PAROLE CHE PARLANO/23

Sofisticato, come un vino raffinato o adulterato?

Alcune parole sono ambigue e ci permettono di trasmettere messaggi altrettanto equivoci. Se usassi il verbo stimare (dal lat. aestimare, di derivazione incerta, forse da aes, bronzo, denaro) nei confronti di qualcuno, posso comunicare che lo tengo in alta considerazione, ma anche, subdolamente, che lo sto valutando, soppesando, che gli sto dando metaforicamente un prezzo, come si fa con un bene da mettere in vendita.
Altrettanto si può dire per l'aggettivo sofisticato che riserviamo spesso alle persone raffinate ed eleganti o agli oggetti tecnologicamente avanzati, perfezionati. Pertanto può essere sofisticato chi si presenta in abiti eleganti o chi mostra tutta la sua ricercata eloquenza, ma anche uno smartphone ultimo modello di fascia alta, in grado di fare tutto tranne il caffè.
L'origine di questo termine dobbiamo cercarla nell'antica Grecia dove venivano definiti sofisti i retori capaci di prestazioni oratorie raffinatissime e a volte artificiose. In greco antico, sophizo significa rendo sapiente, parlo da sapiente, con arguzia e scaltrezza.
Purtroppo, proprio questa scaltrezza e questa eccessiva furbizia hanno reso possibile far assumere al termine sofisticato anche il significato di adulterato, alterato, artificioso, eccessivamente ricercato. Quindi possiamo affermare tranquillamente che il buonissimo vino che stiamo bevendo è sofisticato se vogliamo congratularci con chi lo ha prodotto o ce l'ha offerto; ma abbiamo il diritto di parlare di vino sofisticato e di sofisticazione anche quando ci accorgiamo che si tratta di una bevanda la cui natura è stata contraffatta. Un commiato sofisticato? Prosit!

Rubrica a cura di Dino Ticli
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