Lecco, 50 anni dal festival 'Re Nudi': inaugurata la mostra con le foto di Gianni Rusconi
I giorni erano proprio questi, 25 e 26 settembre. Cinquant’anni fa, 1971: mezzo secolo, un altro mondo. Nel grande prato di Montalbano, a Lecco, si svolse quello che a tutti gli effetti era il primo autentico festival pop italiano. La ricorrenza è stata celebrata con una serie di iniziative dal Crams raccolte sotto il nome di “Re Nudi” a ricordare la rivista controculturale milanese di Andrea Valcarenghi, “Re Nudo” appunto, che appoggiò quell'evento per poi farlo proprio e riproporlo negli anni successivi in altre località, fino al drammatico epilogo di Parco Lambro nel 1976 che chiuse una stagione di speranze per il movimento giovanile.
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A concludere la rassegna del Crams, la mostra realizzata all’Otolab di Rancio con le fotografie di Gianni Rusconi. Che sembrano essere, di quell’evento, le uniche in circolazione e che già il suo autore aveva presentato in esposizioni precedenti: la più significativa quella del 2013 a Valmadrera. Prima, durante e dopo: è la sintesi dell'allestimento nella fabbrica dismessa di via Mazzucconi a Rancio che peraltro riapre i battenti dopo un anno e mezzo di attività interrotta per via del covid, come ha ricordato il suo animatore Giovanni Rusconi.
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In realtà, a mancare nelle fotografie è proprio il festival. Gianni Rusconi era altrove, impegnato in una gara motociclistica. A Montalbano è andato prima e dopo, appunto: le immagini documentano i preparativi e la successiva pulizia del prato. Quasi che, nell’immediatezza, non si avesse la consapevolezza della portata di quella manifestazione. Tanto più che lo stesso Rusconi dice di non ricordare assolutamente nulla.
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«In realtà – spiega – in quel periodo succedevano molte cose. Le persone erano impegnate ciascuna in maniera differente. Non ci si muoveva in maniera compatta come oggi... Però queste fotografie vogliono o cercano di far capire i giovani di allora, non il concerto. Era, quella, la prima generazione ad avere un po’ di tempo, a non sentire il fiato sul collo a proposito del dover fare qualcosa, ed era quindi in grado di inventare e organizzare iniziative. Erano tutti i giovani tra i 16 e i 21 anni, e allora si diventava maggiorenni a 21. Certo, Montalbano poteva sembrare un momento magico, una bolla. Poi, ciascuno ha seguito la propria strada: chi ha fatto il musicista, chi il medico, chi il pilota. Ecco, credo che questa mostra consenta ai ragazzi d’oggi di vedere come i giovani d’allora potessero organizzare una cosa così».
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Epocale per la nostra città e non solo, «di quell’evento, ognuno si è poi costruito una propria immagine – aveva detto nei giorni precedenti il musicista Lello Colombo – perché esiste una verità storica ed esiste il festival come ciascuno l’ha vissuto». Se ne era parlato alla Taverna ai Poggi – proprio nell’ambito di “Re Nudi” – in un incontro con l’artista Luisa Rota Sperti che fu tra gli apripista lecchese di quei viaggi in Oriente (l’Afghanistan, l’India, il Nepal) che erano tra i miti di quegli anni; il musicista Mauro Gnecchi che calcò il palco di Montalbano e lo stesso Colombo. Era stata anche l’occasione per ricordare la genesi di quel festival sorprendentemente organizzato in una città di provincia come Lecco, sonnolenta e decisamente in ritardo sul fronte delle trasformazioni sociali e delle rivoluzioni del costume a partire dalla contestazione giovanile.
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Perché la rivista “Re Nudo” venne dopo. L’idea era infatti partita da un gruppo di giovani lecchesi che avevano trovato una sponda nel Collettivo anarchico. I nomi da ricordare sono quelli di Alessandro Melchiorre, Roberto Gallo, Jenni Zuppardo, Dino Chiari, Lodovico Colombo, Felice Andreis, Achille e Riccardo Gaio. Solo in un secondo tempo si misero in contatto con Valcarenghi e spuntò il marchio allora irriverente di “Re Nudo”. Ma la risposta andò oltre ogni immaginazione. Cinquemila le presenze medie calcolate nel prato ad assistere ai concerti con palco e strumentazione più che artigianali, ma un giro complessivo di oltre diecimila persone, con una processione ininterrotta di coloro che, arrivati a Lecco in treno, salivano a piedi verso Montalbano con sacco a pelo sulle spalle, tra residenti più curiosi che in apprensione.
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Gianni Rusconi
Di questo, la mostra inaugurata ieri sera – una trentina di fotografie in bianco e nero a immortalare alcuni dei volti di quei giorni – offre una propria testimonianza, da un’angolatura particolare, e beneficia anche della suggestiva cornice di Otolab con l’allestimento curato da Giuseppe Riva e arricchita dagli interventi dei giovani artisti del collettivo “Teste di Idra” che aggiungono stimoli al racconto di Gianni Rusconi.
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La mostra resterà aperta fino al 6 ottobre e sarà visitabile il sabato e la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. Negli altri giorni della settimana solo su prenotazione al numero telefonico 348.600.2819 o per e-mail all’indirizzo info@giannirusconi.it.
D.C.