Giornata mondiale dell'epilessia: pazienti vittime di ''stigma''. Serve un cambio culturale. Al ''Manzoni'' 500 visite all'anno
L'8 febbraio è stata la giornata mondiale dell'epilessia una patologia ad alto impatto epidemiologico che rappresenta per la persona uno “stigma” che ancora oggi è difficile da sradicare diventando causa di un peso “sociale” e psicologico che solo con un cambio culturale potrà essere cancellato.
Si tratta di una patologia neurologica cronica comune, al secondo posto dopo le cefalee. Al mondo sono 50 milioni le persone che ne sono affette in 130 paesi e il secondo lunedì di febbraio, assurto a giornata mondiale, vuole essere un modo per sensibilizzare ciascuno sul tema così che si possano fare 50milioni di passi verso una maggiore consapevolezza.
Le iniziative che vengono fatte in questi momenti, ora annullate per via della pandemia, sono servite negli anni a diffondere informazioni ma anche a raccogliere fondi.
500mila gli affetti in Italia, con una incidenza di nuovi casi tra i 40 e i 70 ogni 100mila abitanti per un totale di 30mila nuovi pazienti.
L'epilessia è dovuta a una eccessiva attività elettrica del cervello che causa convulsioni o altre manifestazioni come movimenti involontari ad un arto.
Nel 70% casi i farmaci antiepilettici danno una buona risposta impedendo il verificarsi di altri episodi, nel 30% dei casi non c'è invece una risposta alla terapia. La prognosi è diversa a seconda dei pazienti: ci sono forme benigne, farmacosensibili, farmacoresistenti e catastrofiche.
La diagnosi è clinica ed è supportata dall'elettroencefalogramma che ne stabilisce la forma.

Al Manzoni di Lecco l'ambulatorio per gli adulti si tiene una volta alla settimana e può contare su una équipe di tre medici specializzati ed esperti nella lettura degli elettroencefalogrammi oltre ai tecnici di neurofisiologia che eseguono l'esame. 500 le visite che vengono svolte ogni anno e 250 i pazienti presi in carico, per un totale di 1000 tracciati elettroencefalografici.
“Una persona su 100 è affetta da epilessia” ha spiegato il dottor Andrea Salmaggi direttore del dipartimento di Neuroscienze “è una patologia caratterizzata da uno stigma che deriva dall'ignoranza. I pazienti vengono discriminati e a loro volta subiscono psicologicamente la sensazione di non essere ben accetti. È un grosso lavoro culturale che c'è da fare e che queste giornate possono stimolare per inculcare nella popolazione un diverso approccio alla malattia”.
Bambini, ragazzi e anziani sono le categorie più colpite e in particolare nell'età senile si sta assistendo ad un aumento dei casi per l'allungarsi della vita.
“Spesso nell'anziano le epilessie sono secondarie ad altre malattie cerebrali come la demenza, l'ictus, i traumi e i tumori”.
Per la cura ci sono terapie innovative sia farmacologiche che non.
Ci sono la terapia chirurgica nell'età giovanile, fatta in centri di terzo livello come Niguarda o Besta e altre come la dieta chetogenica che è utile in alcune epilessie farma-coresistenti.
“Nel tempo di pandemia i pazienti con epilessia devono farsi vaccinare quando sarà il loro turno, con la massima tranquillità perchè non c'è alcun rischio aggiuntivo” ha concluso il dottor Salmaggi.
Si tratta di una patologia neurologica cronica comune, al secondo posto dopo le cefalee. Al mondo sono 50 milioni le persone che ne sono affette in 130 paesi e il secondo lunedì di febbraio, assurto a giornata mondiale, vuole essere un modo per sensibilizzare ciascuno sul tema così che si possano fare 50milioni di passi verso una maggiore consapevolezza.
Le iniziative che vengono fatte in questi momenti, ora annullate per via della pandemia, sono servite negli anni a diffondere informazioni ma anche a raccogliere fondi.
500mila gli affetti in Italia, con una incidenza di nuovi casi tra i 40 e i 70 ogni 100mila abitanti per un totale di 30mila nuovi pazienti.
L'epilessia è dovuta a una eccessiva attività elettrica del cervello che causa convulsioni o altre manifestazioni come movimenti involontari ad un arto.
Nel 70% casi i farmaci antiepilettici danno una buona risposta impedendo il verificarsi di altri episodi, nel 30% dei casi non c'è invece una risposta alla terapia. La prognosi è diversa a seconda dei pazienti: ci sono forme benigne, farmacosensibili, farmacoresistenti e catastrofiche.
La diagnosi è clinica ed è supportata dall'elettroencefalogramma che ne stabilisce la forma.

