In viaggio a tempo indeterminato/116: il Messico... in casa nostra

In queste giornate, in Italia, praticamente tutti parlano di Corona Virus. Ovviamente la notizia è arrivata anche qui a più di 10.000 km. In Messico, però, al momento l’unica Corona di cui si parla è fresca, chiara e dissetante: la birra. Pochi lo sanno ma la famosa birra bionda è proprio messicana. Nata nel 1925, è arrivata in Italia solo alla fine degli anni ‘80. Oggi la si trova sugli scaffali dei supermercati e nei bar di tutto il mondo, dove è consumata come si faceva in origine in Messico, cioè con una fettina di limone dentro.
Dietro questo modo di berla ci sono diverse storie, tutte comunque legate ad antiche tradizioni messicane. Secondo alcuni, deriverebbe da alcune precauzioni igieniche. In passato, infatti, i tappi delle bottiglie di vetro non avevano la protezione in silicone di oggi, quindi si usava il limone per disinfettare il collo della bottiglia da possibili tracce di metallo. Secondo altre teorie, invece, la fettina di limone serviva ad evitare che gli insetti entrassero nella birra mentre la si beveva.
Ma la birra non è l’unico prodotto di origine messicana famoso nel mondo. Ci sono molte altre cose che probabilmente ognuno ha in casa e per le quali bisogna ringraziare o insultare (dipende dai punti di vista) il Messico.
Tra queste un’altra bevanda. No, non stiamo parlando della tequila, che è messicanissima, fatta con la pianta dell’agave proprio nella città di Tequila.
Questa volta l’alcool non c’entra. Parliamo della Coca Cola. Non tanto della bevanda in sé che è stata inventata negli Stati Uniti come cura per il mal di testa, ma della bottiglia. La bibita più famosa del mondo viene, infatti, imbottigliata in un enorme stabilimento nel sud del Messico quindi ci sono buonissime probabilità che la bottiglia che si vende al supermercato sotto casa sia arrivata proprio da qui.
Non a caso il Messico è uno dei primi Paesi consumatori di questa bevanda. Non solo, esiste anche una religione che prevede l’uso della Coca Cola in chiesa per scacciare il male interno attraverso il rutto!



Ma lasciamo perdere le bevande.
Ci sono, infatti, altri prodotti che usiamo tutti i giorni che sono originari proprio del Messico.
Uno di questi è alla base della cucina italiana: il pomodoro. Coltivato dai Maya prima e dagli Aztechi poi, il pomodoro dal Messico arrivò in Spagna durante l’occupazione di Hernan Cortes nel 1521. I coloni e missionari spagnoli decisero di tenere anche il nome originale “tomatl” usato dagli indigeni per indicare qualcosa di rotondeggiante e rigonfio.
Due erano i tipi di pomodori che si trovavano in Messico in origine: Xi-tomatl, il pomodoro come lo conosciamo noi, e il mil-tomatl, il tomatillo, un pomodoro verde e piccolo che ancora oggi è molto diffuso e viene usato principalmente per le salse.
Gli europei colsero solo il termine generico, creando non poca confusione quando entrambe le piante, pomodoro e tomatillo, giunsero d’Oltreoceano. 



Altro prodotto originario del Messico e usato in tutto il mondo è il mais.
La sua coltivazione sarebbe iniziata circa 9000 anni fa proprio dalla regione messicana del Tehuacàn per poi diffondersi in centro e sud America, dove ebbe un impatto fortissimo sull’alimentazione e sulla cultura delle popolazioni indigene precolombiane.
Ancora oggi, in Messico, del mais non si butta via niente. Spighe, foglie e gambi vengono usati per bevande alcoliche come la birra, per lo zucchero, oppure per nutrire il bestiame e come copertura per i tetti delle capanne. Le pannocchie, se mature al punto giusto, vengono abbrustolite sul fuoco, bollite o macinate fino ad ottenere una poltiglia gialla, simile alla farina da polenta.
Questa farina viene usata per le onnipresenti tortillas o per i tamales, una pappetta di farina di mais e verdure o carne cotta al vapore dentro le foglie stesse delle pannocchie. In pratica per la “polenta uncia” dobbiamo ringraziare il Messico!



Ma ora passiamo a un altro ingrediente che i Messicani, con la collaborazione di Cristoforo Colombo, ci hanno regalato, rallegrando per sempre le nostre vite: il cacao. I Maya sono stati i primi a coltivarlo in una regione del Messico compresa tra Yucatan, Chiapas e Guatemala. Per gli indios i semi del cacao erano davvero molto preziosi e spesso venivano usati come delle vere e proprie monete. “Kakaw uhanal”, termine con cui i Maya chiamavano il cacao, significa infatti “cibo degli Dei” e il suo consumo era riservato ai nobili, ai sovrani e ai guerrieri.
Il cacao in origine veniva bevuto con l’acqua calda e questa bevanda prendeva il nome di “chocolhaa”. Il primo fortunato europeo a provare il cioccolato fu proprio Cristoforo Colombo, quindi è anche un po’ colpa di noi italiani se oggi in tutto il mondo la gente ne va pazza.
Insomma ai Messicani dobbiamo la birra chiara, la Coca Cola, i popcorn, il sugo di pomodoro e la cioccolata... dobbiamo ancora capire se ringraziarli o meno per tutto questo!

Le nostre avventure continuano ogni settimana su LeccoOnline e ogni giorno sulle pagine Instagram e Facebook “Beyond The Trip - Viaggio a Tempo indeterminato”.
Angela e Paolo
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