Le scuole private piangono: cosa dire dei 'tagli' a quelle pubbliche?

Viviana Parisi
Direi che, come tipico di questi tempi, non poteva mancare una proposta dal sapore populista, perché chi non sarebbe d’accordo col fatto che le famiglie non paghino per l’educazione e la formazione dei propri figli? Eppure… Tornerò a ricordare quell’articolo 33 della nostra Costituzione che recita che Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole, ma “senza oneri per lo Stato”… ma quanto lo considerate ormai scontato e persino fastidioso il richiamo a questo articolo, quanto obsolete per voi queste parole a cui i sostenitori della Scuola pubblica e laica continuano strenuamente ad aggrapparsi! Quanto sarebbe tutto più facile se finalmente quel dettame costituzionale potesse essere cassato, appallottolato come carta straccia e gettato nel cestino!
Ma ancora così non è! E poi, permettetemi una precisazione una volta per tutte: le scuole paritarie non sono pubbliche, pur svolgendo un servizio pubblico. Non è un gioco di parole, ma un distinguo di sostanza: la scuola è pubblica quando non è gestita da privati, ma dallo Stato, dai Comuni o dalle Province e Regioni.
Se piangono le scuole private, cosa dire della riduzione delle spese per le scuole statali a fronte del continuo finanziamento dello Stato alle private? I 150 milioni erogati per integrare le rette degli iscritti, uniti ai sostegni economici provenienti dall’Amministrazione comunale e anche dalla Dote scuola regionale non sono sufficienti? Anche la scuola statale, l’unica che garantisca veramente pluralismo e garanzia di laicità, reclama la sua parte, questa sì dovutale e riconosciutale senza limitazioni dalla nostra Costituzione.
L’articolo 33 è ancora, in questa nostra democrazia vacillante, un salvagente a cui ci aggrappiamo, ma che ha già dei buchi che non ci fanno stare molto bene a galla, perché è la scuola pubblica, la scuola del nostro Stato che dovrebbe essere in primis sovvenzionata, salvaguardata, mentre tagli indecorosi, negli ultimi decenni, le sono calati addosso come una mannaia deprivandola persino, nel caso delle scuole dell’infanzia, e nello specifico in quelle di Lecco, della scelta delle famiglie di poter iscrivere i propri figli nelle statali o comunali, essendoci una forte sproporzione numerica a favore di quelle private/paritarie.
Libertà di scelta, diritti e doveri, servizio pubblico, sono bellissime parole, che però mutano di significato all’interno deì contesti usati e, nella disanima della questione, i princìpi insiti in queste parole sono troppo spesso calpestati in quella che dovrebbe essere la difesa della “res publica”.
Viviana Parisi