Lecco: non lo vedo ma lo posso toccare, nuovi percorsi multisensoriali al Museo

Si prega di non toccare: era ed è ancora l’avvertimento che compare nei musei. Qualcosa, però, sta cambiando. Come testimoniano i “percorsi multisensoriali” inaugurati a Palazzo Belgiojoso di Lecco, sede delle collezioni storiche e naturalistiche del Sistema museale lecchese, per consentire anche a ipovedenti e non vedenti di avvicinarsi al materiale esposto.
Due anni di lavoro intenso, con il coinvolgimento di numerose persone, concluso nel novembre dello scorso anno, anche se le restrizioni per il covid hanno costretto al rinvio dell’inaugurazione.

Un’iniziativa innovativa per Lecco e per la Lombardia e tra le poche realizzate in Italia, come ha precisato la vicesindaco e assessore alla cultura Simona Piazza nel corso dell’incontro inaugurale tenutosi nel pomeriggio del 27 agosto e  al quale sono intervenuti, oltre all’archeologa e curatrice del progetto Michela Ruffa, anche Alice Sbraglio della Soprintendenza; Carlo Maria Mozzanica in rappresentanza della Fondazione Cariplo che ha finanziato il progetto; Nicola Stilla dell’Unione nazionale ciechi e presidente del club italiano del braille; Antonio Bossi della cooperativa sociale Eliante che è stata promotrice e capofila del piano; Silvano Stefanoni, presidente provinciale dalla federazione che unisce le associazioni di disabili, oltre a essere sindaco a Lierna. E naturalmente, il direttore dei musei Mauro Rossetto e il primo cittadino lecchese Mauro Gattinoni che ha tagliato il nastro.

“Please, touch me” è il titolo del progetto. “Per favore, toccami”: un percorso permanente che – è stato spiegato – non è esclusivo, bensì integrato a pieno titolo nel museo e nel tradizionale percorso di visita «e perciò nessuno si sente sminuito». E che, tra l’altro, si rivela utile per lo stesso visitatore normodotato.
Tecnicamente, nelle sale sono stati installati 45 segnalatori acustici che attivano audiospiegazioni (in italiano e in inglese, ascoltabili per mezzo di un ricevitore consegnato a ogni visitatore), 20 postazioni tattili con la riproduzione fedele di alcuni reperti, due postazioni sonore che consentono di sentire il canto degli uccelli e di toccare le orme, oltre naturalmente a numerose schede in braille e alla possibilità di utilizzare appositi tablet.

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«Magari – ha detto Rossetto – qualcuno, aggirandosi tra le sale, si chiederà: “Tutto qui?”. Ma dietro c’è un lavoro di grande complessità».
A cominciare dalla scelta dei pezzi. Quelli autentici dovevano essere in materiale poco deperibile (come per esempio gli attrezzi esposti nel settore dell’archeologia industriale) e in buono stato di conservazione, ma anche semplici per “l’esplorazione tattile”. Per alcuni reperti si è proceduto a realizzarne copie se possibile dello stesso materiale originario. Con qualche eccezione e problema. Per esempio, la camicia rossa dei garibaldini: è di un tessuto che non esiste più e se ne è dovuto trovare un altro che fosse uguale al tatto. Una chicca è la statua mariana proveniente dai Piani d’Erna con i fori lasciati dalla mitraglia dei nazisti quando salirono sul Resegone a caccia dei partigiani.

Ogni intervento veniva poi verificato ed eventualmente rivisto se necessario. Fondamentale, sotto questo punto di vista, la collaborazione con le associazioni dei non vedenti che ha accompagnato la realizzazione del progetto fin dai primi passi. «E alla fine – ha detto la curatrice Ruffa – è stata un’esperienza che ci ha arricchito umanamente».
Già nel 2017, Chiara Crotti - la referente scientifica dei musei per il settore naturalistico – aveva effettuato un primo esperimento che è stato il punto di partenza dell’intero progetto poi messo a punto e curato appunto dalla cooperativa Eliante. Ora si pensa anche alla possibilità di allargare la platea, individuando iniziative che guardino anche ad altre disabilità (i sordi per esempio), fermo restando che si dovrà pure intervenire per eliminare alcune barriere architettoniche. Per fare un museo il più inclusivo possibile e che diventi sempre di più vicino alla comunità: anche luogo di eventi e di incontro.
Non si esclude, in futuro, di poter intervenire anche nelle altre sedi museali lecchesi: Villa Manzoni soprattutto, ma anche Palazzo delle paure.
D.C.
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