Lecco perduta/264: quel lago rossastro nella Pasqua del 1892

Panoramica del porto di Lecco tra Ottocento e Novecento
“La Pasquetta di quest’anno non porta da alcuna parte”, dichiarava un anziano lecchese nei giorni scorsi sul lungolago, ricordando come il Lunedì dell’Angelo fosse anche il giorno di inizio della nuova stagione dei barcaioli sul lago. Era, infatti, consuetudine secolare che le barche da “passeggio” presso il porto venissero ritirate al tramonto della prima domenica di ottobre (antica festa di Lecco) per essere riposizionate il Lunedì dell’Angelo per l’inizio della nuova stagione turistica.
    La gente arrivava a Lecco anche per una gita in barca sul lago nelle belle giornate di primavera e di estate. Non mancavano comitive in treno, ma anche in moto ed in bicicletta. Le barche tornavano in riva al lago dopo essere state collocate nei depositi e nei magazzini dei vicoli, dal Granai al Pozzo, durante la stagione fredda. Le giornate invernali vedevano la revisione del natante in ogni particolare, affinchè lo stesso fosse completamente sicuro per la navigazione lacustre anche con numerose persone. Sono tutti ricordi ormai consegnati a stagioni lontane, perché già all’inizio degli anni ’60 del Novecento le barche da diporto sono andate progressivamente diminuendo di fronte alla sempre più notevole presenza di motoscafi, vele ed altri mezzi nautici.
    C’è da ricordare un particolare che “tinge”  di romantico ricordo i barcaioli; allora non vi erano, come oggi, diffuse le previsioni meteo in TV e sugli organi di informazione, dalla carta stampata al web. Ebbene i barcaioli erano sovente interpellati sulle previsioni del tempo. “Hanno sbagliato poche volte –  ricordava anni or sono un nostalgico delle vecchie barche a remi sulle acque lecchesi – i barcaioli capivano tra lago e venti, tra Breva e Tivano, i segni per indicare nei giorni futuri sole e pioggia, possibilità di navigare o di fare il bagno nelle acque del lago”.
    C’era anche un ricordo di un avvenimento storico che il tempo trascorso ha cancellato dalla memoria delle nuove generazioni: risale, infatti, alla Pasqua dell’anno 1892. Era allora radicata tradizione popolare, in particolare tra le lavandaie, i barcaioli, i residenti nelle case della riva, ripetere il rituale propiziatorio dell’acqua sugli occhi, presa dal lago appena le campane di san Nicolò suonavano a distesa per annunciare la Resurrezione nella Messa solenne di Pasqua. Ciò non avvenne nella Pasqua 1892. Cosa era accaduto? L’ufficio ecologico municipale di Milano aveva individuato vino adulterato venduto da un commerciante di Monza e giunto anche a Lecco con una fornitura di sette botti. Risultavano acquistate da un negoziante dell’allora via Bergamina, che è l’attuale via Parini. Venne così ingiunto che le botti del vino adulterato fossero immediatamente vuotate nel lago. Provocarono, così, il cambiamento del colore dell’acqua, divenuta rossastra, tra la sorpresa, ma soprattutto l’amarezza, di avere difficoltà a bagnarsi gli occhi al suono festoso delle campane pasquali, come rito propiziatorio.
A.B.
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