In viaggio a tempo indeterminato/58: un anno alla scoperta del mondo, tra piacevoli sorprese e 'scherzi' del destino
Un anno fa, il 9 Gennaio 2018, ci stavamo imbarcando sull’aereo che ci avrebbe portato verso Kuala Lumpur in Malesia. Era la prima tappa del nostro viaggio a tempo indeterminato e l’avevamo scelta un po’ per caso, senza sapere bene cosa aspettarci. Che poi al “caso” ci credevamo poco prima di partire. Invece, ci siamo resi conto che in questo anno tantissime cose sono successe proprio perché il “caso” o il fato o come vogliamo chiamarlo ci ha messo lo zampino. Siamo anche convinti che non si possa lasciar fare tutto al fato, perché altrimenti si rimarrebbe fermi nello stesso punto ad aspettare in eterno. Ci si deve impegnare e agire.
La lezione l’abbiamo imparata subito in questo viaggio, fin da quando siamo arrivati in aeroporto quel 9 gennaio di un anno fa. Al banco per il check in, l’addetta della compagnia aerea ci chiede: “E il vostro volo d’uscita dalla Malesia? Senza quello non vi facciamo imbarcare!”. Ecco, la nostra avventura a tempo indeterminato sarebbe potuta finire lì, all’aeroporto di Milano Malpensa. Bell’inizio insomma! Così ci siamo messi a cercare su internet e abbiamo preso il volo più economico disponibile: Kuala Lumpur-Yangoon. Costo: 20 euro. Al massimo non lo usiamo, avevamo pensato. E invece, quel volo prenotato per caso ha fatto sì che visitassimo proprio uno dei Paesi più belli ed emozionanti mai visti: la Birmania.
E quello era solo l’inizio di quelle piccole casualità. Nella vita di tutti i giorni non ci si fa nemmeno caso. Ma in viaggio, quando non ci sono schemi da seguire, assumono un valore diverso. Come quando siamo rimasti senza benzina con il motorino in Vietnam. Avevamo noleggiato uno di quei motorini scassati, con l’indicatore di velocità e livello di carburante che non funzionano. Con gli specchietti incollati con il nastro adesivo. E il potente mezzo aveva deciso di lasciarci a piedi su una strada principale, a 20 km dal villaggio più vicino. In tantissimi si sono fermati a cercare di aiutarci. Famiglie intere a bordo di un motorino. Ragazzi che hanno provato a travasare la benzina dal serbatoio della loro moto alla nostra. Ma a salvarci è stata lei, una signora sulla sessantina con la nipote, a bordo del suo motorino. Non ci dice una parola quando ci vede in difficoltà a lato strada. Ma torna dopo una mezz’ora con una bottiglia di benzina. Ed ecco che il nostro bolide riparte. Vorremmo ringraziarla in qualche modo e così la convinciamo ad andare in un piccolo caffè a pochi chilometri da lì. Lo diciamo alla nipote perché lei non parla inglese. Così seduti a quel tavolino, con la giovane Lynn a fare da interprete, ascoltiamo storie sulla Guerra del Vietnam, Ho Chi Minh e cosa voleva dire essere una ragazzina in quegli anni. Quell’incontro ci apre gli occhi su un Vietnam diverso e ci fa rivivere un pezzo di storia attraverso i racconti di quella signora. E tutto solo perché avevamo finito la benzina.
Oppure quella volta, in India a Udaipur. Eravamo stanchi dopo le 17 ore in treno. I clacson non ci davano pace. Eravamo nervosi, arrabbiati e affamati. E continuavamo a discutere tra noi con i nervi a fior di pelle. Così ci siamo infilati nel primo ristorantino di una vietta defilata. Da fuori era veramente veramente... inguardabile. Aspettative bassissime e umore nero non aiutavano.Ordiniamo due curry e rimaniamo in silenzio ad aspettare il cibo. L’aspetto dei piatti non è niente di che, ma appena mettiamo in bocca il primo boccone capiamo che c’è qualcosa di particolare. Mangiamo, sempre restando in silenzio, ma decisamente più rilassati di prima. E finito il pasto, ecco che arriva il cuoco/cameriere/tuttofare. Si siede al tavolo con noi e come se ci conoscesse da sempre inizia a raccontarci la sua storia. Si chiama Mike, ma il suo vero nome è un altro, troppo difficile per noi da capire. Avrà poco più di vent’anni. Quando aveva 11 anni dalla campagna si è trasferito in città, da solo. I suoi genitori erano morti e la nonna non poteva prendersi cura di lui, così aveva iniziato a lavorare in quel piccolo caffè. Ma il suo sogno era cucinare. Così dopo anni era riuscito a convincere il proprietario a lasciarlo tentare con la cucina e da allora preparava quei deliziosi piatti che avevamo assaggiato. “Devi pensare a un obiettivo nella tua vita. Uno solo. Non distrarti. Indirizza tutte le tue forze per raggiungerlo. Voi siete fortunati, perché è in viaggio che avrete modo di scoprire il vostro obbiettivo e raggiungerlo". Quelle parole, dette da quel ragazzo, in quel ristorante, ci arrivano dirette come uno schiaffo. E pensare che eravamo così arrabbiati per cose inutili.
