Calolzio: il 'ponte' col Malawi nel progetto delle adozioni, a Sala ospite Padre Cucchi

Quando adottare un bambino a distanza significa sostenere un'intera famiglia, un villaggio, un piccolo grande mondo, affermare che si è "seminato un miracolo" è tutt'altro che inopportuno. Ad assicurarlo sono stati i Missionari Monfortani Piergiorgio Gamba ed Eugenio Cucchi, entrambi protagonisti, seppur in modo diverso, dell'incontro promosso nella serata di ieri all'Oratorio di Sala di Calolzio insieme ai referenti locali del progetto adozioni che guarda al Malawi, una delle terre in assoluto più povere dell'Africa.




Progetto che, attualmente, vede coinvolte circa 130 famiglie del territorio, unite in un ideale "ponte" con il Continente nero fin dal 2002, quando per la prima volta alcuni volontari di un gruppo bergamasco vicino ai Monfortani sono approdati nella località di Balaka e hanno potuto osservare da vicino la realtà del posto, iniziando a "schedare" tutti i bambini e i ragazzi orfani della zona, villaggio per villaggio, per poter costruire un percorso di sostegno più strutturato e definito di altri già esistenti. I frutti non sono tardati ad arrivare.


Padre Eugenio Cucchi


Alcune immagini del Malawi proiettate durante la serata

E gli aiuti non sono mancati nemmeno nel periodo di pandemia, in cui "sono stati seminati miracoli come mai prima d'ora", per citare Padre Piergiorgio Gamba che, a sorpresa, ha fatto pervenire direttamente dall'Africa un messaggio per partecipare a distanza alla serata ospitata sotto il tendone dell'Oratorio di Sala.


Le referenti bergamasche del progetto



"Ci sono ancora tanti orfani in difficoltà" ha segnalato il religioso, ringraziando gli amici di Calolzio e dintorni per i costanti aiuti che solitamente si concretizzano nella distribuzione di libri e materiale didattico, in un mondo dove l'istruzione - non obbligatoria - rappresenta per molti minori una vera e propria fonte di salvezza. "Chi entra a far parte del progetto adozioni è fortunato, perchè può ricevere un sostegno economico annuale che si traduce nella possibilità di andare a scuola invece che lavorare nei campi" hanno spiegato le referenti del gruppo bergamasco, che da qualche anno ha trovato un "appoggio" proprio nella comunità di Sala grazie alla disponibilità - in particolare - di Simona e Alberto Lanzoni, insieme ad altri volontari e parrocchiani guidati da don Luca Casali.


Simona e Alberto Lanzoni


"Tutto ciò costituisce indirettamente un aiuto fondamentale anche per le famiglie dei bambini - o almeno per ciò che ne resta - perchè adottare uno di loro significa prendersi cura anche di fratelli, zii, nonni e parenti vari, fornendo anche cibo, biciclette e altri beni di prima necessità, a volte persino cure mediche. Molti di loro, a scuola, vengono bocciati più volte, ma non c'è da stupirsi se si pensa che solitamente in quinta elementare non sanno nemmeno scrivere il loro nome: alcuni, invece, ottengono buoni risultati e riescono a proseguire gli studi anche fino all'università. Ecco perchè le adozioni sono il vero cuore di una missione, ciò che consente di raggiungere - anche fisicamente - ragazzini sperduti in mezzo al nulla della savana, dove i villaggi consistono in gruppi di capanne distanti l'uno dall'altro chilometri e chilometri. Oggi sono almeno 7.000 quelli inseriti nel progetto, ma il lavoro da fare è sempre tanto".




La vera missione, del resto, è quella di "far continuare un'opera di bene, che deve andare avanti anche se cambiano i suoi interpreti": parola di Padre Eugenio Cucchi, divenuto "celebre" negli anni proprio per i "viaggi Cucchi" che portano in Malawi per brevi periodi persone sempre nuove, più o meno giovani, per far toccare con mano la realtà del posto e "lavorare insieme, attraverso il dialogo, per costruire un popolo"; tra di loro anche alcuni studenti calolziesi, che nella serata di ieri hanno voluto intervenire a Sala per incontrare nuovamente il religioso. "L'Africa è l'Africa, nella sua diversità di culture, tradizioni e lingue" ha raccontato il Monfortano, in missione per quasi quattro decenni con alle spalle un'esperienza anche in Congo, paese con cui, però, il rapporto è stato più "complicato". "Il mio primo amore è stato il Malawi: ero io ad avere bisogno del Malawi, e non viceversa, tanto che ci sono sempre tornato. Lì la gente chiede di essere ascoltata nei suoi (tanti) problemi, nulla più: da qui nasce tutto il resto, è su queste basi che negli anni si è evangelizzato, si sono costruite chiese, scuole e ospedali, in sostanza si è fatto un popolo".




Intanto, come detto inizialmente, il "ponte" tra il Malawi e il nostro territorio è sempre più solido. E sono già diverse le "famiglie adottive" che - almeno in epoca pre Covid - hanno potuto conoscere personalmente i "loro" bambini, abbracciarli e vedere i loro sorrisi, sempre luminosi nonostante tutto. La speranza, espressa appunto da Padre Eugenio, è che la missione possa continuare a lungo, guardando al domani.
B.P.
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