Lecco perduta/201: quando venne proiettata 'La dolce vita'

La locandina del film
Il grande regista Federico Fellini avrebbe compiuto oggi 100 anni; era, infatti, nato a Rimini il 20 Gennaio 1920. Celebrazioni sono previste in tutto il mondo; la prossima edizione del Giro d’Italia, la prestigiosa corsa a tappe con le bici a due ruote e la mitica maglia rosa, per esempio, farà traguardo proprio nella sua città natale.
    Uno dei suoi film più noti, ed anche discussi, è stato “La dolce vita” degli anni ‘59/’60 del Novecento. Non mancò di provocare clamore e commenti diametralmente opposti anche nella città di Lecco e nel suo vicino territorio. Un “romanzetto” uscito negli anni Settanta ha ripreso un curioso avvenimento che si verificò proprio quando “La dolce vita” era sullo schermo di un cinema cittadino. Cosa è stato scritto? “Un locale cinematografico annunciò la proiezione di una pellicola già al centro di vivaci dispute in campo nazionale. Ambientata nella Capitale, sottolineava la vita gaudente di nobili e meno nobili, con scene audaci ritenute un’esaltazione sfrenata di comportamenti profondamente immorali. Nessuno avrebbe dovuto varcare la soglia di quel cinematografo, angolo di inferno emerso sulla crosta terrestre, ma si ottenne il risultato contrario: una pubblicità gratuita, con code all’ingresso, spintoni per prendere il biglietto. Nel locale finirono per assieparsi anche persone che avevano espresso pubblica protesta contro la programmazione, signore distinte che, dopo aver manifestato la propria indignazione ascoltando la descrizione delle scene più audaci, avevano voluto stare al passo di un certo ambiente benestante. Un’occasione snob, tutto sommato, da non perdere nel quadro sempre limitato della vita di provincia. La pellicola provocò ripercussioni anche in campo cattolico per un curioso incidente avvenuto in una popolosa parrocchia della periferia cittadina. Alla prima messa domenicale, con le solite donnette pie, qualche negoziante del rione, il gitante della domenica, il parroco aveva tuonato dal pergamo contro lo spettacolo cinematografico ed aveva dichiarato, scandalizzato e costernato, come segno evidente della scristianizzazione dei tempi, che perfino il presidente dei Giovani Cattolici del gruppo parrocchiale si era recato a vedere il film. Il caso volle che, fra i fedeli in chiesa, vi fosse la madre del giovane, la quale peraltro era ignara della carica del figlio. La buona donna era rimasta colpita dalla filippica del sacerdote e, giunta a casa, riferì la predica al ragazzo, chiedendo chi fosse l’indegno presidente. Alla risposta del figlio, era scoppiato un piccolo dramma familiare. Quando il giovane uscì di casa per recarsi all’appuntamento festivo con gli amici, sul sagrato prima della messa nella tarda mattinata, la notizia aveva già fatto il giro del quartiere. Venne preparata una lettera di protesta al parroco, con l’immancabile presentazione di irrevocabili dimissioni dalla carica ricoperta. Il presidente dimissionario ebbe la “sofferta” solidarietà di colleghi delle parrocchie vicine, oltre che di amici del circolo locale. La notizia rimbalzò anche presso il centro diocesano, che decise di inviare sul posto, con pieni poteri, il vice-presidente, che nella zona era conosciuto per aver tenuto incontri con i propagandisti. La missione diplomatica, intesa ad arginare la frana delle dimissioni, ebbe successo. L’abilità di avvicinare le persone nel senso giusto, la cordialità di carattere, nonché le citazioni di brani di San Paolo permisero al vice-presidente diocesano di comporre la vertenza, come qualche anno dopo gli consentirono di prendere il volo verso i gradini più alti di una municipalizzata milanese. Le dimissioni rientrarono e l’opinione pubblica, come capita sovente, dimenticò le chiacchiere che avevano animato il grigio mattino di una domenica autunnale”. Ma, del resto, non poteva essere altrimenti, visto che si parlava di “dolce vita”.
A.B.
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