SCAFFALE LECCHESE/36: la storia di Mario Cermenati nel libro di Benini

Scienziato e politico - all'epoca sua, celebrità indiscussa - di Mario Cermenati i lecchesi ormai non sanno che indicare una piazza e un monumento (il quale peraltro dovette pur patire una qualche "sofferenza"). Eppure fu «personaggio che, nella sua poliedrica attività di scienziato, di uomo politico, di promotore ed organizzatore di cultura, è stato senza alcun dubbio rappresentativo di un'epoca e di una città assai più di quanto i concittadini e non soltanto i posteri abbiano voluto e vogliano credere» ed è «giusto riconoscere che Mario Cermenati è stato un uomo di grande statura, significativo ed in un certo senso emblematico di un certo radicalismo politico». Così, del geologo e vulcanologo e parlamentare, scriveva Aroldo Benini. Per avvicinarsi alla figura di un personaggio che condizionò un quarantennio di vita culturale lecchese a cavallo tra Ottocento e Novecento, infatti, libro ancora fondamentale è proprio "Mario Cermenati e il suo tempo" (264 pagine), pubblicato nel 1980 da Benini con l'associazione Bovara e stampato dalla tipografia Beretta.

Mario Cermenati

Si tratta di una biografia, accurata e documentata, che nulla lascia al romanzato e poco spazio anche alle valutazioni personali dell'autore. Una biografia, soprattutto, che, attraverso la figura di Cermenati, racconta la Lecco di quegli anni e l'acceso scontro politico tra le sinistre (i repubblicani, i radicali, i democratici, gli emergenti socialisti) e le destre conservatrici.
Mario Cermenati nasce nel 1868 in quella che oggi è piazza Manzoni: il padre è Giovan Battista, commerciante originario di Civenna, la madre Maria Rosa Cristoforetti, valtellinese. E' il primogenito di quattro fratelli (sarebbero sei, ma due muoiono prematuramente), a loro volta di caratura non trascurabile: Ulisse (1872-1932) che sarà giornalista e sindaco di Lecco dal 1912 al 1914; Attilio (1881-1963), chirurgo e nel 1948 eletto senatore della nuova Repubblica italiana con la Sinistra Indipendente; Rinaldo (1883-1982) che fu pittore pregevole che la città ha il torto di aver trascurato, lasciando che le sue opere si disperdessero: sarebbe doveroso - ha scritto recentemente Gianfranco Scotti su un giornale locale - che la sua Lecco gli dedicasse una mostra, nella speranza di reperirne le opere.

L'attuale monumento dedicato a Cermenati

In quanto a Mario, fu scienziato e politico, come detto: un doppio filo da seguire perché nell'un campo e nell'altro, l'onorevole professor Cermenati brillò di luce propria e senza che l'uno facesse ombra all'altro. Nemmeno si può dire cosa sia venuto davvero prima: è pur vero che i primi trent'anni di vita sono dedicati soprattutto alla scienza, ma è pur vero che in gioventù, con il fratello Ulisse inventa una sorta di rivista delle vacanze sui temi di «scienza, letteratura e pinologia»..., compilata durante i soggiorni estivi a Lierna: casereccia e scherzosa, dunque. Come invece casereccia e scherzosa non è "Il naturalista valtellinese", rivista scientifica che l'appena sedicenne Mario fonda a Sondrio dove studia all'istituto tecnico, pubblicazione destinata a breve vita per ragioni economiche. Ed è solo la prima di una serie di imprese editoriali ancora più ambiziose come la "Rassegna delle scienze geologiche in Italia" a cui darà vita nel 1891. Da parte sua, Antonio Stoppani, nel 1883, guardando al promettente giovane se ne esce con un «quel ragazzo ne sa più di me».
Proprio nel 1891, sarà lo stesso Cermenati a tenere il discorso commemorativo in morte dello Stoppani (avvenuta il 1° gennaio di quell'anno), nella serata promossa dal Comune per avviare la raccolta fondi destinati al monumento dell'abate e geologo. Ci vorranno più di trent'anni e le coincidenze della vita faranno sì che il monumento a Stoppani e quello a Cermenati siano inaugurati lo stesso giorno: il 25 settembre 1927.