Il dr. Andrea Salmaggi
Al Manzoni di Lecco l'ambulatorio per gli adulti si tiene una volta alla settimana e può contare su una équipe di tre medici specializzati ed esperti nella lettura degli elettroencefalogrammi oltre ai tecnici di neurofisiologia che eseguono l'esame. 500 le visite che vengono svolte ogni anno e 250 i pazienti presi in carico, per un totale di 1000 tracciati elettroencefalografici.
“Una persona su 100 è affetta da epilessia” ha spiegato il dottor Andrea Salmaggi direttore del dipartimento di Neuroscienze “è una patologia caratterizzata da uno stigma che deriva dall'ignoranza. I pazienti vengono discriminati e a loro volta subiscono psicologicamente la sensazione di non essere ben accetti. È un grosso lavoro culturale che c'è da fare e che queste giornate possono stimolare per inculcare nella popolazione un diverso approccio alla malattia”.
Bambini, ragazzi e anziani sono le categorie più colpite e in particolare nell'età senile si sta assistendo ad un aumento dei casi per l'allungarsi della vita.
“Spesso nell'anziano le epilessie sono secondarie ad altre malattie cerebrali come la demenza, l'ictus, i traumi e i tumori”.
Per la cura ci sono terapie innovative sia farmacologiche che non.
Ci sono la terapia chirurgica nell'età giovanile, fatta in centri di terzo livello come Niguarda o Besta e altre come la dieta chetogenica che è utile in alcune epilessie farma-coresistenti.
“Nel tempo di pandemia i pazienti con epilessia devono farsi vaccinare quando sarà il loro turno, con la massima tranquillità perchè non c'è alcun rischio aggiuntivo” ha concluso il dottor Salmaggi.

Il dottor Lorenzo Lorusso e le dottoresse Mariolina di Stefano e Larissa Airoldi
Al Mandic nel reparto diretto dal dottor Lorenzo Lorusso, nel 2019 sono state effettuate circa 400 visite di cui 50 prime visite, per una fascia di età predominante tra i 16 e gli 85 anni. Il 28% ha presentato una epilessia focale criptogenetica di cui non si conoscono le cause, il 7,9% senza forma convulsiva criptogenetica, il 24% secondaria sintomatica con presenza di altre patologie, il 12,8% generalizzata ideopatica, il 15% morfeica.
Il 10% dei pazienti è risultato farmacoresistente: il 60% con forma criptogenetica e il 40% con forma sintomatica.
“Spesso il paziente ha paura della diagnosi e tende a negare il problema, c'è ancora una sorta di tabù” ha spiegato la dottoressa Mariolina Di Stefano che con la collega Larissa Airoldi si occupa dell'ambulatorio dedicato del Mandic. “Se la malattia non è curata ha riflessi sociali e sulla vita comunitaria e personale del soggetto. Nel 70% dei casi il paziente risponde bene alla terapia e ha una regressione clinica ma se non viene curato ci sono risvolti negativi che compromettono il lavoro, le relazioni, banalmente anche la possibilità di guidare un'auto. L'epilessia nella maggior parte dei casi è curabile e ci sono diversi farmaci ben tollerabili e sarà il neurologo a valutare il percorso del paziente”. Sottoporsi agli esami significa anche poter imbattersi in qualcosa di cui non si aveva sentore e...salvarsi.
“Talora un episodio critico a 50 anni, sottopone la persona a un esame di risonanza magnetica encefalica e fa scoprire un tumore cerebrale. E' importante una diagnosi corretta perchè può emergere un problema che potrebbe mettere la persona in pericolo di vita se non evidenziato”.
In tutto questo il coronavirus ha fatto la sua parte, non risparmiando alcuno.
“Il covid si è rivelato essere un virus a target multisistemico, colpendo anche il sistema nervoso centrale in vari modi, provocando ictus cerebrali o crisi epilettiche alle soglie dell'ictus o dando delle encefaliti disimmuni. C'è un capitolo che si chiama neuro-covid con uno studio multicentrico che riguarda l'intera nazione, in cui diversi ospedali compresi Merate e Lecco stanno raccogliendo i casi di patologie neurologiche legate al virus”.
Se nella prima ondata, la situazione ha dovuto essere gestita in maniera emergenziale, nella seconda una maggiore preparazione e predisposizione ad affrontare una recrudescenza del virus, ha fatto sì che nessun ambulatorio venisse sospeso e dunque i pazienti hanno potuto essere regolarmente visitati e sottoposti ai controlli.
S.V.