In viaggio a tempo indeterminato/184: la 'messicanità ' in noi

"Pa', mi passi una tortilla, del guacamole e una cuchara, porfa?!"
E in quel momento realizzo che c'è un sacco di "messicanità" in quella frase.
La realtà è che ormai c'è un bel po' di "messicanità" anche in noi.
15 mesi.
La nostra storia con il Messico finisce qui.
15 mesi e molte emozioni dopo.
Una storia d'amore di quelle travagliate che non ricordi come sia iniziata e che non era nei piani.
Nessun colpo di fulmine improvviso.
Il Messico doveva solo essere un intermezzo tra gli USA e il Guatemala.
Un passaggio veloce, tre o quattro mesi al massimo.
E, invece, è diventato la nostra seconda casa.  
Un amore nato piano, tra una spina di cactus e un mango dolce che cade dall'albero.
Ora che è arrivato il momento di chiudere questa travagliata storia d'amore, mi rendo conto di quanto, lentamente ma inesorabilmente, questo Paese abbia cambiato noi, le nostre abitudini e anche un po' il nostro modo di vedere la vita.
È stato forte come un jalapeño quando ci ha aperto gli occhi su questioni che sapevamo esistessero ma preferivamo non vedere.
È stato caldo e accogliente come il Mar dei Caraibi quando cercavamo un riparo per aspettare che passasse la tempesta.
È stato difficile e aspro come il deserto della Baja California quando ci ha spinto a superare i nostri limiti.
È stato travolgente, colorato, assurdo come una canzone dei Mariachi in un pomeriggio assolato.

Il Messico è stato il nostro metro di giudizio sulla realtà negli ultimi mesi.
E questa è una breve sintesi delle sensazioni e dei pensieri che ha suscitato in noi.



IL MONDO FA SCHIFO
Come fai a non pensarlo quando vedi un bambino di 3 o 4 anni che porta sulla testa una catasta di legna?
Magari cerchi di dimenticartelo mentre ti godi una spiaggia assolata o ti perdi nell'immensità di un canyon.
Ma poi compare Juanita che ha solo 6 anni, ti chiede se vuoi comprare una pulsera (braccialetto) ma poi rimane affascinata quando le mostri una conchiglia e le spieghi che cosa sia il mare.
Ogni volta che il Messico mi metteva di fronte a queste situazioni lo odiavo, non potevo sopportarlo.
La realtà, però, è che è proprio in quei momenti che le mie priorità tornavano al loro posto e di questo non potevo essergli più grata.

IL MONDO È UN POSTO MERAVIGLIOSO
Come fai a non pensarlo quando vedi una balena che insegna al suo cucciolo a nuotare? E tu senti il suo respiro ed è un suono meraviglioso che non puoi spiegare. Ti fa percepire di essere parte di qualcosa di più grande. Ma allo stesso tempo ti fa rendere conto che occupi uno spazio piccolissimo su questo meraviglioso Pianeta.
Quanto lo amavo il Messico in quei momenti lì.
Avrei voluto ringraziarlo quando un coyote è sbucato nel bel mezzo del deserto e si è avvicinato curioso.
Avrei voluto abbracciarlo quando una tartaruga nuotava a pochi centimetri da me.
Mi stava mostrando così tanta bellezza e meraviglia.
E io la mettevo via, nel cassetto dei ricordi, pronta da tirare fuori in quei momenti in cui il mondo mi sembrava uno schifo.



SIAMO TUTTI UGUALMENTE DIVERSI
"Perché non avete figli?" me lo chiedeva la signora Rosario che viveva in un piccolo pueblo nel nord del Messico. Lei, una donna dal carattere forte che ha cresciuto 7 figli e ora ha un'infinità di nipoti che la vanno a trovare al suo banchetto dove vende tacos.
E la stessa domanda me la faceva Eleonora, dall'Italia,  sotto un post di Instagram.
10.000 km di distanza, due lingue diverse, due culture diverse.
Ma la realtà è che tutte queste diversità si annullavano quando si passava a parlare delle cose importanti.
Una casa, la famiglia, la salute, del cibo...  Si può vivere a latitudini distinte ma le priorità restano per tutti le stesse perché, come insegnano anche le balene, siamo tutti parte dello stesso fragile mondo.



BISOGNA VIVERE CON LEGGEREZZA
Che non significa prendere le cose alla leggera ma dandogli il giusto peso.
Mi ricordo ancora la faccia di Jesus, il meccanico comparso nel bel mezzo del nulla, quando una preoccupante spia rossa si era accesa sulla nostra macchina.
Noi eravamo preoccupati, già pensavamo a come avremmo fatto senza, a quanto ci sarebbe costato.
Lui ci ha guardato, sorriso e con voce calma  e pacata ci ha detto "La macchina è solo un oggetto, si può sempre sistemare. E se non lo si sistema si cambia."
E questo messaggio il Messico me l'ha ripetuto più volte nei 15 mesi della nostra storia insieme.
Me lo diceva ogni volta che qualcuno pronunciava la parola "ahorita". E io all'inizio me la prendevo per quel modo di segnare il tempo che non era definito. Ahorita poteva indicare dieci minuti, come tra un'ora, come mai. Non lo capivo ma mi trasmetteva una leggerezza che credo mai riuscirò a raggiungere.

Il Messico è stato tanto per noi e lasciarlo è stato un po' come andare via da casa.
Sono sicura che un giorno ci torneremo, ma fino ad allora porteremo con noi un po' di quella folle e travolgente "messicanità".
Angela e Paolo
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