Chiuso: in tanti da Padre Cupini che ha festeggiato 80 anni

Riceviamo e pubblichiamo:

Venerdì 25 gennaio presso la Casa sul pozzo a Chiuso di Lecco, sede della Comunità di via Gaggio, un nutrito gruppo di amici, di soci della comunità, di volontari e gente comune, insieme ad alcuni ospiti si sono trovati attorno a Padre Angelo, per festeggiarne gli 80 anni.

Una messa di ringraziamento non solo a Dio per la vita di Angelo, che ci è stata gratuitamente donata, ma, come lui stesso ha sottolineato nella sua riflessione, per ringraziare tutti noi, perché nella sua lunga vita, una cosa ha compreso profondamente: ed è che la propria storia e la propria chiamata avviene tramite i fratelli che si incontrano lungo l'arco della esistenza. E sono questi che ancora oggi ci chiamano a "Frequentare il futuro".
Noi tutti conosciamo quale sia la sua carica profetica e carismatica per il nostro territorio e come la Casa sul pozzo, da lui fortemente voluta, rappresenti oggi uno spazio aperto, dove tutti possono sentirsi davvero accolti come a casa propria.
È una sfida in questo tempo in cui prevalgono paure ed egoismi, che impediscono alla gente di ritrovare il senso di una umanità che ci accomuna, e per la quale vale la pena spendersi per creare luoghi di serena condivisione dei propri valori, come delle proprie risorse e talenti.


È quello che accade ogni giorno in questa casa, dove più di 50 volontari a vario titolo, permettono la vita quotidiana di quanti la frequentano: dai/lle ragazzi/e di Crossing, dai gruppi e dalle associazioni che qui fanno riferimento per il loro ritrovarsi a riflettere; per quanti vi si trovano ad ascoltare la parola e a confrontarsi con le persone che vivono particolari situazioni di frontiera.
La Casa sul pozzo, come dice il suo nome, è un luogo sorgivo, dove padre Angelo ne è custode, nel senso di rappresentare colui che sa custodire nell'intimo questa possibilità di trovare la propria fonte, ma è ancor più un compagno di viaggio, capace di un ascolto attento, con cui si si sente subito fratelli. La sua presenza e le sue parole scaldano il cuore e muovono l'animo a guardare oltre, a contemplare il nuovo che ogni vita contiene.

Ma forse più che le nostre parole, le sue dicono cosa rappresenta per un uomo di fede vivere il presente dei propri 80 anni. Alla fine della celebrazione ha voluto comunicarci alcune sue sensazioni e riflessioni sulla vita.
Per i miei 80 anni

Ho più vita alle spalle che avanti.
Rendo grazie per questa lunga vita, un regalo partito dai  miei genitori e accompagnato da tanti quotidianamente.  Sono in debito con tutti. E’ stato utile viverla e ne è valsa la pena anche nei tempi vuoti e faticosi.
Il motivo non è perché è andata bene, ma perché ho sperimentato la misericordia e la lealtà di Dio.
Tutti mi hanno rivelato il Dio della libertà, della gratuità e della misericordia, da lui mi sono sentito chiamare alla responsabilità nei confronti dello straniero, del povero, di ogni uomo.
La mia è stata un’avventura, ricca sempre di nuovi volti e di nuove visioni; tutto è stato più grande del sogno iniziale o dei miei desideri.
Una delle  volte che sono andato a Taizé, entrando nella chiesa della riconciliazione, mi è venuta incontro la frase: Dio è più grande del nostro cuore; egli non ci condanna. E’ stato l’augurio che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Dio non è stato un peso che mi ha schiacciato e io non mi sono sentito un dispensatore di buon consigli, ma un fratello che si è messo all’ascolto dell’altro.

La parola accolta dei miei fratelli (grido, pianto, urlo, gioia, abbraccio) è stata la strada che ho percorso. Oggi ho la percezione di aver fatto una storia con Dio, questa è la mia avventura. Non mi ha reso forte o potente ma solo un fratello che resiste con altri uomini.
Ho conosciuto e ne sono stato sempre più scosso il Dio che ha svuotato se stesso, che ha perso tutto per diventare come uno di noi.
La Parola negli anni è diventata centrale e attraverso di lei ho sostenuto le scelte e il tempo. Oggi ho uno sguardo su Dio più interiore che all’inizio, la confidenza con lui e con gli uomini non si è lacerata e sbiadita; come dice la Bibbia, i vestiti non si sono logorati addosso a noi, né i sandali si sono consumati ai nostri piedi (Deuteronomio 29, 4).
80 anni sono storia e vita, non è stata l’effervescenza giovanile o la voglia di futuro a sostenermi, ma il bene che mi è stato riversato. Non mi sento migliore di nessuno, so solo che  il Signore ha continuato a salvarmi attraverso la vicinanza delle persone; per questo mi sento grato a tutti. Quello che ho di fronte, per come sarà, sarà certamente meglio di quello e di quanto ho vissuto. Oggi ho molto più debiti che nel passato.
Il male mi interroga. Sento tutte le cose ad un livello più profondo e divento più silenzioso e abitato; mi piace contemplare la vita, mia e quella degli altri, dei territori, del mondo.  E’ importante questa percezione di solitudine perché dice lo spazio della possibilità, della libertà; sperimento di essere più fragile e vulnerabile.

Arrivare a 80 anni e sperimentare che non devo fare nulla, devo ridiventare il bambino che gioca con la vita e accostarsi sempre di più alla volontà di Dio che è la vita dell’uomo. Mi sento come uno che ha perduto tutti gli aggettivi e pensa solo alla parola che comunica e che dice fedeltà alla vita.  Mi sento nella logica di sostenere le vite, quella di ognuna/o.  C’è un desiderio di trovare unità e di offrirla a tutti. Questa unità non viene da una geometria del bello e dell’ordine, ma è come attirata dall’unica cosa necessaria nella vita, il faccia a faccia con Dio.
 
Ora di fronte alla mia persona si sviluppa la visione del limite.  Non sono solo i limiti fisici e psichici a indicarli; significa che ho di fronte l’evento più misterioso e fondamentale: la morte. Questo pensiero mi sta accompagnando da diversi anni; mi fa accogliere la realtà di ogni giorno, la riduzione delle possibilità e la finitezza, ma anche la porta che si spalanca per entrare nel dialogo misterioso dell’al di là.  

Chiudo con un pensiero che mi ha scritto all’inizio della settimana Gianni Tognoni:  
Mi sento così abitante della casa tua-di-nessuno-di tutte/i, da portarmela a spasso nel mondo come parte di una mia identità : passaporto di cittadinanza che non conosce muri, ed è eco di tutte le "gravidanze di speranza" ( come ricorda il nostro fratello Casaldaliga..) che si sono inaugurate , anche per le pietre, in quella casa senza mura e confini e regole che era quella intorno al pozzo della Samaritana...Un abbraccio!

Frequentare il futuro, questa è la scommessa che ci viene da questa Eucaristia nella memoria di Paolo di Tarso e del mondo. Il futuro è un diritto umano, ha detto il Papa in Panama ieri. La frequentazione di futuro tra anziani e più giovani è l’esperienza di abitare questa casa e il tempo. E’ l’impegno che voglio continuare a condividere con voi tutti.

Angelo Cupini

Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.