In viaggio a tempo indeterminato/189: la pizza vulcanica

Di cibi strani ne abbiamo provati parecchi in questi anni.
Ma non ci era mai successo di provare qualcosa di così pericoloso da mettere addirittura a repentaglio la vita di chi lo cucina.
In genere il rischio maggiore che correvamo era legato alla dubbia igiene del posto in cui ci trovavamo.
Ricordo ancora come fosse ieri quando a Udaipur, in India, il cameriere per spiegarci come si mangiasse un piatto tradizionale, mise le mani nella pietanza e iniziò a sbriciolare dei pezzettini croccanti.
Io e Paolo restammo basiti e alquanto schifati. Ma siccome il cibo non si butta mai, soprattutto quando sei in un Paese dove la gente muore ancora di fame, ce lo eravamo mangiato tutto quel piatto.
Ovviamente sperando che i fermenti lattici, il vaccino contro l'epatite e i nostri anticorpi avrebbero fatto del loro meglio per salvarci.
Al di là dell'igiene piuttosto precaria, spesso a correre il rischio più grande era il nostro palato.
Combinazioni di gusti così azzardate che il solo ricordo mi smuove lo stomaco.
Come quella sera che, presi dalla fame, ci siamo mangiati in un ristorante un piatto di penne condite con ketchup e maionese.
Ho ancora stampato nella mente la sensazione di disgusto provata dopo aver addentato la prima penna e aver scoperto che quello non era sugo con la ricotta.
A parte queste "cucine da incubo", in generale però, la pericolosità del cibo era molto molto bassa.
In Guatemala, invece, abbiamo scoperto che anche una delizia innocua come la pizza può essere molto pericolosa se decidi di usare un vulcano come forno.


Quindi eccoci alle 7 di mattina, ai piedi di un vulcano attivo che ad Aprile ha eruttato spaventando i due villaggi a pochi chilometri da quella che ora è solo una distesa di lava spenta.
Pacaya è meno famoso del sempre sbuffante Volcan de Fuego ma non per questo è meno impressionante.
Il colore scuro delle pietre, il fumo all'orizzonte e le nuvole che corrono veloci creano un paesaggio surreale e per un attimo mi immagino di essere sulla luna.
Ma arriva David, capello brizzolato, risata contagiosa.
Saliamo sul suo quad e iniziamo a risalire le pareti di quel gigante borbottante.
E più ci inerpichiamo, più gli altri vulcani sembrano rimpicciolirsi all'orizzonte.
"La prima pizza mi è uscita completamente bruciata. Il forno di lava che avevo trovato era troppo caldo. Però l'ho mangiata lo stesso, dovevo sapere che sapore avesse la pizza vulcanica."
Ci dice David mentre si carica sulle spalle un tavolo di legno e due zaini con l'occorrente per preparare la sua pizza.
È iniziato tutto per caso quando un ragazzo esperto di cucina, con tanta voglia di fare e tanta fantasia, ha deciso di provare a cucinare una pizza usando il calore che viene liberato da un vulcano attivo.



"All'inizio nessuno mi accettava. Le guide che accompagnano i turisti sul vulcano, mi vedevano come una minaccia. Sono persino arrivati a dirmi che, se non avessi smesso, mi avrebbero ucciso."
Racconta David, il ragazzo guatemalteco più sorridente e simpatico che abbiamo incontrato finora.
"Ci sono voluti anni prima che si rendessero conto che la mia idea della "pizza vulcanica" avrebbe potuto portare molto turismo e attirare l'attenzione su questa meraviglia del Guatemala"
"Piano piano mi sono guadagnato la fiducia di tutti quelli che lavorano qui e adesso, le stesse persone che prima mi ostacolavano, mi sostengono e aiutano."
Rimaniamo estasiati ad ascoltare le sue parole e quasi non ci rendiamo conto che il calore del vulcano ci sta piano piano sciogliendo le suole di gomma delle scarpe.



"Ci metto giornate intere a cercare il forno giusto. A volte devo solo spostare un paio di pietre, altre, invece, mi serve una pala e una grande forza per trovare il punto con la temperatura perfetta.
È quello che succede quando si cucina con il cuore della terra!"
Pizza Pacaya, è questo il nome che il coraggioso David ha dato al suo progetto.
Cucinare su un vulcano attivo è piuttosto rischioso.
Palle di fuoco, lapilli, lo zolfo che stordisce... David ci racconta i rischi e le disavventure vissute da quando si è lanciato in questa folle avventura.
Nei suoi occhi c'è tutta la passione di chi crede in quel sogno e non sente la fatica o la paura.



Come era la pizza vulcanica?!?
Buonissima! Cotta perfettamente.
Croccantina fuori ma morbida dentro.
Ma soprattutto, aveva tutto il sapore di un'avventura unica, di un incontro speciale, di un "Oh sole miooooo" cantato a squarciagola tra gli sbuffi di un vulcano del Guatemala.
Angela e Paolo
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