In viaggio a tempo indeterminato/75: il ponte più alto del Nepal

Quando l'abbiamo visto da lontano ci sono tremate le gambe.
Poi, mentre ci avvicinavamo, le oche nascoste all'ombra e le galline che ci fissavano ci avevano un po' distratto.
Per non parlare del signore che in uno sgabuzzino affilava lame e quello che macinava semi per estrarre l'olio. Ci avevano quasi fatto dimenticare il motivo per cui eravamo a Kusma.
E poi gli anziani del paese, all'ombra di un albero, intenti a giocare a "carrom", una specie di mini biliardo senza stecche e su una tavoletta di legno, in cui si devono spingere delle pedine bianche e nere all'interno di un buco all'angolo.
Insomma, tutta quella vita di paese, quelle immagini, quelle risate, ci avevano fatto smettere di pensare al fatto che a breve saremmo saliti su un ponte sospeso.
Ma non uno qualunque, il ponte sospeso più alto e lungo di tutto il Nepal.

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Quando arriviamo all'ingresso del ponte, da un lato vorremmo girarci e tornare indietro. Dall'altro, però, non vediamo l'ora di salire su quella passerella sospesa tra una sponda e l'altra.
L'eccitazione è tanta.
"Chissà che paesaggio pazzesco si vede una volta arrivati in mezzo!"
"Sí, e poi che sensazione meravigliosa che si deve provare sospesi a quell'altezza con il fiume che scorre metri e metri e metri sotto i piedi!"
Ecco, ci stavamo auto convincendo che quella fosse una grande idea, quando in realtà avremmo voluto tornare indietro.
Ma ormai eravamo arrivati fino a Kusma, dopo aver fatto un viaggio epico su un autobus che in 5 ore aveva guadato fiumi, percorso tornanti e salite e non si era ribaltato nonostante le voragini nella strada.
Era troppo tardi per scappare, dovevamo provare ad attraversare quel ponte.

E così eccoci a iniziare la traversata.
I primi passi andavano alla grande, alla fine potevamo ancora vedere il suolo sotto piuttosto vicino.
Ma più camminavamo e più lo strapiombo aumentava e aumentava.
Ogni passo ciondolavamo un po' di più e le nostre facce si facevano più preoccupate.
Ma la parte peggiore non era tanto il dondolio, quanto il fatto che in alcuni momenti dovevamo letteralmente schiacciarci ai lati della passerella per far passare le moto.
Sì, sul ponte sospeso più alto che avessimo mai visto, passavano le moto.
E non dei Ciao o degli scooter, delle vere e proprie motociclette che su quella passerella sospesa sembravano enormi, ingombranti e decisamente fuori luogo!
I bambini che ci incontravano sul cammino ridevano di noi, divertiti da due spaventati per una cosa normalissima come camminare su un ponte retto solo da cavi di metallo.
Arriviamo a metà e alziamo la testa.

La vista toglie davvero il fiato.
Le imponenti pareti di roccia, il verde degli alberi, il fiume e i falchi che volano sotto il ponte.
Sembra quasi di guardare il paesaggio sospesi su una nuvola.
Saremmo rimasti lì per ore, se non fosse stato per quel dondolio e per il fatto che nella nostra testa c'era un pensiero costante "l'avranno attaccato bene dall'altra parte?!?"
Ci abbiamo messo più di mezz'ora a percorrere tutto il ponte, camminando lentamente, fermandoci spesso per ammirare il panorama e per far passare le moto.
Una volta arrivati sull'altra riva abbiamo guardato quel ponte che avevamo appena attraversato e ci è sembrato così fragile, quasi fosse attaccato con dei fili sottili.


"Vabbè, è fatta. Siamo sopravvissuti!"
"Che esperienza! Ma ora che si fa?"
"Aspetta apro la mappa per vedere se c'è un percorso alternativo..."
"Mmmm niente, dobbiamo tornare indietro!"
"Sul ponte?!?"  

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Angela & Paolo
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