Capodanno a settembre


Papa Gregorio XIII, che con la bolla "Inter gravissimas" (che non è un presagio funesto contro la Beneamata, per quanto io sia juventino e dunque...) riformò nel 1582 il calendario detto "giuliano" (da Giulio Cesare) ci perdonerà se, per il lavoro che facciamo e per ciò di cui ci occupiamo, siamo abituati a considerare non il 1 gennaio ma il 1 settembre come l'inizio del "nuovo anno".
Lo è per la scuola, lo è per le società sportive, per le competizioni e anche per i corsi più amatoriali, per i passatempi del dopolavoro, per i nuovi progetti.
Avevano ragione i Righeira, che cantavano "L'estate sta finendo, e un anno se ne va", e - chiedo venia al pontefice di cui sopra - "sto diventando grande: lo sai che non mi va?".
Questo settembre mio figlio minore inizia la prima elementare, e non c'è forse rito di passaggio più significativo di questo. Sta diventando grande: un po' gli va, un po' no. A noi genitori soprattutto non va, perché i figli ci sfuggono via così in fretta...
Io mi sono avventurato in una sfida elettorale avvincente. Anche questa cosa in famiglia non va tanto. Io per ora mi sto divertendo, e sto diventando grande.
Un nuovo romanzo è in rampa di lancio, una nuova stagione agonistica per il figlio maggiore, conferenze da tenere in giro per l'Italia già prenotate sull'agenda: da anni ormai la mia Moleskine è la "diciotto mesi", non "la dodici", perché l'anno inizia a settembre.
Da anni ormai le pagine sono già piene a settembre e strabordano all'agosto successivo: perché le cose più belle non le programmi, accadono.
Avvengono, ti sorprendono, e non c'è calendario che riesca a ordinarle. Le rivedi alla fine di un anno, e ci ritrovi un senso.
Stefano Motta
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