Riflessione sulla chiusura del punto parti della clinica Mangioni di Lecco ma anche sugli altri “numeri” del presidio privato accreditato (che se fosse pubblico forse sarebbe chiuso)

Ambrogio Sala
Nei giorni passati è stato dedicato molto spazio alla questione della chiusura del punto parto della clinica Mangioni di Lecco. I numeri che hanno spinto la Regione ad agire così sono ineccepibili. Non è solo applicare la legge, ma è, soprattutto, una prevenzione ed una garanzia rispetto all’utenza, ai cittadini. Infatti, al di là, delle capacità personali del personale, che nessuno mette in discussione, è in gioco la casistica. Cioè è importante per un medico, ad esempio, conoscere i casi sul campo, costruirsi una esperienza e conoscenza. Il numero di parti, sotto i 500, dice che queste esperienze non si fanno. Non lo dico io, ma lo dicono studi e protocolli nazionali ed internazionali. 
Nel passato forse il punto parti aveva senso, soprattutto perché, al Manzoni, si applicava il principio “partorirai con dolore”. Ma oggi il Manzoni non è più così e dal punto di vista tecnico e delle emergenze viene utilizzato dalla Mangioni.
A volte siamo presi da una ondata di ricordi e sentimenti che sopraffaggono la ragione. Sta accadendo proprio questo. Quello che scrivo susciterà fastidio, ma bisogna andare oltre.
Vorrei fare, altresì, qualche riflessione sull’ospedale in questione, inteso come struttura complessiva. Ho preso i dati ufficiali regionali sul tasso di occupazione dei posti letto dell’ultimo quinquennio e li ho riassunti in questa tabella:

Come si constata ci sono reparti quasi vuoti da tempo (chirurgia), medicina ha visto, in due anni, quasi dimezzare i suoi pazienti mentre gli ospedali di Lecco e di Merate sono strapieni e faticano a soddisfare il fabbisogno. Un reparto che è sempre stato un fiore all’occhiello , la oncologia, è da tre anni in forte declino.
Sentendo in questi giorni il Direttore Generale della Sanità Lombarda, dr Walter Bergamaschi, che illustrava i criteri del libro bianco, mi sono chiesto se il problema fosse solo il punto parti o, forse, fosse qualcosa di complessivo. Si lesinano i fondi agli ospedali pubblici per le attrezzature o per il personale e poi i soldi si usano per mantenere presidi accreditati che, se fossero di natura pubblica, sarebbero già stati chiusi. Questo l’ho detto al dr Bergamaschi che ha allargato le braccia.
Forse, allora, qualche riflessione va fatta sulla sanità lombarda, che è di eccellenza, ma che andrebbe scandagliata a fondo.
Ambrogio Sala
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