Non sappiamo se sia stato il destino a farci vivere questi momenti e incontrare queste persone e onestamente non vogliamo nemmeno scoprirlo. Quello di cui siamo certi, però, è che non smetteremo di assecondarlo questo fato e continueremo a meravigliarcene. Venerdì 11 Gennaio, dopo qualche giorno passato a casa, ripartiremo e chissà quali altre meravigliose avventure ci riserverà questo nuovo anno. Il viaggio continua...
Le nostre avventure continuano ogni giorno sulla pagina Facebook- Beyond The Trip, su Instagram e ogni settimana qui su LeccoOnline.
VIDEO “UN ANNO IN VIAGGIO”
La lezione l’abbiamo imparata subito in questo viaggio, fin da quando siamo arrivati in aeroporto quel 9 gennaio di un anno fa. Al banco per il check in, l’addetta della compagnia aerea ci chiede: “E il vostro volo d’uscita dalla Malesia? Senza quello non vi facciamo imbarcare!”. Ecco, la nostra avventura a tempo indeterminato sarebbe potuta finire lì, all’aeroporto di Milano Malpensa. Bell’inizio insomma! Così ci siamo messi a cercare su internet e abbiamo preso il volo più economico disponibile: Kuala Lumpur-Yangoon. Costo: 20 euro. Al massimo non lo usiamo, avevamo pensato. E invece, quel volo prenotato per caso ha fatto sì che visitassimo proprio uno dei Paesi più belli ed emozionanti mai visti: la Birmania.
E quello era solo l’inizio di quelle piccole casualità. Nella vita di tutti i giorni non ci si fa nemmeno caso. Ma in viaggio, quando non ci sono schemi da seguire, assumono un valore diverso. Come quando siamo rimasti senza benzina con il motorino in Vietnam. Avevamo noleggiato uno di quei motorini scassati, con l’indicatore di velocità e livello di carburante che non funzionano. Con gli specchietti incollati con il nastro adesivo. E il potente mezzo aveva deciso di lasciarci a piedi su una strada principale, a 20 km dal villaggio più vicino. In tantissimi si sono fermati a cercare di aiutarci. Famiglie intere a bordo di un motorino. Ragazzi che hanno provato a travasare la benzina dal serbatoio della loro moto alla nostra. Ma a salvarci è stata lei, una signora sulla sessantina con la nipote, a bordo del suo motorino. Non ci dice una parola quando ci vede in difficoltà a lato strada. Ma torna dopo una mezz’ora con una bottiglia di benzina. Ed ecco che il nostro bolide riparte. Vorremmo ringraziarla in qualche modo e così la convinciamo ad andare in un piccolo caffè a pochi chilometri da lì. Lo diciamo alla nipote perché lei non parla inglese. Così seduti a quel tavolino, con la giovane Lynn a fare da interprete, ascoltiamo storie sulla Guerra del Vietnam, Ho Chi Minh e cosa voleva dire essere una ragazzina in quegli anni. Quell’incontro ci apre gli occhi su un Vietnam diverso e ci fa rivivere un pezzo di storia attraverso i racconti di quella signora. E tutto solo perché avevamo finito la benzina.
Oppure quella volta, in India a Udaipur. Eravamo stanchi dopo le 17 ore in treno. I clacson non ci davano pace. Eravamo nervosi, arrabbiati e affamati. E continuavamo a discutere tra noi con i nervi a fior di pelle. Così ci siamo infilati nel primo ristorantino di una vietta defilata. Da fuori era veramente veramente... inguardabile. Aspettative bassissime e umore nero non aiutavano.Ordiniamo due curry e rimaniamo in silenzio ad aspettare il cibo. L’aspetto dei piatti non è niente di che, ma appena mettiamo in bocca il primo boccone capiamo che c’è qualcosa di particolare. Mangiamo, sempre restando in silenzio, ma decisamente più rilassati di prima. E finito il pasto, ecco che arriva il cuoco/cameriere/tuttofare. Si siede al tavolo con noi e come se ci conoscesse da sempre inizia a raccontarci la sua storia. Si chiama Mike, ma il suo vero nome è un altro, troppo difficile per noi da capire. Avrà poco più di vent’anni. Quando aveva 11 anni dalla campagna si è trasferito in città, da solo. I suoi genitori erano morti e la nonna non poteva prendersi cura di lui, così aveva iniziato a lavorare in quel piccolo caffè. Ma il suo sogno era cucinare. Così dopo anni era riuscito a convincere il proprietario a lasciarlo tentare con la cucina e da allora preparava quei deliziosi piatti che avevamo assaggiato. “Devi pensare a un obiettivo nella tua vita. Uno solo. Non distrarti. Indirizza tutte le tue forze per raggiungerlo. Voi siete fortunati, perché è in viaggio che avrete modo di scoprire il vostro obbiettivo e raggiungerlo". Quelle parole, dette da quel ragazzo, in quel ristorante, ci arrivano dirette come uno schiaffo. E pensare che eravamo così arrabbiati per cose inutili.
Non sappiamo se sia stato il destino a farci vivere questi momenti e incontrare queste persone e onestamente non vogliamo nemmeno scoprirlo. Quello di cui siamo certi, però, è che non smetteremo di assecondarlo questo fato e continueremo a meravigliarcene. Venerdì 11 Gennaio, dopo qualche giorno passato a casa, ripartiremo e chissà quali altre meravigliose avventure ci riserverà questo nuovo anno. Il viaggio continua...
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Angela e Paolo