PAROLE CHE PARLANO/9

Brontolare, come un cielo in tempesta

Sono certo che possiamo essere tutti d'accordo: brontolare è da sempre tra gli sport nazionali più diffusi. È il verbo degli insoddisfatti, di quelli che pensano che si poteva fare di meglio e di più, che il mondo sia pieno di ingiustizie, che i politici siano tutti incapaci, che il capufficio sia insopportabile, che il vicino di casa sia troppo rumoroso e maleducato, che i giovani d'oggi...
Se ci pensiamo, usiamo lo stesso verbo anche quando nel cielo estivo sentiamo rimbombare i tuoni, che si inseguono senza sosta. Va però subito precisato che sarebbe proprio questo l'uso più corretto del termine: il cielo non brontola in modo figurato. Insomma, siamo noi a imitare i tuoni quando ci dedichiamo ai mormorii e non viceversa.
La lingua greca ci viene in aiuto e ci informa che brontolare deriva da brontȃn, tuono. Il dio Zeus, Giove per i Romani, era definito Bronton, il tonante, perché è risaputo che una sua prerogativa fosse proprio quella di generare tuoni e fulmini.
È anche per questa ragione che i grandi animali preistorici, che si ritiene facessero vibrare e rombare il terreno, calpestandolo con il loro peso e la loro forza, vengono definiti tonanti dagli scienziati. E infatti hanno coniato nomi come Brontosauro e Brontoterio, rettile il primo, bestia selvaggia il secondo.
E il conosciutissimo, anche per l'ottimo pistacchio, paese di Bronte in Sicilia? Pare che debba il suo nome e la sua origine mitologica al ciclope Bronte, grande, grosso e... anche lui tonante. Non per niente i ciclopi, Polifemo compreso, sono spesso associati al rombante vulcano Etna dove, secondo la mitologia classica, venivano forgiate le armi degli dei e i fulmini di Giove.
Una curiosità. Le sorelle Brontë, scrittrici vittoriane, conosciute particolarmente per i capolavori Jane Eyre e Cime tempestose, devono il loro cognome, come afferma un'attendibile ricostruzione, all'omaggio che loro padre, Patrick Prunty o forse Brunty, volle fare all'ammiraglio Horatio Nelson che era stato insignito del titolo di duca di Bronte dal re Ferdinando III di Sicilia. Papà Patrick modificò quindi il suo cognome ma, per evitare che la pronuncia inglese eliminasse la e finale, decise di dotarla di una dieresi. Quindi si pronuncia proprio Bronte.
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