto di midollo donatogli dal fratello.


Gabriele Balconi

Mi chiamo Gabriele, ho 23 anni e voglio rubarti qualche minuto per raccontarti cosa sto vivendo da ormai più di un anno. Come tutti quanti, alla fine del 2019, ero leggermente preoccupato per quel Coronavirus di cui si iniziava a parlare, ma siccome era “lontano” da casa l’ho sottovalutato. Il 9 marzo 2020 mi sveglio presto per andare al lavoro, ma sento che c’è qualcosa che non va. Sudo freddo, inizio a vedere appannato, respiro a fatica, ma dopo un quarto d’ora mi riprendo e decido di andare al lavoro. Non stavo proprio bene e, infatti, una volta tornato a casa e finita la giornata, avevo 38 di febbre.
Le due settimane successive sono assurde: giorni in cui sto abbastanza bene, nonostante qualche linea di febbre, alternati a giorni dove la febbre arriva quasi a 40 gradi e riesco a fare solo piccoli respiri. Sembrano proprio tutti i sintomi del Covid-19. Probabilmente è proprio quello, ma le sorprese non sono finite. Iniziano a gonfiarsi le gengive, le ghiandole sotto il collo e spunta qualche macchiolina rossa sulle gambe.
Il 2 aprile 2020 entro in Pronto Soccorso a Lecco per un semplice prelievo del sangue. Entro come sospetto Covid, mi fanno immediatamente una radiografia ai polmoni, che risultano puliti, ma dopo avermi fatto un primo prelievo, si ripresenta l’infermiera che mi riferisce che ne devo fare un altro perché c’è stato un problema con il primo. Faccio il secondo prelievo, aspetto un’altra mezz’ora e a quel punto il medico di guardia mi chiama e mi dice: “Gabriele, ma tu come mai sei qui?”. Gli spiego brevemente tutto quello che mi è successo nei giorni precedenti e allora decide di farmi accomodare nella “parte pulita” del reparto.
Ero l’unica persona, non c’era nessun’altro. Mia mamma, che mi aveva accompagnato, non era potuta entrare per evitare contatti con persone positive al Covid. Dopo ancora un po’ di tempo il medico si affaccia dal suo studio e mi dice: “Balconi, guarda che gli esami non vanno bene, dobbiamo ricoverarti, hai la Leucemia”.
E sparisce di nuovo. Credo di essere rimasto immobile per dieci minuti e di aver pensato subito: “Va bene, è finita qui”, visto che non sapevo praticamente nulla su quella malattia se non che si muore. Invece arriva l’ematologa di Lecco e, con una delicatezza disarmante, mi spiega tutto quello che dovrò affrontare, dai prelievi di midollo, alle chemio e infine le cure.
L’unico problema è che a Lecco, purtroppo, non trattano casi di Leucemia come la mia (perché non esiste un solo tipo di Leucemia, ma un bel po’ e con diversi gradi di “pericolosità”) e quindi sono costretto a scegliere dove andare a curarmi. Le opzioni sono tre: Bergamo, scartato, Milano o Monza. E alla fine scegliamo Monza. Nel frattempo, chiedo di far entrare mia mamma che, tre o quattro ore prima, mi aveva lasciato all’entrata del Pronto Soccorso. Con la stessa delicatezza con la quale si è approcciata a me, la dottoressa conforta mia mamma, che avvisa tutto il resto della mia famiglia.



