In viaggio a tempo indeterminato/84: emozioni, caldo e mozzarella a Calcutta
Prima ancora di arrivarci, nella nostra testa, avevamo le immagini di una città calda, caotica, povera, sporca, incasinata... insomma di una città indiana all'ennesima potenza, nel bene ma soprattutto nel male.
Nonostante tutto questo, però, sapevamo che non avremmo potuto lasciare l'India senza passarci almeno qualche giorno.
E così abbiamo deciso che proprio questa città sarebbe stata la nostra ultima tappa di questi 6 e più mesi in questo folle Paese... Quando si dice "chiudere in bellezza"!
Ma Calcutta, o Kolkata, è riuscita a stupirci più di quanto ci aspettassimo.
Se dovessimo riassumere la nostra esperienza con tre parole, sarebbero sicuramente: emozioni, caldo e mozzarelle.
Che c'entrano l'una con l'altra? Beh, è subito spiegato.
Partiamo con la prima: emozioni.
Perché Calcutta ci ha regalato l'opportunità di fare una delle esperienze più emozionanti di tutta la nostra vita, uno di quei momenti che rimarranno indelebili nella nostra memoria.
A Calcutta siamo stati volontari per qualche giorno nell'associazione fondata da Madre Teresa.
Eravamo preparati? Assolutamente no.
Sapevamo cosa aspettarci? Men che meno.
Ma un po' spinti dalla curiosità, un po' motivati dal dare un senso diverso al nostro lungo viaggio, ci siamo iscritti e abbiamo dato la nostra disponibilità.
Il primo giorno, alle 6:30 del mattino, mentre facevamo colazione con pane e banane insieme ad altri volontari, avevamo nella testa mille pensieri.
Eravamo stati assegnati a una struttura che si occupa di ragazzi e ragazze con gravi disabilità fisiche e mentali e noi, di esperienza in tutto questo, ne avevamo meno di zero.
Le prime ore sono passate abbastanza tranquille, tra rifare i letti, lavare il bucato e stendere lenzuola.
Poi però è arrivata l'ora di interagire con i ragazzi, di dar loro da mangiare, di provare a farli reagire a degli stimoli, o semplicemente accarezzargli il volto per cercare di stabilire un contatto.
E' stato davvero un momento molto intenso per noi, difficile da spiegare a parole.
Per un attimo ci siamo come visti da fuori in quella situazione ed è stato come se non fossimo noi a vivere quell'attimo.
Eravamo a Calcutta, a cercare di dare una mano in un modo sicuramente goffo e inesperto, ma la realtà era che stavamo ricevendo molto più di quello che stavamo dando.
Ogni volta che ripenseremo a questa città, saranno quelle forti emozioni provate ad avere il sopravvento nei nostri ricordi.
La seconda parola associata a Calcutta è caldo.
Molto caldo. Troppo caldo.
Tanto da non riuscire a dormire la notte perché il ventilatore sul soffitto non bastava a farci respirare.
E così, tra un mercato di verdure e una bancarella di colorati vestiti indiani, siamo corsi alla ricerca disperata di un soffio di aria condizionata che usciva da un centro commerciale.
Ci siamo infilati in parchi enormi e bellissimi, dove il rumore del traffico sembrava solo un lontano ricordo.
E abbiamo mangiato cibo speziato e piccante con un ventilatore puntato in faccia.
Ma questo caldo ci ha anche fatto vedere un lato di Calcutta che proprio non ci aspettavamo.
Ci siamo ritrovati in una città moderna, con grattacieli altissimi e negozi alla moda, dove l'aria condizionata a temperature polari ci ha permesso di rinfrescare i pensieri prima di rituffarci nell'altro lato della città.
Quello dei banchetti e dei venditori ambulanti, della gente che si fa la doccia con un tubo dell'acqua che perde a lato strada, delle mucche che mangiano dall'immondizia, dei bambini che dormono su dei cartoni sul marciapiede, degli "uomini cavallo" che a piedi nudi tirano i risciò.
A Calcutta povertà e ricchezza, tradizione e modernità vanno a braccetto.
La terza parola che associamo a questa città è mozzarella.
Sì, quel formaggio buonissimo che ci ricorda la pizza, l'estate e il pomodoro.
A Calcutta una donna italiana, Anna Maria, ha deciso di seguire un progetto molto ambizioso: ha insegnato a un piccolo villaggio indiano nella periferia della città a preparare le mozzarelle.
E lo ha fatto partendo dalle donne.
Quando l'abbiamo scoperto, eravamo talmente curiosi che abbiamo fatto di tutto per riuscire ad andare a dare un'occhiata da vicino.
Il caso poi ha voluto che Anna Maria l'avessimo già conosciuta a Kathmandu, dove vive e lavora da quasi trent'anni.
Così l'abbiamo contattata e due giorni dopo eravamo alla "fabbrica delle mozzarelle" a quasi un'ora di viaggio dal centro città.
Questa "fabbrica" altro non è che una sala all'interno di una scuola, costruita da un'associazione che cerca di promuovere lo sviluppo delle aree rurali più povere.
Alle 7:30 ogni mattina, le donne provenienti dai villaggi vicini portano bottiglie di latte fresco.
Vengono controllate alcune proprietà del latte e, se i parametri sono rispettati, il nome della donna e la quantità consegnata vengono segnati su un registro per poi essere pagate a fine settimana (il prezzo di acquisto è di 0,40€ al litro).
Il "mozzarella project", come lo chiamano qui, fa parte di un progetto molto più ampio che prevede l'affido gratuito di una mucca, alle donne della comunità, affinché possano allevarla e vivere con la vendita del latte o dei vitelli.
Una volta raccolto il latte, entra in gioco Chanden, un ragazzo sulla trentina, che dal 2005 ogni giorno prepara le mozzarella.
E' stata Anna Maria a insegnargli come fare, o meglio un esperto italiano mandato a Calcutta proprio per questo.
Seguiamo tutti i procedimenti da un angolo della stanza e rimaniamo affascinati dalla semplicità con cui creano quel delizioso formaggio.
Tra una fase e l'altra passano ore e nel frattempo Chanden ci mostra orgoglioso il caglio, che arriva direttamente dall'Italia, e ci fa assaggiare un po' della ricotta che ha preparato il giorno prima.
Quel sapore dolce e cremoso ci ricorda subito casa, ma siamo a Calcutta a migliaia di km di distanza.
Tra un assaggio e l'altro la mattinata passa in fretta.
In questa stanza non vengono prodotte grandi quantità di mozzarella, solo lo stretto necessario per il ristorante italiano che Anna Maria ha aperto a Calcutta.
Questo progetto non è stato creato per fare profitto. Lo scopo principale è quello di dare un'entrata fissa alle donne di questi villaggi che, con la vendita del latte e altre piccole attività, nel corso degli ultimi 15 anni hanno migliorato le loro condizioni di vita e quelle dell'intera comunità.
Una mozzarella che prova a cambiare il mondo e che sulla pizza è davvero deliziosa!
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