Lecco: negli ultimi 10 mesi, avviate in città 13 nuove attività 'cinesi'. Crescono i negozi di vicinato, i parrucchieri e... i bar

Là dove c'era Pinocchio ora c'è un gran bazar.  Continua a cambiare la locale fisionomia commerciale. Ed in alcuni "anfratti" di Lecco gli occhi a mandorla stanno diventando tratto caratterizzante, dietro ai banconi. L'area attorno alla stazione, per esempio, si è ormai candidata a trasformarsi a piccoli passi la nostra mini (educata ed apprezzata) china town, come del resto, in proporzione, se ne trovano in tutte le città con un certo dinamismo. Lo si capisce già dalla prima insegna in cui, scesi dal treno, ci si imbatte: all'interno del gabbiotto posizionato all'ingresso del trafficato scalo ferroviario si vendono e riparano computer, cellulari e accessori.

Lo si trova scritto tanto in italiano, tanto (immaginiamo) in mandarino. Se lo si sa leggere -ovviamente - ma indubbiamente è più facile notare i quattro ideogrammi che arrivare alla fine del testo appiccicato sul totem informativo che, lì vicino, dovrebbe indirizzare i turisti verso le bellezze nostrane. Stessa tipologia di attività e di... carattere anche all'imbocco di via Cavour, con il solo storico Bar Alba a fare da "separé" con un altro esercizio commerciale da tempo ormai passato sotto la bandiera della Repubblica popolare: il Caffè Diaz nell'omonima piazza dedicata al generale del Regio Esercito, firmatario nel 1918 dell'agognato Bollettino della Vittoria, probabilmente un perfetto sconosciuto nel paese natio dei gestori del locale (così come per tanti italiani).

Chissà se è più noto (Alessandro) Volta, con il bar che porta il suo nome, con affaccio su piazza Lega Lombarda (mai tornata a essere piazza stazione) ormai gestito a metà. 100% made in China, infine, il tre vetrine aperto da qualche settimana sotto i portici, dove, come accennato in apertura, il caro (in tutti i sensi) vecchio negozio di vestiti griffati per bambini caratterizzato dal celebre burattino di legno quale "brand" ha lasciato il posto a uno store di prodotti per la casa a poco prezzo con annessa sartoria.

Un minuscolo spaccato, questo, a stretto raggio, di un mondo del commercio in perpetuo mutamento, pronto a virare a oriente, non solo a sensazione. Sono i numeri a confermarlo. 35 dall'inizio dell'anno, in città, le nuove attività registrate presso l'Ufficio Commercio di Palazzo Bovara avviate da soggetti non italiani di cui ben 13 sono di nazionalità cinese. Salgono dunque a 60 gli esercizi riconducibili a Pechino e dintorni su un totale di 324 realtà intestate a non italiani che permettono davvero di fare il giro del globo restando ad un tiro di schioppo dal Lago.
Nei così detti servizi alla persona - parrucchieri, estetisti ed affini - i cinesi la fanno da padrone essendo tenutari di 15 "licenze" di cui 6 datate 2018 sulle 20 in mano a "forestieri". La somministrazione di cibi e bevande non è da meno, con i classici ristoranti oggi affiancati da svariati bar: se ne contano in tutto 19, due dei quali aperti nell'arco degli ultimi 10 mesi. Emblematico il caso del "Tigli" di viale Turati - altra zona con più bandierine - divenuto, non a caso, il "Bonsai". 12 (di cui 4 "new open") poi gli esercizi di vicinato a proprietà RPC, a cui sommare anche due attività di media vendita, spesso nel settore dei vestiti, dei casalinghi e dei prodotto tecnologici. Senza dimenticare infine il campo d'azione degli ambulanti con 6 banchi cinesi al mercato e due connazionali - annotati nei registri cittadini - dediti poi al commercio itinerante, dove davvero tutto il mondo è paese.
A.M.
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