20 settembre 150 anni dopo: Lecco ricorda Lorenzo Balicco

Sono passati 150 anni da quel 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia a Roma, che apriva il “varco” per far divenire la città eterna capitale d’Italia. Nella storia di Lecco il 20 settembre entra, però, 25 anni dopo con la decisione del Comune di modificare la denominazione dell’antica piazza del Mercato in piazza XX Settembre. L’avvenimento segnò in città l’apice del conflitto fra clericali e laici protrattosi poi sino al primo decennio del Novecento, conoscendo anche la “notte nera” dell’assalto alla canonica del prevosto.. La questione “romana”, sempre viva ed attuale a livello nazionale, con una politica impregnata di anticlericalismo, accentuò le polemiche fra gli opposti schieramenti di Lecco. L’amministrazione comunale non mancava di ricordare il 20 settembre come data “della liberazione dalla schiavitù del potere teocratico”. I manifesti concludevano esaltando “lo storico ed incancellabile motto del padre della Patria: Ci siamo e ci resteremo, a Roma!

 Piazza XX Settembre al inizio del Novecento

    La decisione di modificare la denominazione di piazza del Mercato in piazza XX Settembre venne adottata dal Consiglio Comunale nella seduta del 12 settembre 1895. La deliberazione è stata approvata dopo un ordine del giorno presentato dai consiglieri Antonio Vicini, Angelo Grassi, Carlo Bonfanti, Albino Biffi, Angelo Bettini, Ernesto Pozzi e Carlo Castelli.
    Nuove polemiche si accesero quando la banda Manzoni rese noto per la giornata del 20 settembre 1895 un pubblico concerto per solennizzare la ricorrenza. I cattolici reagirono vivacemente e costituirono, con “secessionisti” della Manzoni, il Corpo musicale San Giuseppe che assunse, nella terminologia popolare, la denominazione della “Banda dei Paolotti”.
I giovani cattolici del Circolo Beato Pagano, nostalgici dell’ultimo Papa re, Pio IX, celebrarono il 20 settembre 1895 partecipando ad una Messa, con cravatta bianco-gialla (i colori papali) in suffragio dei venti zuavi pontifici caduti difendendo la Roma di Pio IX dagli assalti dalle truppe “invasori piemontesi” del generale Cadorna. C’è da ricordare che nelle file delle truppe italiane i caduti furono 70 con 40 feriti tra bersaglieri, fanti e genio zappatori. Sono ricordati con apposita lapide presso Porta Pia.

I bersaglieri lecchesi rendono omaggio alla lapide di Lorenzo Balicco

    Era, invece, il 20 settembre 1936 quando, con solenne cerimonia, per iniziativa della sezione dei fanti piumati, fondata dieci anni prima da Guglielmo Colombo, veniva inaugurata la lapide di Lorenzo Balicco, nella via omonima che guarda alla stazione ferroviaria. Si colloca presso la villa che fu l’abitazione di Balicco nella seconda metà dell’Ottocento. L’inaugurazione rientrava nelle celebrazioni (1836-1936) dell’anno centenario di costituzione del Corpo dei fanti veloci e piumati. La lapide è stata restaurata nel 2000 dai bersaglieri di Lecco e riportata al primitivo splendore anche nell’effige in bronzo modellata dallo scultore Giuseppe Mozzanica. Il marmo evidenzia nella scritta che Balicco fu un patriota del 1848, un volontario della Repubblica Romana, nella difesa del Vascello, comandante in Lecco della Guardia Nazionale. L’epigrafe venne dettata da Giovanni Bertacchi, il poeta delle Alpi, nativo di Chiavenna.

La lapide che ricorda i caduti italiani presso Porta Pia

Lorenzo Balicco riposa nel piccolo “pantheon” sotterraneo presso la cappella centrale del Monumentale di via Parini, vicino ad Antonio Ghislanzoni. Era nato a Bergamo 1827. Fu tra i garibaldini della Repubblica Romana del 1849. La villa di via Cantarelli (ora via Balicco) venne costruita nel 1879. Balicco fu per diversi anni nel Consiglio Comunale di Lecco; morì il 17 gennaio 1894. Il sindaco di allora, Guido Ghislanzoni, informò, con apposito manifesto, la cittadinanza, ricordando Lorenzo Balicco, patriota ed assessore comunale, cittadino benemerito. Venne anche edito, con il patrocinio del Comune, il volumetto “Lorenzo Balicco, bersagliere di Lamarmora”, curato dal giornalista Pino Tocchetti.
A.B.
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