Calolzio: l'omaggio all'uomo e al suo tempo nel libro 'La Sali di Bario di Gaspare de Ponti' scritto dal chimico dell'impresa

“La Sali di Bario di Gaspare de Ponti”. Frutto di confronto interno al “comitato di redazione”, il titolo del nuovo libro del dottor Angelo Orlandi, centra la mission stessa dell'opera: ripercorrere la storia della gloriosa fabbrica chimica calolziese filtrata attraverso la lente dell'operato di cui il quale entrò nel consiglio di amministrazione appena venticinquenne e, superando brillantemente le difficoltà della prima guerra mondiale, la drammatica crisi degli anni Trenta e la nefasta seconda guerra mondiale, mantenne prima il ruolo di amministratore delegato poi di Presidente fino alla morte, a 88 anni, nel 1971.

Gaspare de Ponti e la famiglia degli anni '30

“Ho avuto il privilegio di leggerlo in anteprima: si tratta di un libro molto rigoroso, con dati e numeri, che spiega l'evoluzione della fabbrica in base agli eventi. Un libro tecnico che rende la situazione di allora, con tante difficoltà ancora comuni all'oggi” ha detto il sindaco Marco Ghezzi, intervenendo durante la presentazione del volume organizzata nel pomeriggio di sabato 26 giugno nella splendida cornice del Giardino botanico di Villa de Ponti, sede della Comunità montana Lario Orientale e Val San Martino, intitolato, da 25 anni, proprio a Gaspare de Ponti, come ricordato dal Presidente Carlo Greppi, citando il figlio Luigi Giuseppe de Ponti e l'allora numero uno dell'Ente Franco Carenini che “con lungimiranza e generosità” hanno posto le basi per l'acquisizione al patrimonio pubblico della dimora e del suo parco. Entrambi sono purtroppo mancati in tempi recentissimi.

Gaspare de Ponti e Edoarda de Ponti, figli dell'ingegner Luigi de Ponti e nipoti di Gaspare de Ponti

“Papà non c'è più da marzo. Era la memoria storica della nostra famiglia: ha vissuto tutta la storia della Sali di Bario e l'ha fatta vivere a me e a mia sorella” ha detto Gaspare de Ponti, omonimo del nonno, figlio dell'ingegner “Nino”, affiancato da Edoarda, attivamente coinvolta nella realizzazione del volume. “Orlandi, grazie mille: questo libro è un regalo bellissimo che ha fatto a tutti noi. A papà in particolare. Aveva una grave forma di leucemia e nell'ultimo anno e mezzo non se la sentiva nemmeno di parlare al telefono. I vostri appuntamenti telefonici invece erano per lui momenti di gioia. Per questo la ringraziamo davvero di cuore” ha chiosato rivolgendosi direttamente all'autore del testo, curato insieme al professor Fabio Bonaiti, coordinatore dell'Ecomuseo della Val San Martino, con il supporto di altri, tutti citati con riconoscenza in chiusura del testo.

Angelo Orlandi

Angelo Orlandi, pavese di nascita, è laureato in chimica. Con un passato da ricercatore CNR, ha trascorso gran parte della sua carriera lavorativa proprio alla Sali di Bario, arrivando ad assumere anche la carica di Direttore. E' stato lui, insieme ad un gruppetto di ex colleghi, a guidare il mini tour attorno a quel che resta dello stabilimento in via Stoppani che ha preceduto la chiacchierata di presentazione della sua nuova fatica editoriale. All'ombra dell'imponente ciminiera solo ruderi pericolanti. Archeologia industriale, l'etichetta giusta, che non trasmette però nulla rispetto alla “vita vissuta” tra le mura di quella fabbrica che per i calolziesi – parole di Orlandi – è stata “un po' madre, un po' matrigna”, per aver dato lavoro – si stima – ad almeno 5.000 persone, producendo però, inquinamento. L'Ilva della Val San Martino, insomma, spingendoci in un azzardato paragone con i giorni nostri, con la questione ambientale posta alla base, insieme a una mutata situazione di mercato – in termini di rapporti con la concorrenza diretta - della cessione dell'impresa, negli anni '70, alla Ammi, comprata – dopo altre vicissitudini – nel 1995 dalla I.C.S del Gruppo Chimico Dalton spa (ora in liquidazione) che continuò l'attività fino alla fine del 1999.

Quel che resta della fabbrica

90 anni dopo, insomma, l'entrata nel CdA di Gaspare de Ponti, al suo primo impiego dopo una laurea in Chimica, una in Legge e quello che oggi chiameremmo un master. “Lo stabilimento era stato fondato prima da due lecchesi, titolari di barite in Valsassina. Dopo due anni sono già fermi, uno si ritira, l'altro prosegue ma le cose vanno ancora peggio. Cambiano due direttori e il terzo, che arriva dalla Germania, è in difficoltà: manca tutto, competenza tecnica, gestionale e amministrativa. Nel 1907 la Banca di Lecco aveva i quattro quinti dell'azienda”. A Milano viene così fondata una nuova società, ancora con impronta lariana, proprio per la presenza dell'Istituto di credito intenzionato a recuperare quanto investito. Con il 4% delle azioni entrano però anche Luigi e Gaspare de Ponti, milanesi, entrambi poi inseriti nel Cda, il secondo come amministratore delegato. “Ha avuto l'occasione per far emergere il suo valore” il commento di Orlandi.

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E ci riesce, scalando poi l'azionariato, affiancando l'impegno imprenditoriale a quello civile. “Riusciva a staccarsi dalla routine della fabbrica, occupandosi del paese, della provincia, della nazione, da “patriottico” qual era”. Nel '15 è consigliere comunale, nel '21 provinciale, nel '43 commissario prefettizio fino all'8 settembre non volendo poi immischiarsi con la Repubblica di Salò e riuscendo a scongiurare, in quei mesi, una rappresaglia dei tedeschi, intenzionati a vendicarsi sull'abitato di Calolzio per la sparizione di una loro motocarrozzina. Nel Dopoguerra venne nominato Presidente dell'Associazione nazionale industriali chimici e nel 1954 assunse la Presidenza dell'Unione industriale di Bergamo, carica che ricoprì fino al 1965.

Operai al forno. Sotto il laboratorio chimico (foto tratte dal libro)

Intransigente con chi approfittava della sua buona fede - “chi veniva sorpreso a rubare veniva licenziato in tronco” - ha sempre cercato di preservare i posti di lavori, anche durante le ripetute crisi, ha sottolineato l'autore del libro, addentrandosi anche in alcuni aneddoti. Non volle allontanare un impiegato che, dopo aver ritirato del denaro in banca, perse ben 500 lire, cifra abnorme per il tempo ma di fatto portò alle dimissioni un direttore che per mettere a punto la realizzazione di un nuovo prodotto chiese per sé un compenso aggiuntivo.
“Questo era Gaspare de Ponti”.

A.M.
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