Lecco perduta/246: torre serbatoio della ferriera addio!

Era l’autunno 1997 quando un lettore si rivolgeva ad un quotidiano della provincia per chiedere se non fosse possibile compilare un elenco delle industrie cittadine uscite di scena negli ultimi decenni, cancellate dalla geografia economica, produttiva ed occupazionale della città.
L’ammaina bandiera della Lecco industriale era stata indicata nella data del 7 aprile 1991, quando venne fatta crollare con la dinamite la “torre” della Ferriera Caleotto, ai lati di via XI Febbraio, sui bordi della vasta area cancellata della vecchia ferriera. Era il serbatoio di riserva d’acqua per i forni, veniva pompata in alto e rimaneva nel gigantesco contenitore, alto circa 60 metri, pronta a “piovere” come raffreddamento sui impianti riscaldati da temperature infernali.


La demolizione della torre serbatoio nell'aprile 1991

E’ stato l’allora assessore all’edilizia privata Alberto Cattaneo, della Giunta guidata dal sindaco Giulio Boscagli, a siglare la concessione edilizia per la demolizione della “torre”. Venne effettuata dalla Felario, in quanto in quel tratto la superficie dell’ex Caleotto era destinata ad allargare la nuova sede stradale di via XI Febbraio, davanti anche alla FILE, sopra le canne dell’attraversamento in sotterranea. Nell'abbattimento del vasto complesso industriale sorto nel 1896 sui terreni del Caleotto, scomparve anche il serbatoio. La società era nata per iniziativa di numerosi trafilieri lecchesi che volevano vergella “in casa”, senza dover ricorrere ai mercati ester,e tra i fondatori del Caleotto vi sono i cognomi della storia industriale del ferro lecchese.
Dai binari della stazione, con il raccordo ferroviario, entravano ogni giorno e ogni notte notte decine di vagoni carichi di rottame, pronto ad essere ingoiato dai forni e trasformato dal fuoco. Nel dopoguerra 1945, con il vicino Arlenico, il Caleotto ha toccato la punta di 1800 dipendenti; nel 1960 gli operai erano ancora 1285. Era un lavoro continuo, con turni spalmati lungo le 24 ore: vi erano pause a Natale, Pasqua, Ferragosto, ma il personale della manutenzione vigilava sempre sui forni anche ridotti a fiamma minima.


L'assessore all'edilizia privata Alberto Cattaneo

La cancellazione della torre avvenne davanti ad uno schieramento di fotoreporter e di telecamere che nella zona Caleotto non c’era stato nemmeno anni prima, nel 1963, quando vennero girate diverse scene del film “La pelle”, con la regia di Giuseppe Fina e con, tra i principali interpreti, Elsa Martinelli e Raoul Grassilli. La demolizione spalancava tutta l’area alle “quattro torri” della Lecco Duemila al grande cratere del progetto del famoso architetto Renzo Piano.


La vasta area del Caleotto quando venne cancellata la storica ferriera

Per tornare alla richiesta del lettore di un censimento sulla Lecco industriale scomparsa, un rapido elenco comprendeva la Forni ed Impianti alla Giazzera; l’Aldè, poi Mambretti, al Ponte Vecchio; la Bettini a Sant’Ambrogio di Maggianico; la Ferriera Caleotto; SAE ad Acquate; Badoni a Castello; Faini in via Parini; ed una valutazione allargata anche a dimensioni minori non poteva dimenticare due strutture impegnate dalla fantasia e dalla laboriosità lecchesi, come le Stufe Mazzoleni a Santo Stefano e le Comi al Piscen di Pescarenico. Insomma le cattedrali del ferro o anche le minori che occupavano migliaia di tute blu, non c’erano più. Il suono delle sirene delle fabbriche non accompagnava la giornata lecchese dal lavoro di primo mattino, alle soste di mezzogiorno ed allo squillo conclusivo del pomeriggio.
La storia di Lecco industriale e laboriosa, che aveva caratterizzato larghissima parte del secolo Novecento, aveva subito una notevole “svolta”.
A.B.
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