Maggi Group: la Procura chiede per 'il patron' 9 mesi per omessi versamenti per 2.4 milioni di euro

La sede della Maggi Catene a Olginate
E' accusato dell'omesso versamento di ritenute per 2.4 milioni, cifra spalmata su quattro differenti annualità. Ritenuto il fatto in sé acclarato e pur giudicando apprezzabile dal punto di vista morale la scelta di pagare con costanza i dipendenti lasciando indietro invece "solo" l'Erario, quest'oggi la Procura, nella persona del viceprocuratore onorario Caterina Scarselli, ha chiesto la condanna a 9 mesi per l'imprenditore olginatese Giuseppe Maggi, patron della Maggi Group, la celebre fabbrica di catene dichiarata fallita 2019.
Nella propria requisitoria la rappresentante della pubblica accusa - che nel momento di arrivare alle conclusioni ha poi ritenuto concedibili le attenuanti generiche, anche in considerazioni delle difficoltà anche fisiche vissute dall'anziano, classe 1936 - ha evidenziato come il capo d'imputazione riguardi un lasso di tempo piuttosto ampio, dal 2014 al 2017 inclusi, un periodo nel quale dunque l'uomo avrebbe dovuto dunque compiere altre scelte alternative ai plurimi omessi versamenti in contestazione. Avrebbe opetato invece per andare avanti nell'attività, con "cosciente decisione di non pagare".
Discorso diverso per il figlio Corrado per il quale la stessa rappresentate della pubblica accusa ha "suggerito" al giudice Nora Lisa Passoni l'assoluzione, rispondendo del medesimo reato ma limitatamente ad una annualità essendo divenuto amministratore delegato dell'impresa di famiglia soltanto nell'aprile 2017, "costretto", per usare il termine scelto dalla stessa dottoressa Scarselli, dai problemi di salute accorsi al padre e dalla situazione stessa dall'azienda arrivata ad avere quale unica carta da giocarsi quella del concordato preventivo. "Si è trovato a mettere il naso - scusatemi l'espressione poco tecnica - nell'amministrazione solo quando la frittata era stata fatta" la chiosa del vpo, riconoscendo a Corrado Maggi di essersi comunque poi attivato, affiancato da nuovi professionisti incaricati dello sviluppo di quel piano (che non ha invece retto portando al crac della Maggi Group).
Si è battuto per l'assoluzione di entrambi gli assistiti l'avvocato Ruggero Panzeri, facendo leva su concetto di "forza maggiore" anche per Giuseppe, dopo aver ricostruito la storia personale dell'imprenditore, rimasto per quasi mezzo secolo uomo solo al comando, salvo poi vedersi il mondo crollare addosso quando nel 2016, nel bel mezzo della crisi del settore, è stato investito da una serie di problematiche mediche che lo hanno portato fuori dall'azienda.
Quanto a Corrado, è stato invece ribadito, come già sostenuto in Aula da un commercialista della Maggio Group, come l'ultimo adempimento fiscale risalga a prima della sua nomina a amministratore unico, carica assunta in un momento in cui anche per i tecnici stessi sarebbe risultato complicato rendersi conto dell'effettivo debito erariale maturato dalla società. Chiesta dunque, come anticipato, l'assoluzione per padre e figlio, con conseguente dissequestro dei beni personali di entrambi ancora in sequestro. Mercoledì 20 ottobre la sentenza.
A.M.
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