Geologo, laureato in vulcanologia, docente universitario, cultore di Leonardo (colleziona una ponderosa biblioteca di opere dedicata al genio di Vinci che avrebbe dovuto essere il nucleo di un museo e che invece andò dispersa dopo la morte) e poi impegnato nelle file di quel Partito radicale, inizialmente una delle forze di punta della Sinistra storica, in un mondo politico che si riduceva a un'élite, quella dei possidenti e della borghesia. Strettamente legata a quelle di Mario Cermenati, sono anche le vicende del settimanale "Il Prealpino", socialisteggiante e anticlericale, contrapposto alle gazzette dei conservatori ("La Cronaca") e dei preti ("Il Resegone"), ma la cui linea politica muterà nel corso degli anni fino ad arrivare all'appoggio esplicito al fascismo nascente. Un giornale che peraltro rappresenta la spina dorsale del racconto di Benini.

Ancora prima di entrare nell'agone politico, Cermenati si trasferisce di casa a Roma per i suoi incarichi universitari, mantenendo però legami strettissimi con la città natale dove torna spesso. E nell'anno 1900 prende corpo la sua candidatura al Parlamento: nel collegio uninominale lecchese (che comprende anche circondario, lago e Valsassina) sfida l'esponente degli industriali serici Lodovico Gavazzi, deputato uscente. Ricordiamo che non sono certo anni tranquilli: è del 1898 la strage di lavoratori a Milano sotto le cannonate del generale Fiorenzo Bava Beccaris e in quel 1900 elettorale, il 29 luglio a Monza l'anarchico Gaetano Bresci uccide il re Umberto. E' lo stesso anno in cui il sindaco lecchese Giuseppe Ongania viene sospeso per avere esposto il tricolore in municipio nella giornata del Primo maggio. Per dire del contesto.

Quando spunta la candidatura di Cermenati «qualcuno mormora - scrive Benini - che trattandosi d'uno studioso, d'uno scienziato, di un professore, il Cermenati "non può essere atto alla vita politica". La risposta del giornale ("Il Prealpino", appunto, ndr) non si fa attendere ed è pertinente: "Ecco: che per andare alla Camera non sia assolutamente necessario saper leggere e scrivere, lo sappiamo. Vi sono degli onorevoli analfabeti dei quali, infatti, il Ministero è soddisfattissimo. Ma che un uomo colto, uno studioso di ingegno, vi possa trovare un campo utile per le sue attività, è vero del pari"». Per dire del clima.
Cermenati viene comunque sconfitto da Gavazzi per quanto fra gli elettori del borgo l'esponente radicale raccolga 593 voti contro i 157 di Gavazzi. Il borgo di Lecco conta circa ottomila abitanti, ma gli iscritti alle liste elettorali sono solo 1204, i voti espressi 768). Per dire dei numeri.

A Cermenati va male anche la candidatura frettolosa, alla fine dell'anno, nel collegio di Cantù: «egli restò un'altra volta sconfitto "dai castelli sontuosi, dalle livree dorate, dagli scudi e marenghi a profusione del conte Arnaboldi", informa "Il Prealpino" del 3 gennaio 1901». Le elezioni canturine hanno anche uno strascico giudiziario, avendo il Cermenati querelato un propagandista avversario accusato di diffondere notizie false. Dicendo - così si legge sullo stesso "Prealpino" - che «quando al prof. Cermenati morì la madre - tuttora viva e sanissima - egli scacciò di casa i preti e, brandito il crocefisso lo calpestò sotto i piedi, indi lo ruppe sulla testa dei reverendi». Per il dire del dibattito.
Nel 1904, Mario Cermenati ci riprova e viene nuovamente sconfitto da Gavazzi. Scoppiano tumuli in città, nel corso dei quali lo stemma arcivescovile viene gettato nel lago. Di "elezioni roventi" parla anche Aloisio Bonfanti nel libro "Dal vecchio borgo alla grande Lecco" (Edizioni Monte San Martino, 2007) nel quale, tra gli altri episodi, vengono ricordate le proteste dei cermenatiani che «denunciarono coalizioni di industriali e di preti "che usavano contadini superstiziosi e operai disorganizzati" per fare propaganda a Gavazzi. Un esponente radicale dichiarò di avere constatato che un prete approfittasse addirittura del camposanto per sostenere il deputato conservatore, avvicinando i dolenti al termine di un funerale».
Ma intanto, a sinistra cominciano gli attriti tra laici, repubblicani e socialisti. Le traiettorie dei partiti popolari cominciano a dividersi.
Finalmente, nel 1909 (Lodovico Gavazzi decide di non ripresentarsi, va detto), Mario Cermenati viene eletto al Parlamento dove resterà fino al 1924 quando morirà per l'aggravarsi di una nefrite.

