Alla scoperta delle bellezze di Maggianico con il FAI, tra le 3 chiese, villa Gomes e eccezionalmente Palazzo Ghislanzoni

L'apertura al pubblico di Palazzo Ghislanzoni a Maggianico per i lecchesi è indubbiamente l'opportunità più ghiotta delle tradizionali Giornate di primavera del Fai in calendario ieri e oggi.
Il programma della due giorni prevede infatti un'immersione proprio nel rione di Maggianico, un tempo Comune a sé, ma soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento località di grande richiamo. Da una parte per la villeggiatura "scapigliata" che vedeva giungere in treno da Milano esponenti della vita culturale che si davano appuntamento all'Albergo Davide e che innamorandosi dei luoghi, costruivano le loro piccole ville di delizia come fecero i compositori Carlo Gomes e Amilcare Ponchielli. Tra i protagonisti di quella stagione irripetibile c'era anche il nostro Antonio Ghislanzoni che discende proprio da quei Ghislanzoni di Barco che costruirono il palazzo visitabile per la prima volta. Dall'altra parte, c'erano anche le fortune derivanti dalla Fonte di acqua ferruginosa attorno alla quale venne costruito uno stabilimento termale che ebbe il suo periodo di non trascurabile gloria.

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L'itinerario lecchese del Fai propone quindi le visite a Palazzo Ghislanzoni e a Villa Gomes ma anche un percorso religioso che tocca tre chiese: da Sant'Antonio da Padova all'interno del vecchio nucleo di Maggianico, alla chiesa parrocchiale di Sant'Andrea fino a quella perla neoclassica di Giuseppe Bovara che è la chiesa di San Rocco. Tra i desideri vi era anche l'apertura almeno del parco di Villa Ponchielli, considerato che lo stabile ormai versa in pessime condizioni, ma il Comune he negato il permesso per ragioni di sicurezza, con un po' di disappunto da parte del Fai.


PALAZZO GHISLANZONI - Situato in via Martelli ed edificato nel XVI secolo deve le sue attuali forme ai grandi interventi di ristrutturazione e ampliamenti avvenuti nel corso del Settecento, quando la famiglia Ghislanzoni acquisisce una posizione sociale non indifferente e invidiabili fortune finanziarie ottenuto nel commercio della lana. L'edificio assume così le forme di una dimora signorile, con tanto di cappella intitolata a san Carlo dove si officiavano regolari funzioni religiose e che venne demolita nel 1870 in occasione di una nuova radicale trasformazione del complesso (a ricordo rimane la campana che pare sia stata poi usata per annunciare ad abitanti e ospiti l'ora del desinare).  Altri rami della stessa famiglia esprimono invece professionisti e notai, oppure quel Giacomo che aprì appunto l'albergo che divenne poi lo scapigliato Albergo del Davide (davanti a quello che è ormai diventato un anonimo cortile condominiale, solo la fantasia oggi ci consente di immaginarlo).


L'interno del Palazzo conserva ancora in buono stato affreschi di ricercata raffinatezza, mobili d'epoca, una tappezzeria liberty di un certo interesse, mentre un grande camino venne smantellato e rubato in una notte di ormai molti decenni fa. Le stanze di quel Palazzo dovettero anche essere frequentate dallo scrittore Antonio, che pure apparteneva al ramo famigliare che dimorava in un altro Palazzo Ghislanzoni, a Lecco nell'attuale via Roma: fu poi sede comunale e di  varie sedi di associazioni; da qualche anno è  in vendita e in attesa di trovare un acquirente interessato al momento non ancora palesatosi. Proprio nei pressi dell'edificio di Barco, tra l'altro, Antonio comprò un terreno forse con l'intenzione di costruirvi una propria abitazione prima di decidere per il ritiro di Caprino Bergamasco. In quanto a "quella" stirpe Ghislanzoni (essendo il cognome molto diffuso ma appartenente ad altri ceppi slegati), si estinse alla fine dell'Ottocento e il palazzo passò di proprietà (prima Monzini, poi Mauri e ora Invernizzi).


VILLA GOMES - In realtà, si chiamerebbe Villa Brasilia, ma la si è sempre chiamata con il nome del suo primo proprietario, il compositore brasiliano Carlos Gomes che se la godette per ben poco tempo. Costruita tra 1880 e 1881, già nel 1887 era stata ceduta dal musicista, caduto in difficoltà finanziarie notevoli, alle banche creditrici, e passò alla famiglia dell'imprenditore tedesco Alberto Moldenhauer che ne beneficò molto più a lungo, considerato che l'ultima discendente - la figlia Maria - vi soggiornò con la propria assistente fino alla morte avvenuta nel 1970. L'anno seguente, gli eredi vendettero lo stabile al Comune di Lecco che -non prima di un lungo periodo di incertezze, deperimento e polemiche - ne avviò successivamente il restauro per adibirlo a sede della Scuola civica di musica intitolata a Giuseppe Zelioli, di origine bergamasche ma poi trasferitosi a Lecco, compositore di musiche sacre e organista nella basilica di San Nicolò. Per tutti, è però sempre stata Villa Gomes. A corollario della visita alla villa, al circolo Figini è allestita in concomitanza una mostra fotografiche con alcuni scatti di Carlo Moldenhauer, figlio di Alberto e di professione medico con la passione per la fotografia e che ha lasciato un archivio di un migliaio di lastre.


LE TRE CHIESE - L'itinerario religioso, come detto, parte dal piccolo oratorio di Sant'Antonio Abate (in via Leoncavallo) edificato nel 1676 su iniziativa di Pasino Manzoni, fratello del trisavolo dello scrittore Alessandro. Sembra che attorno a quella chiesa sarebbe dovuta sorgere la villa padronale per ospitare la famiglia quando decise di lasciare la Valsassina per Lecco e che poi invece preferì sistemarsi al Caleotto. L'interno, molto sobrio, ha la particolarità di presentare un altare apparentemente marmoreo ma in realtà realizzato in stucco.


Il percorso continua con la parrocchiale di Sant'Andrea e in particolare l'attenzione è concentrata sui lavori di restauro in corso per ripristinare la struttura dell'edificio di fattura seicentesca e cercando di eliminare una volta per tutte il problema delle infiltrazioni di umidità che già molti danni ha creato nel tempo. Verrà peraltro riportato a vista il marmo delle colonne coperto da impropria vernice negli anni Sessanta nel secolo scorso. Al momento, per evitare danni, sono state anche rimosse dalla loro naturale collocazione le tele di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari che costituiscono il tesoro maggiore della parrocchiale (sono sostituite da copie cartonate).


Infine, la bomboniera o "scatola perfetta" che è la chiesa di San Rocco in via Zelioli. Già nel XVI secolo era stata edificata una chiesa in onore di San Rocco dopo la peste del 1524 e che dopo il colera del 1836 si volle rinnovare. Intervenne l'architetto Giuseppe Bovara: la chiesa preesistente venne demolita e al suo posto fu eretta l'attuale. All'altare, il dipinto di un pittore locale con San Rocco e San Sebastiano: sullo sfondo, la chiesa parrocchiale di Maggianico.
Dario Cercek
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