Lecco perduta/163: la piazza XXV Aprile al Seminario di Castello

La denominazione ufficiale è piazza XXV Aprile, storica data della Liberazione 1945, ma nella dizione popolare rimane la piazzetta del Seminario, dovuta al fatto che nelle vicinanze, dal 1795 al 1839, vi è stato il Seminario Diocesano, dove studiò anche quello che divenne il famoso abate geologo Antonio Stoppani. La targa che indica la piazza è, fra l’altro, quasi illeggibile per “cancellazioni” del tempo e si colloca sull’edificio contrassegnato dai numeri civici 1 e 2, all’angolo con l’inizio di via Gorizia. L’antico Seminario è oggi un complesso residenziale che ha mantenuto la struttura di un tempo, grazie all’esemplare progetto dovuto all’architetto Franco Stefanoni. Nel volume “Immagini di Lecco nei secoli”, Mario Cereghini ha scritto sul Seminario di Castello: “L’ampio cortile ed i vasti fabbricati lo fanno qualificare come il più importante complesso architettonico del territorio”.
    Perché piazza XXV Aprile in una zona periferica della città, contrariamente, ad esempio, al lungolago IV Novembre, in tratto panoramico e centrale della sponda lariana? Nella piazzetta allora del Seminario, come dizione ufficiale, si concentrarono reparti garibaldini scesi dalla Valsassina per strade laterali rispetto alla principale, dove potevano transitare in ritirata verso la Valtellina reparti della Repubblica di Salò. La strada della Valsassina era l’alternativa ad evitare il tratto lariano da Lecco a Bellano, dove erano già operanti posti di blocco di formazioni partigiane ed alla periferia settentrionale della città dove si era verificata l’esplosione che aveva interrotto il viadotto ferroviario di Pradello sulla linea per Sondrio.
    La piazza del Seminario divenuta XXV Aprile era nei ricordi di due coraggiosi partigiani garibaldini in Valsassina: Sergio Friso e Piero Losi, poi per anni consiglieri comunali del PCI e dirigenti dell’ANPI. Erano nelle formazioni scese dall’alta valle e che puntavano a far arrendere gli ultimi presidi nazisti e fascisti nel centro di Lecco. I garibaldini del Seminario furono impegnati nell’ultimo assedio al presidio tedesco delle scuole “Giovanni Berta”, oggi “Edmondo De Amicis”, di via Amendola. Nell’edificio vi erano i comandi anche dell’amministrazione militare che controllava le industrie lecchesi, rientrate nelle razzie tedesche così ben ricordate nel libro di Ricciotti Lazzaro “Il sacco d’Italia”. La Germania nazista, infatti, oltre ad una massiccia e soverchiante presenza militare, approfittò delle strutture industriali di Lecco per far costruire piastre per le rampe di lancio delle V2, controllava la produzione di vergella in quarantotto aziende della città e dintorni, dove in alcune fabbriche le macchine erano in funzione diciassette ore su ventiquattro per mandare vagoni di rifornimenti in Germania, devastata dagli incessanti bombardamenti alleati. “La struttura industriale di una vasta fascia di Lombardia è stata una sorgente miracolosa e Berlino vi attinse a piene mani”: è scritto nel libro “Il sacco d’Italia”, di Ricciotti Lazzaro, edito da Mondadori nel 1994.
    Vi era un comando amministrativo ed operativo anche per Lecco. Si arrese nel giorno storico della Liberazione ai garibaldini della “Rosselli”.
A.B.
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