Il primo monumento a Cermenati

Cermenati si distingue fin da subito per un attività intensa: si interessa di pesca, di trasporti (dell'elettrificazione della linea ferroviaria Milano-Lecco, del traforo dello Spluga, della riduzione delle tariffe) , si interessa delle carceri lecchesi allora nella Torre Viscontea («malgrado le proteste della commissione di vigilanza, reiteratamente rivolte alle superiori autorità, permangono in un antico fabbricato, malsano e angusto, privo di aria e di luce, che è la negazione di ogni umana pietà e di ogni possibilità di miglioramento morale nei carcerati, per le sofferenze fisiche a cui questi vanno soggetti e per la deplorevole comunanza nelle celle fra minorenni ed uomini maturi negli anni e nelle colpe»). E la battaglia per le carceri continua finché il deputato ottiene «che il Comune acquisti l'area della torre, mentre l'acquisto della nuova area spetterà allo Stato». Altra grande battaglia che lo vede in prima fila è quella per una carta geologica del Paese, ancora sconvolto dal terribile terremoto di Messina del 1908.

L'elenco è lungo, non è certo possibile essere esaurienti in questa sede: nello stesso scegliere gli esempi del suo impegno ci sarà senz'altro sfuggito qualcosa di oltremodo significativo. Ci soffermiamo, però, su quanto, nel 1910, del deputato lecchese scrisse il quotidiano "Il tempo": «Predilige le interrogazioni tecniche, da scienziato quale è, ma qualunque sia il tema non tratta mai niente alla leggera come fanno tanti altri cui basta soltanto far sapere all'elettore che ha aperto bocca. Cermenati non parla se non ha studiato la questione - e poiché parla sempre, bisogna dire che non faccia altro che studiare - ed anche sugli argomenti più astrusi riesce sempre a far convergere l'attenzione del governo e della Camera, il che non è da tutti»
Ma intanto una parabola politica si compie. Nel 1911, Cermenati appoggia la guerra di Libia: «Abbiamo detto come il radicalismo italiano - annota Benini - , o almeno parte di esso, proprio di fronte alla guerra di Libia perda la sua colorazione di sinistra e, in coincidenza con l'ascesa al governo favorita da Giovanni Giolitti, finisca per identificarsi praticamente con il partito liberale: una marcia di avvicinamento che trova le sue prime espressioni a Lecco nei discorsi cermenatiani della fine del 1911 e le sue tappe successive nella fusione de "La Cronaca" con "Il Prealpino" (maggio 1913), nella battaglia interventista, nelle lotte del primo dopoguerra e, immediatamente dopo l'occupazione delle fabbriche (settembre 1920) nell'alleanza che porterà liberali e radicali ormai fusi insieme nella conquista del Comune».

La casa di Lecco dove visse Mario Cermenati


L'intenso impegno politico non gli fa comunque trascurare il lavoro scientifico, visto che nel 1909 - l'anno della sua prima elezione - viene eletto presidente nazionale della Società di geologia e nel 1917 fonda il giornale "La miniera italiana": «Mentre dura la guerra - parole di Benini - ed i bisogni dell'Italia si fanno più stringenti, Cermenati rileva l'opportunità di sfruttare il sottosuolo e di cominciare subito a studiarlo e a penetrarlo in previsione della crisi economica, delle ristrettezze finanziarie del bilancio nazionale del dopoguerra», riponendo fiducia negli uomini e nello Stato «al quale incombe di promulgare le leggi che favoriscano e proteggano la ricerca mineraria».

Mario Cermenati dipinto dal fratello Rinaldo

E si arriva al 1924, l'anno in cui la lista nazionale del cosiddetto blocco fascista, sul quale i radicali lecchesi e Cermenati stesso si sono appiattiti, a Lecco è la più votata (l'elettorato nel frattempo à cresciuto), Benito Mussolini è capo del governo e il deputato socialista Giacomo Matteotti viene rapito e ucciso (c'è anche un lecchese tra i rapitori, Amleto Poveromo). Il politico Cermenati, sempre più indebolito dalla malattia concentra la sua battaglia ancora su questioni care allo scienziato Cermenati. L'8 ottobre muore a Castelgandolfo.
Dal 1927, come detto, un monumento lo ricorda, nella piazza ora intitolata a suo nome. Inizialmente si trattava una statua bronzea realizzata dallo scultore Mario Rutelli, statua che all'inizio della seconda guerra mondiale viene rimossa e fusa per essere riciclata in metallo da cannone. Nel 1945, è lo scultore Francesco Modena a realizzare la nuova statua in marmo attualmente esistente riprendendo, specchiata, la posa di Mario Cermenati nella sua biblioteca romana, come nel dipinto realizzato attorno al 1900 dal fratello Rinaldo. Volta ancora le spalle alla basilica guardando di là dal lego verso i monti sulle cui pendici fin da ragazzino raccoglieva "sassi".
Dario Cercek
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.