PAROLE CHE PARLANO/42

Scarabocchio

A chi non è capitato di muovere una penna su un foglio, mentre si sta telefonando o ascoltando un oratore o una lezione scolastica? Alla fine, scopriamo che la nostra "vena artistica" ha prodotto, nella maggior parte dei casi, pasticci grafici, segni senza senso.
Chi usa o ha usato penne a inchiostro sa benissimo che esiste la possibilità che una goccia di colore possa cadere sul foglio, provocando una macchia informe. Questi incidenti, soprattutto nel passato quando si usavano pennini o addirittura penne d'oca, erano all'ordine del giorno e, con disappunto, non rimaneva che osservare la macchia allargarsi e assumere forme che spesso ricordavano insetti neri e inquietanti, che hanno ispirato i nostri antenati nella costruzione di una nuova parola: scarabocchio.
Essa deriverebbe infatti dal francese escarbot, scarabeo, italianizzato in scarabotto. Tuttavia, si può anche ipotizzare una diretta origine latina da scarabeus, cioè scarabeo o scarafaggio, trasformatasi nella forma peggiorativa scarabunculus e quindi finalmente in scarabocchio, quella macchia che richiama appunto un insetto nero con tante zampette.

Nell'uso odierno, non solo le macchie, ma anche i nostri "capolavori" prodotti sovrappensiero sono definiti scarabocchi. Il primo e unico pittore a rappresentare volutamente uno "scarabocchio" è stato nel Cinquecento Giovan Francesco Caroto con il suo dipinto "Fanciullo con disegno", dove si vede un ragazzino sorridente e orgoglioso, mentre mostra un foglio sul quale ha appena disegnato un probabile autoritratto (un selfie dell'epoca) che, con un pizzico di cattiveria e insipienza pedagogica, dagli esperti è stato definito "scarabocchio".



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Rubrica a cura di Dino Ticli
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