Per entrare nel reparto di ematologia al San Gerardo di Monza, però, devo assolutamente essere negativo al Covid e, allora, faccio il tampone e aspetto di nuovo nel reparto “pulito” del Pronto Soccorso, questa volta insieme a mia mamma. Non ci siamo detti molto in quelle tre ore che abbiamo passato insieme, solo che sarebbe andato tutto bene e che ne saremmo usciti tutti insieme. Fortunatamente risulto negativo al tampone e, alle 8 di sera, dopo che ero entrato al Pronto Soccorso di Lecco alle 9.30 di mattina, saluto mia mamma e prendo l’ambulanza per essere trasferito a Monza. Arrivo alle 9 di sera; la prima notte, mi dicono l’infermiera e la dottoressa di turno che mi accolgono, la passerò insieme a una signora perché è l’unico posto letto libero e il giorno dopo cambierò stanza.
Non mi dimenticherò mai quella notte: non mangiavo dalla mattina prima, non riuscivo a prendere sonno perché i pensieri viaggiavano alla velocità della luce ma, nello stesso tempo, ero talmente stanco che quello scomodissimo materasso sembrava fatto di velluto, e, come se non bastasse, visti i miei imbarazzantissimi valori del sangue, ogni due ore entravano l’infermiera, Adriana, e la dottoressa svegliandomi per attaccarmi a qualche sacca di sangue o di piastrine, seguendo la procedura: chiedere che il malato dica nome, cognome, data di nascita e gruppo sanguigno. La mattina dopo, incontro i dottori che mi seguiranno in questo percorso e che mi cureranno: la dott.ssa Borin, il dott. Carrer e la dott.ssa Verga. Insieme a loro arriva il primo aspirato midollare. Pancia in giù, giù i pantaloni del pigiama, anestesia sulla parte più bassa della schiena, ago e le frasi che sento dirmi tutt’oggi quando lo rifaccio: “Hai le ossa dure! Per forza, un così bel ragazzo di 22 anni deve avere delle ossa così”. Sinceramente la sensazione non è così piacevole, ma è più che sopportabile: è come se dall’interno ti tirassero le due estremità della gamba. Appena arrivano i risultati del midollo, sempre lo stesso giorno, mi comunicano che al 90%, dopo la chemio che inizierò il giorno dopo, la mia malattia non ci sarà più. Mi lascio fare qualsiasi cosa. Io che me la facevo sotto per le punture e per i prelievi, quando arrivano gli infermieri per farmi qualcosa, porgo entrambe le braccia e dico “Fammi quello che devi fare!”.
Inizio le chemio, 7 giorni su 7, 24h su 24h. Mi viene messo un CVC, un catetere venoso centrale, che parte dal collo e arriva in una vena vicina al cuore, per facilitare l’infusione di tutto quello che mi viene dato e per evitare di bucarmi continuamente le braccia. Durante quel ricovero durato un mese e qualche giorno, me ne sono successe diverse. Il 21 aprile, il giorno del mio compleanno, l’ho passato in ospedale. Alle 6 di mattina passa Filippo, l’infermiere che faceva la notte, mi sveglia, mi fa provare la febbre, mi attacca il flaconcino di antibiotico, mi stringe la mano e mi dice “Tanti auguri Gabri, vedrai che il prossimo lo passerai sicuramente meglio”. Era dal 2 aprile che nessuno mi stringeva la mano così. La mattina di quella giornata, visto che iniziavo a trovare molti capelli sul cuscino, ho chiesto se potessero rasarmi. Francisco, l’OSS, mentre mi tagliava i capelli, mi ha confessato che era commosso perché avevo l’età di suo figlio. Le infermiere del pomeriggio sono entrate in stanza accompagnate dal classico “tanti auguri a te” in sottofondo, anche se in realtà le avevo già sentite dal corridoio che mi volevano fare questa sorpresa. La mia famiglia è venuta a trovarmi e ci siamo visti dalla finestra e, come sorpresa, ho ricevuto un video messaggio da Gianluca Vialli, che è stato ed è tutt’ora una delle mie fonti di ispirazione più grandi.
Voglio essere il più trasparente possibile, ne ho passate un bel po’, ma alla fine il 7 maggio 2020, torno a casa, senza sapere se le chemio avessero fatto il loro effetto e consapevole del fatto che avrei dovuto quasi sicuramente affrontare un altro ricovero, questa volta un po’ più complicato, dove verrò trapiantato di midollo osseo, la cura più efficace contro questa malattia. Nella mia sfortuna, sono stato molto fortunato, perché mia sorella Letizia e mio fratello Giorgio hanno deciso che sarebbero stati loro ad aiutarmi in questa situazione. Giorgio, infatti, è risultato compatibile al 100% per il trapianto (le percentuali di compatibilità sono molto basse, circa il 25%) e mia sorella si è immediatamente iscritta all’ADMO, l’associazione dei donatori di midollo osseo, per poter aiutare qualcuno in futuro (le percentuali di compatibilità sono 1 su 100.000, ed è per questo che è così importante iscriversi). Dieci giorni dopo rientro in ospedale, questa volta sono in camera da solo, la chemioterapia che dovrò subire è molto più distruttiva di quella precedente, perché si deve cancellare completamente il mio midollo per poter mettere quello nuovo. Mio fratello viene ricoverato il 26 maggio, il 27 maggio l’infermiera entra in stanza e mi dice che il mio ratellino sta entrando in sala operatoria. Sono abbastanza spaventato, ma mi tranquillizza subito dicendomi che in realtà lui non sentirà nulla. E, infatti, nel pomeriggio me lo ritrovo fuori dalla mia stanza e scambiamo due chiacchiere al telefono. Mi dice: “La sensazione è quella di due lividi, se li sfiori fa un po’ male, ma sto bene” e, allora anche io mi tranquillizzo, anche perché tra poco sarebbe arrivata la sacca di sangue che avrebbe scritto definitivamente la parola fine su tutto. Non ho subito alcun intervento, le mie sono state come due trasfusioni di sangue, ma con il nuovo midollo.
Ne ho passate altre ancora, ma il 17 giugno 2020, esco definitivamente da quella stanza che non scorderò mai. Da quella data ad oggi è passato un bel po’ di tempo. E la battaglia, nonostante stia andando tutto davvero molto bene, non finisce qui. Purtroppo, ci sono possibilità che la malattia possa ritornare, ma sto seguendo passo passo la terapia che il dott. Parma, la dott.ssa Fedele e la dott.ssa Terruzzi mi hanno prescritto, e mi sto concentrando il più possibile su chi voglio essere e che messaggio voglio mandare.
Eccomi qui, a fare una richiesta che magari tu che stai leggendo non ti sei mai chiesto: “Cosa posso fare io per le persone che passano da quella strada?”. Ti dirò che tu sei la chiave di tutto. Perché grazie a tutte le persone che donano il sangue io sono uscito dalla condizione critica del primo ricovero. Ogni volta che arrivava una sacca di piastrine o una di sangue voleva dire che io avevo delle speranze e in me cresceva sempre di più quella voglia di tornare a fare tutto quello che in realtà diamo per scontato. Tu potresti essere la chiave di tutto perché le percentuali di compatibilità per un trapianto di midollo sono talmente basse che fanno rabbrividire. Tu potresti essere compatibile con una sola persona su centomila. Tu puoi decidere di salvare una vita, di dare una speranza, di alleviare tutto il dolore che ti ho raccontato prima. Ed è per questi motivi che invito tutti ad informarsi su cosa vuol dire diventare donatori. E per informarsi basta scrivere su Google AVIS, AIDO e ADMO.
Tu puoi fare la differenza, puoi SALVARE UNA VITA. PENSACI, RIFLETTI, INFORMATI E SCEGLI CHI VUOI ESSERE!

Gabriele Balconi
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.