SCAFFALE LECCHESE/2: l'ultimo romanzo di Andrea Vitali lascia... 'un uomo in mutande'


Per fortuna che c'è il Vitali. L'Andrea. Una delle sue storie - e, soprattutto, come le sa scrivere lui - ti riporta fuori dai gorghi cupi di questa stagione di coronavirus. Stagione per la quale, va ricordato, lo stesso Vitali, da medico si è rimesso il camice per curare quegli altri pazienti, quelli senza covid «ma che si ammalano pur sempre di qualcosa», mentre da scrittore ha dato il suo contributo a un libro collettivo ("Andrà tutto bene") per raccogliere fondi destinati all'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.
Ma intanto, pur con un po' di ritardo rispetto al previsto proprio per via del contagio, è uscito il suo nuovo romanzo "ufficiale" a regalarci ancora momenti esilaranti: "Un uomo in mutande" (editore Garzanti). Fa parte della serie di "casi del maresciallo Maccadò", il filone che lo scrittore bellanese ha inaugurato con "Certe fortune", mantenendo un nucleo di personaggi stabile (tra caserma e ospedale, a partire appunto dal maresciallo dei carabinieri per arrivare a una suora-generale) al pari di altri scrittori. Sarà anche un caso, la dedica di quest'ultima fatica ad Andrea Camilleri che, oltre ai suoi "romanzi civili" e alle vicende storiche della Sicilia profonda, ci ha consegnato la figura del commissario Montalbano. E chissà mai che anche il maresciallo Maccadò non possa diventare domani una serie televisiva. Avrà un gran bel daffare il regista nello scegliere gli interpreti. Perché gli appassionati di Vitali sanno che ogni suo personaggio, anche la semplice comparsa, è calibrato alla perfezione e non sono concesse sbavature.
Un uomo in mutande, dunque. Che in realtà diventano poi due e alla fine addirittura tre.
Si comincia con il farfallone meratese salito a Bellano per amoreggiare con la moglie del direttore dell'ufficio postale e costretto alla fuga - in mutande appunto - per il di lui rientro anticipato. Quella fuga dà il la a un'eruzione continua di equivoci, di gialli che non sono gialli - «di corna i carabinieri non si occupano»  - di vicende intricate: una levatrice incosciente sul letto di casa, un procaccia trasandato che ritrova un portafoglio-trappola, lo stesso direttore delle Poste che non vede l'ora di organizzare una trionfale cena d'addio e i suoi modesti impiegati, gli osti che fanno gli osti e i confidenti, una donna della buona borghesia che ogni due mesi si innamora perdutamente di qualcuno, lo sprovveduto del villaggio che se la vede brutta. A corona, la tradizionale vitaliana pirotecnia onomastica. Attorno, l'atmosfera è quella del fascismo tronfio e grottesco, nell'epoca della campagna della cosiddetta redenzione igienica (bisogna realizzare le fognature, per intenderci).
Per promuovere la quale a Bellano sale il senatore Vince Dissetati, sofferente di un morbo che si chiama atonia intestinale: qualcosa di peggio della stitichezza (ohi, qual contrappasso per le camicie nere, use a distribuire sorsate su sorsate di olio di ricino per umiliare gli oppositori). Il ras sarà ricoverato in ospedale e le sue scorregge si riveleranno benefiche, provocando il risveglio della comatosa levatrice. Tanto per capire dove si sguazza.
Questa, a grandi linee, la storia: il piacere è la lettura.
Dario Cercek
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