Crac di Banca Etruria: l'avvocato lecchese Bonaiti è assolto  'Sono sempre stato consapevole di aver agito nella legalità'


Se è passato davvero “il teorema Pelizzari” bisognerà aspettare il deposito delle motivazioni della (coraggiosa) sentenza per scoprirlo. Ciò che è certo è che il penalista lariano oggi ha incassato un'importante vittoria fuori territorio. Si è chiuso ad Arezzo con una sola condanna e ben 23 assoluzioni il “maxi-processo” per il crac di Banca Etrutria. Tra gli imputati anche l'avvocato lecchese Alberto Bonaiti, assistito per l'appunto dal collega Stefano Pelizzari che, nell'impostare la propria linea difensiva, ha portato in Aula, unico tra le tante toghe intervenute, quale teste,  anche Salvatore Maccarone, presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Fu proprio il mancato intervento del Fondo, bloccato dall'autorità europea dopo la richiesta di “aiuto” avanzata dai commissari, a contribuire alla risoluzione di Banca Etruria, che nel 2015 condivise lo stesso destino con Banca Marche, Carichieti e Cariferrara. Da qui l'accusa di bancarotta (semplice o fraudolenta) contestata a vario titolo ai 24 imputati andati a dibattimento, dopo l'uscita di scena, già in udienza preliminare, nel gennaio di due anni fa, di due big quali l'ex presidente Giuseppe Fornasari e dell'ex direttore generale Luca Bronchi: 5 anni la pena irrogata nei loro confronti dal GUP Giampiero Borraccia, al netto dello sconto concesso per il rito. Ed ancora, avevano definito in quella sede la loro posizione, altri due componenti dei diversi cda che si sono alternati alla testa dell'Istituto: l'ex vice presidente Alfredo Berni (2 anni, fraudolenta) e Rossano Soldini (un anno, semplice).
Un anno e sei mesi la richiesta di condanna avanzata nel maggio scorso, al momento di trarre le conclusioni, dalla Procura aretina – nelle persone dei PM Julia Maggiore e Angela Masiello – nei confronti dell'avvocato Bonaiti, già numero uno di Banca Lecchese poi assorbita da Etruria, mebro del penultimo consiglio di amministrazione dell'Istituto di Arezzo. Alla notifica dell'avviso di garanzia, nel dicembre 2016, lo stesso professionista - classe 1962 - aveva precisato come il proprio coinvolgimento nella vicenda è legato all'approvazione collegiale di alcune delibere risalenti al periodo 2008-2011, finite all'attenzione degli inquirenti. Nello specifico, nella sua qualità di ex amministratore privo di delega - e dunque non parte di quel "direttorio" che a detta della Procura avrebbe preso le decisioni poi portate in cda per la mera ratifica - al lecchese erano inizialmente contestati quattro presunti fatti di bancarotta fraudolenta, poi derubricata a bancarotta semplice già prima dell'udienza preliminare. Dal GUP aveva ottenuto altresì l'assoluzione in relazione ad un episodio venendo di fatto rinviato a giudizio per tre pratiche di finanziamento, la più sostanziosa delle quali vagliata non solo da Etruria ma anche da un pool di altre tredici banche senza far scattare campanelli d'allarme.
Nella mattinata odierna, Alberto Bonaiti è stato assolto “perchè il fatto non sussiste”. Una sentenza, nel suo complesso, evidentemente non influenzata dalla pressione mediatica su un caso scottante per la città di Arezzo e i suoi risparmiatori con riflessi anche politici. Milionaria la richiesta danni che pendeva sugli imputati da parte del commissario liquidatore, costituito parte civile.
“E’ stato un processo estremamente complesso e, proprio per questo, professionalmente stimolante. La sentenza restituisce ad un collega ed a un amico serio e onesto la serenità professionale che merita” il commento del difensore Stefano Pelizzari.
Dal canto suo l'avvocato Bonaiti ha aggiunto: “per ora mi limito a ribadire quanto dissi ormai cinque anni fa, quando ricevetti con stupore la notifica dell'avviso di garanzia: sono sempre stato consapevole di avere agito nel pieno rispetto della piena legalità e di non aver commesso alcun reato. Per ogni ulteriore valutazione, attendo le motivazioni della sentenza, che già solo nella formula assolutoria sull'insussistenza del fatto è comunque assai eloquente. Esprimo – la chiosa - un sincero ringraziamento ai miei legali, l'avvocato Pelizzari e i miei colleghi di studio (Antonio Corti, Christian Malighetti, Stefania Ticozzi e Fulvia Cognola) per la professionalità e la caparbietà dimostrate durante tutto il lungo processo".
A.M.
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