16 anni fa il sindaco di Dervio era 'in missione' in Afghanistan, 'mondo lontano dal nostro', tra bimbi sorridenti e lapidazioni

"E' il popolo che deve volere il cambiamento. Quando io ero lì, non c'era più l'obbligo per le donne di indossare il burka. Eppure un buon 50% ancora lo portava perché l'imposizione arrivava da casa, dalla famiglia. Del resto anche da noi, negli anni '60, con la minigonna eri considerata una poco di buono...".

Stefano Cassinelli in Afghanistan

Stefano Cassinelli in Afghanistan è stato di persona. L'attuale sindaco di Dervio sa di quel che parla. Nel 2005, in un'altra vita, per lui e per quel Paese che negli anni ha vissuto un turbinio di rovesci senza mai trovare pace, era al seguito del contingente italiano che assumeva il comando dell'ISAF - International Security Assistance Force - la missione della NATO, autorizzata dall'ONU, a supporto del governo locale nella guerra contro i terroristi di al-Qaida e quei talebani che, in questi giorni, un mese prima del ventennale dell'11 settembre, hanno riconquistato il Paese, a ridosso del ritiro delle truppe internazionali. Cassinelli, giornalista, era lì proprio per raccontare l'Afghanistan di allora. Da "embedded". Da aggregato dei nostri soldati, a tutti gli effetti, a cominciare dall'abbigliamento. Del resto, altrimenti, un occidentale a Kabul o a Herat, era ancora "una gola da tagliare o un mucchietto di soldi su due gambe". Un ostaggio facile, insomma. Non che spostarsi con il convoglio fosse sicuro. "L'esperienza dell'autobomba è stata veloce e indolore: qualche danno ai mezzo ma tra di noi nessun ferito. Sono morti due afghani ma i loro morti, si sa, non si contano" ironizza oggi il collega votato alla politica, snocciolando una serie di ricordi, a cominciare dall'atterraggio, tra continui su e giù per scongiurare il rischio di essere colpiti da terra, a Kabul. "Nessuno lo dice ma la città è a 1.800 metri, l'altezza del Legnoncino", sostiene, in un parallelismo con i monti "di casa". "Ma in Afghanistan non ci sono alberi - aggiunge, riportandoci ad un ambiente decisamente più arido di quello vista Lago - Già il terreno non è di per sé favorevole, poi sono stati tagliati o comunque eliminati chimicamente dai russi per togliere aree di protezione ai mujāhidīn". L'occupazione sovietica, altro sangue, altro fallimento.

Bimbi incontrati durante il viaggio

Ma Afghanistan nei ricordi di Cassinelli ha anche il volto della spensieratezza di tanti piccini incontrati tra Kabul e Herat. "Come tutti i bambini del terzo mondo, sono più felici dei nostri. Sorridono per qualsiasi cosa, giocano con qualunque cosa" sostiene, con quella convinzione di chi ha conosciuto in presa diretta, in più occasioni, anche la realtà africana.

Con le donne della prima radio femminile di Kabul

E la voce delle donne della prima radio femminile della capitale. "Un traguardo incredibile per quei tempi". Qualcosa che, al di là delle rassicurazioni dei combattenti nell'immediatezza del ritorno al potere, ormai è destinato a scadenza. "Oggi il Fatto Quotidiano titolava "I talebani come la Democrazia Cristiana". Mi sembra azzeccatissimo. Ritengo una presa in giro le promesse fatte circa le libertà garantite. Ho ancora in mente lo stadio di Kabul dove chi era più emancipata finiva lapidata. C'è chi dice che con la Sharia si tornerà indietro al medioevo. Credo di fatto sarà anche peggio: da noi nel medioevo c'erano donne che avevano un ruolo e un'importanza. Oggi ciò sarà inammissibile".

Inutile, nella versione del primo cittadino di Dervio, sperare di veder germogliare i fiori del lavoro fatto negli ultimi vent'anni da realtà che hanno provato a cambiare l'Afghanistan. "Quando semini, i talebani diserbano" la sua chiosa, inserendo anche il tentativo di esportare a forza la democrazia e uno stile di vita occidentale, tra gli errori, a suo giudizio, commessi nel "nuovo Vietnam" degli Stati Uniti. "Afghanistan è un mondo talmente lontano dal nostro...". E così dopo due decenni di presenza militare, di guerra mascherata da missione di pace, in una settimana si è tornati al punto di partenza, o quasi. "Non ci sono gli strumenti culturali per il salto. O forse non lo vogliono fare. L'interprete che ci accompagnava, si sarebbe sposato a breve: non aveva mai visto di persona la sua futura moglie senza il burka. Ne conosceva il viso per una foto che lei gli aveva inviato. Lui era "avanti", la famiglia di lei tradizionalista. Ed era il 2006, non c'erano i talebani ed eravamo a Herat".
Con le foto di quella missione, ai social, Cassinelli - non avvezzo a post e vetrine virtuali - ha affidato alcune considerazioni, con un'amara conclusione: "Penso che oggi non c'è in Afghanistan un altro Leone del Panshir, un Ahmad Massoud capace di lottare per il proprio paese, i talebani lo uccisero alla vigilia dell'11 settembre 2001 proprio perchè era un leader. Buona fortuna Afghanistan, con rammarico non siamo stati capaci di aiutarti a salvarti".

A.M.
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