In viaggio a tempo indeterminato/194: siamo negati nel fai-da-te!

Livello “spettatori di Art Attack”.
Potremmo indicarlo così il nostro livello di manualità e conoscenza del fai-da-te.
Siamo giusto un gradino sopra chi non ha mai guardato nemmeno un programma TV in cui ristrutturassero qualcosa.
Ma siamo decisamente più inesperti di chi si sente a suo agio tra una brugola, una chiave inglese e un trapano.
Magari avremo altre doti, ma sicuramente non la manualità adatta per occuparci del fai-da-te.
Sarà perché DIY, cioè “do it yourself”, nella mia testa l’ho sempre tradotto con un “fattelo da solo!” decisamente meno poetico della nostra versione italiana. Suona anche un po’ come una minaccia se letto con il tono sbagliato.



E’ dal 1912 che si utilizza questa espressione, ma è solo a partire dagli anni ‘50 che l’acronimo DIY è diventato di uso comune.
Lo so, negati del bricolage in ascolto, penserete sia tutta colpa degli americani se per risparmiare qualche soldo dobbiamo costruirci a mano una cassettiera dal nome svedese impronunciabile.
E invece no. Per scoprire chi insultare quando, dopo ore di lettura delle istruzioni, ti avanza un pezzo della nordica cassettiera, dobbiamo andare molto più lontano nel tempo e guardare dentro casa.
Degli archeologi italiani, infatti, durante alcuni scavi, rinvenirono a Potenza, in Basilicata, i resti di un antico tempio greco risalente al sesto secolo a.C.. Con la rovina trovarono anche delle istruzioni dettagliatissime per assemblare la struttura del tempio stesso. Simboli e codici mostravano come incastrare i pezzi e ricreare l’edificio, una sorta di istruzioni IKEA del passato, che potevano essere utilizzate per una “produzione di massa”.
A quanto pare, quindi, il fai da te è arrivato nel mondo prima ancora che esistessero le brugole e i trapani.
Tutte queste informazioni sul bricolage per dire che siamo arrivati a uno di quei momenti della vita. Quelli in cui ti scontri con la dura realtà e ti rendi conto che c’era un motivo se, da bambino, non riuscivi nemmeno a replicare i progetti con i rotoli di carta igienica che vedevi fare in TV a un uccellino di peluche che viveva in un albero azzurro.
E quei momenti si presentano spesso nella vita, tipo quando ti trasferisci in una casa nuova o quando decidi di camperizzare un mini-minivan.

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Consci delle nostre incapacità, però, per evitare di riempire Biagio di colla vinilica, abbiamo deciso di affidarci a un professionista.
Ed ecco che in nostro aiuto è arrivato Renato, falegname di professione.
Lui e il fratello mandano avanti la falegnameria, aperta dal padre negli anni ‘60.
Guardarlo lavorare con tanta passione e dedizione, su quello stesso tavolo che ha più di 60 anni mi ha davvero affascinato.
Per ogni piccolo problema o imprevisto che si presentava, Renato aveva già pronte due o tre alternative.
Creatività, cuore e tenacia, le tre caratteristiche che fanno un artigiano.
Un artista, insomma, che a partire da un pezzo di legno grezzo ha saputo costruire un divano, un letto, un tavolo e anche una mensola. Tutto ovviamente su misura per il nostro minuscolo van.
Sarà stato il profumo del legno appena tagliato o la segatura che volava nell’aria come fossero brillantini, fatto sta che in quel momento i lavori di fai-da-te mi sono sembrati un possibile hobby da coltivare.



Insomma, ancora non siamo ripartiti ma già questa nuova avventura inizia con il piede giusto.
Ci sta, infatti, mettendo di fronte ai nostri limiti ma allo stesso tempo ci sta facendo incontrare sul nostro cammino persone che hanno una passione forte da condividere con noi.
E tutti sono accomunati da una caratteristica: l’amore per il lavoro che fanno.
“Scegli il lavoro che ami e non lavorerai nemmeno un giorno” diceva Confucio.
Che sia quella la chiave per la felicità?
Angela e Paolo
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