Lecco: terzo sabato in piazza per il popolo 'no Green Pass'. Gulisano assicura cure (e salvezza) a chi sceglie di non vaccinarsi

Il popolo lecchese no Green Pass è tornato in piazza. Per il terzo sabato di fila, il secondo con l'autorizzazione di Prefettura e Questura. Da registrare un calo delle presenze, forse fisiologico. Del resto è anche il 7 agosto, motivo per cui la protesta si prenderà ora una settimana di pausa, con il prossimo raduno fissato così per il 21 agosto. Sempre in Piazza Cermenati, sempre alle 17.30 in contemporanea con diverse decine di altre città italiane.

Anche oggi, dinnanzi a circa 200 persone, primo a prendere la parola è stato Paolo Negri, diventato spontaneamente il “capo banda” dopo aver gestito il primo appuntamento. Dal tavolo usato quale palco ai piedi della statua dedicata dai lecchesi all'illustre concittadino vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900, ha dapprima invitato le forze dell'ordine a vigilare sulla presenza in città di cartelli che vietano l'ingresso in esercizi pubblici a chi viene bollato come no vax (chiaro il riferimento alla posizione espressa dal gallerista Oreste Bellinzona), arrivando poi a paventare un ordine delle cose parallelo a quello attuale nel quale i no Green Pass avranno i loro negozi, le loro palestre e perchè no – aggiungiamo noi – magari anche i loro ospedali.
Ha raccolto poi l'applauso della platea il dottor Paolo Gulisano che già aveva scaldato la piazza intervenendo all'incontro “Rinasceremo con le cure”  promosso in città lo scorso 11 giugno, sempre ai piedi della Basilica, sempre alla presenza di decine e decine di interessati.

Il dr. Paolo Gulisano

Lecchese, dirigente dell'ASST, il medico ha parlato dell'introduzione del Green Pass come di “una legge che limita fortemente le libertà personali e rischia di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro”, un qualcosa “che cambierà la quotidianità” di universitari e studenti. La “certificazione verde” è stata così equiparata a una vero e proprio “lasciapassare. Strumento – ha aggiunto Gulisano – che si pensava del passato”, reintrodotto ai giorni nostri, “con una motivazione sanitaria, per il nostro bene” da un Governo guidato da un presidente del Consiglio - “un banchiere prestato alla politica” - che nei giorni scorsi “ha detto “se ti ammali, muori”. E' una vera falsità” ha asserito ricevendo il battimano del pubblico, ricordando come “su 100 che si ammalano, 97 guariscono”.

Nel suo monologo poi, il camice bianco ha diviso quanto finora vissuto dall'avvento del Covid, in tre periodi. Quello dell'andrà tutto bene dove però il ritornello, a suo dire, era “non c'è cura” quando invece il coronavirus a suo giudizio si può affrontare, come dimostrato dal lavoro di tanti suoi colleghi rimasti vicini ai loro pazienti (un applauso qui è andato al dottor Giuseppe De Donno, già ricordato con un minuto di silenzio la scorsa settimana). “Altro che Tachipirina e vigile attesa. Delle pompe funebri” ha detto, facendo il verso alle prescrizioni (spesso telefoniche) impartite a chi presentava i primi sintomi dell'insorgenza della malattia. “Non si può fare niente se non aspettare il liberatore, il vaccino. Seconda fase” ha aggiunto, procedendo nel suo ragionamento. “Ora siamo alla terza. Quella dell'intolleranza intollerabile verso chi non si sottopone a quella che è prevenzione e non cura. Perchè il vaccino non cura” ha ricordato, sostenendo che per la nostra società oggi “non è lecito avere perplessità”.

Un clima, quello venuto a crearsi con le imposizioni governative, con quella dicotomia vaccinati – non vaccinati che la piazza rigetta, in cui “si assiste alla crescita di intolleranza e odio. Ho letto frasi di medici e infermieri da brividi. Questi sono i medici e gli infermieri che andrebbero sospesi” ha dichiarato in riferimento ai colleghi che, spesso sui social, sostengono che vorrebbero rifiutarsi di assistere chi si sottrae al vaccino. “Non dobbiamo rispondere all'odio con l'odio” ha ripetuto però alla sua platea. “Riacciardi nei giorni scorsi ha sostenuto che per i non vaccinati serve una gentile spinta perché siamo in guerra e chi non si vaccina è il nemico. Noi dobbiamo rigettare questa narrazione. La nostra deve essere una battaglia civile. Ma se siamo in guerra allora io farò l'ufficiale medico, per salvare le persone” ha chiosato, assicurando a chi sceglie di non farsi somministrare il vaccino adeguate cure. E la salvezza.
A.M.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.