Lecco: rinnovate le cariche di ACMT, da 24 anni al fianco dei malati terminali e delle loro famiglie

"La vita alla fine della vita": la consapevolezza di non poter guarire, la convivenza con un male incurabile, la scommessa di poter garantire dignità e qualità all'esistenza umana anche nella sua fase terminale. È questa la mission che l'ACMT, operante nel lecchese - dal capoluogo lariano fino a Colico includendo la Valsassina, l’oggionese e il bellanese - si è data a partire dal 1996. L'acronimo sta per Associazione per la Cura dei Malati in Trattamento palliativo, e rappresenta un gruppo di 70 soci e 12 volontari che, due volte alla settimana, raggiungono persone malate direttamente nelle loro case per alleviarne le sofferenze.
Il sodalizio si è riunito nei giorni scorsi a Palazzo Falck per il rinnovo delle cariche del Consiglio di Amministrazione per il triennio 2020-2022, che risulta ora composto da Angela Airoldi, Emilio Amigoni, Gabriella Calegari, Barbara Isella, Rosaria Pavano, Gigliola Pezzati, Margherita Pozza, Francesca Biorcio e Romano Durastante, con questi ultimi due scelti rispettivamente come presidente e vice. Nel Collegio dei Revisori sono stati confermati il Dott. Michele Blandino, il Rag. Sergio Sala e l'Avv. Giulia Aondio, mentre in quello dei Probiviri sono entrati Pierfranco Mastalli, Ernesto Pontiggia e Carla Farina. Per l'occasione, alla presenza del Notaio Dott.ssa Federica Croce, si è inoltre proceduto all’adeguamento dello Statuto secondo le direttive del Dlgs. 117/2017, che l’assemblea ha approvato all’unanimità.



Come anticipato, l'associazione opera sul territorio lecchese dall'ottobre 1996, come ha ricordato la presidente Francesca Biorcio: "All’epoca ero alla guida di un Tennis Club: una nostra socia, la dottoressa Zanini, si è accorta che a Lecco nessuno si occupava di malati inguaribili, specialmente affetti da cancro" ci ha raccontato la fondatrice, che insieme al medico citato ha deciso di mettersi in gioco cominciando a conoscere varie realtà, da Milano a Bologna, raccogliendo informazioni e studiando altri contesti per poter creare anche sul nostro territorio un punto di riferimento per i malati terminali e le rispettive famiglie.
Nel breve periodo sono state coinvolte altre realtà: "Abbiamo trovato un aiuto inizialmente presso la fondazione Floriani, successivamente presso la Fabio Sassi di Merate, che a sua volta aveva cominciato a interessarsi del tema". La rete si è creata in fretta, con una rapidità forse dettata dall’urgenza di avere, nel lecchese, un riferimento di questo tipo: "Abbiamo formato un gruppo di persone con un’infermiera che aveva seguito corsi presso la Floriani (Fondazione milanese che si occupa della diffusione delle cure palliative, ndr.) perché l’obiettivo principale era quello di occuparci di questi malati a domicilio, a casa loro".
Il termine "palliativo" deriva dal latino "pallium", mantello risalente all'epoca romana, ed è proprio nell’etimologia che si trova il senso dell’azione di ACMT, "mettere un mantello intorno al dolore del malato", renderlo più sopportabile attraverso la cura e le attenzioni, che si declinano, nel concreto, nella costituzione di un'equipe con un medico, un infermiere, un assistente sociale, un nutrizionista, uno psicologo e un volontario.
"Nel 2000 ci siamo accorti che il servizio Asl terminava alle 16. Abbiamo sentito la necessità di una reperibilità notturna e festiva di un supporto e allora siamo andati alla ricerca di risorse" ha proseguito Francesca Biorcio. Cene, raccolte fondi di ogni genere - "gli Alpini in piazza facevano la taragna" - hanno permesso di raccogliere dei soldi - a cui negli anni si sono unite le donazioni spesso corpose di familiari che hanno beneficiato dell’azione di ACMT - volti a sostenere una convenzione con l’ospedale di Lecco che ha portato all’apertura dell’Unità di cure palliative: un finanziamento che attualmente si aggira intorno agli 80.000 euro annui e che permette la messa a disposizione di equipe specializzate.



Venendo all’attività in senso stretto, i volontari dell’associazione diventano parte integrante della "squadra", occupandosi dell’accompagnamento e della cura da rivolgere al malato. "È necessaria una propensione alla pazienza, al silenzio e specialmente alla discrezione: anche se si è consapevoli della situazione del malato non si deve informare la famiglia, quello è compito del medico". Non basta, dunque, voler mettere a disposizione il proprio tempo, le proprie energie e sottoporsi ad un percorso di formazione: la figura dello psicologo nella selezione degli ipotetici volontari e nel loro successivo accompagnamento è centrale: "I volontari sono sempre aggiornati e si confrontano mensilmente con un professionista perché crediamo che il lavoro di revisione sia fondamentale. L'atteggiamento dev’essere attivo, bisogna riuscire a lasciare fuori i propri problemi ed essere in grado di interpretare il momento e gli stati d’animo del malato, per cui ogni giorno è diverso; dall’altra parte si rende necessario un supporto ai volontari proprio per l’attività in sé: essere accanto a una persona che sta morendo non è cosa semplice". Specialmente se poi ci si affeziona, si costruisce un legame "che molto spesso va anche oltre il periodo di assistenza, oltre il lutto: ci sono volontari che hanno mantenuto i rapporti con la famiglia del malato anche dopo la sua morte".
Perché quella di ACMT non è un’azione rivolta esclusivamente a chi riceve le cure palliative, ma anche ai suoi cari: "Non è sempre facile lasciare che degli estranei entrino nel proprio dolore, ma quando i nostri operatori riescono ad essere accettati capita spesso di ricevere lettere commoventi".
Da due anni a questa parte ACMT ha sostenuto anche l’apertura da parte di due medici palliativisi di un ambulatorio nel day hospital oncologico: "Molti malati di cancro già in cura si sentono ancora in forza per andare o per farsi accompagnare in ospedale, piuttosto che far venire qualcuno a casa loro". Una modalità di lavoro profondamente diversa da quella dei volontari - ACMT lavora principalmente tra le mura domestiche del malato, puntando molto sul rapporto umano - ma che l’associazione ha comunque sostenuto perché "è giusto che si assecondino le esigenze di tutti". Esigenze diffuse, visti i numeri dello scorso anno (2019), che contano 814 assistiti proprio attraverso questo ambulatorio.
Come tante altre simili attività, anche quella di ACMT è stata profondamente rivoluzionata dall’avvento del Covid: "Ci è stato indicato che non era più possibile fare il servizio a domicilio" ha spiegato ancora la presidente, specificando che la decisione è stata presa in accordo con il dottor Gianlorenzo Scaccabarozzi, direttore del Dipartimento di Fragilità dell’Asst lecchese e principale interlocutore dell’associazione.
Ma come il volontario modula il proprio intervento in base alle necessità del malato, così l’associazione è riuscita a riorganizzare il proprio impegno in base alle limitazioni dettate dall'emergenza sanitaria: "Abbiamo continuato in un altro modo, aiutando le persone anziane non malate, portando fuori casa con la carrozzina chi aveva bisogno di uscire". "Perché esercitando il volontariato e rivolgendo attenzione alle persone - ha concluso Francesca Biorcio - ci si "allena" a vedere le necessità dell’altro, diventa un’abitudine, e quindi ci si mette in gioco".
A.A.
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