
A luglio è stata lanciata dall’Anci la raccolta firme a sostegno del progetto di legge che mira ad introdurre l’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza come materia autonoma in tutte le scuole italiane. Hanno confermato la propria adesione all’associazione dei sindaci 596 Comuni su 7.954, ma quelli che hanno approvato la proposta e attivato la sottoscrizione sono di più. Anche in provincia di Lecco sono numerosi gli Enti che hanno votato a favore, ma sono solo cinque i Comuni che al 18 ottobre hanno dato un riscontro all’Anci: Lecco, Cremella, Dolzago, Missaglia e Valgreghentino. Se a livello nazionale si sta faticando a raggiungere le 50mila firme necessarie per presentare la proposta di legge, anche a livello territoriale non sembra aver preso piede la campagna. Brutta figura per Lecco che conta appena 16 firme (di cui due sono di non residenti): se avessero aderito anche solo i consiglieri che sostengono Brivio - presidente di Anci Lombardia – l’elenco sarebbe più lungo. Male anche a Valgreghentino, che conta appena cinque sottoscrizioni e Missaglia che è addirittura a zero; un discreto successo ha avuto invece l’iniziativa a Cremella e Dolzago, con 33 e 40 firme. La Conferenza permanente dei sindaci del casatese proprio in questi giorni ha addirittura ribadito pubblicamente il proprio sostegno all’iniziativa, invitando i propri concittadini a recarsi presso l'ufficio competente dei rispettivi Comuni “per prendere conoscenza del testo di legge depositato in Corte di Cassazione e sottoscrivere la proposta”. Proposta che nasce dall’esigenza - scrivono i promotori - di “recuperare una dimensione educativa che formi i giovani cittadini ai principi che consentono uno sviluppo civile della società italiana”. Tra i “fattori di urgenza” che renderebbero questa legge necessaria c’è il “crescente scollamento delle generazioni più giovani dal senso delle esperienze di guerra e di lotta al nazi-fiascismo”, il “contrasto alla disparità di genere, di etnia e di religione”, la promozione della “conoscenza della Costituzione e dei principi di uguaglianza, legalità, democrazia”. Oltre alla necessità di affermare il valore della memoria, i concetti di pace, fratellanza e libertà, il valore del ricorso delle conquiste e dei sacrifici di chi ci ha preceduto, ci sono poi nuovi temi che “si affacciano a stimolare il bisogno educativo: l’educazione ambientale e quella digitale, il lavoro e la riflessione sulla relazione interpersonale”. Per rispondere a queste esigenze avvertite dai sindaci italiani, i promotori della campagna hanno proposto un disegno di legge che istituisce l’insegnamento di educazione alla cittadinanza come disciplina autonoma con propria valutazione nei curricula e nei piani di studio di entrambi i cicli di istruzione, attribuendole un monte ore di 33 ore annue, per trattare precisi argomenti: la Costituzione, elementi di educazione civica, istituzioni dello Stato italiano e dell’Unione europea, diritti umani, educazione digitale, educazione ambientale, elemento fondamentali del diritto e di diritto di lavoro, educazione alla legalità, principi e valori della società democratica.

Enrico Avagnina
“È un’iniziativa che ci trova d’accordo” commenta Enrico Avagnina, presidente della sezione lecchese dell’Anpi. Istituzione che non è però stata ancora coinvolta ufficialmente dai promotori della raccolta firme e che valuterà - a livello regionale - come sostenerla. “La formazione alla cittadinanza - spiega Avagnina - è basilare perché si sviluppi nelle giovani generazioni uno spiccato senso civico”. Ma la scuola non sembra andare in questa direzione: “La riduzione del numero di ore di storia nei licei o l’eliminazione della traccia storico-politica dalla prima prova dell’esame di maturità, sono tutti segnali negativi, che la scuola sta prendendo una piega diversa, non educativa ma ‘imprenditoriale’, anche dal punto di vista lessicale: ci sono crediti e debiti, non c’è più il preside ma c’è un dirigente scolastico, gli studenti a scuola sono trattati come clienti in azienda”. Lo stesso statuto dell’Anpi impegna l’associazione a promuovere studi e approfondimenti sull’importanza della guerra partigiana per la liberazione dal nazi-fascismo e a battersi perché i princìpi che la animarono diventino elementi essenziali nella formazione delle giovani generazioni. E Avagnina non ne fa solo una questione di principio. Lo scorso anno infatti due classi del liceo scientifico hanno partecipato ad un progetto di alternanza scuola-lavoro, impegnandosi a leggere e catalogare dei documenti della sezione lecchese dell’Anpi, creando così un database ricercabile per categorie. “Nelle comunicazioni venivano nominati i partiti dell’epoca del Dopoguerra e i ragazzi rimanevano disorientati, la conoscenza della storia di quel periodo e degli anni seguenti per noi è fondamentale. È importante che i giovani sappiamo come sono stati conquistati i diritti di cui adesso godono, come anche le battaglie degli anni ’60 e ’70 per lo Statuto dei lavoratori, per la pace, per l’aborto. Devono imparare che i diritti non sono dati una volta per tutti ma che sono costati lotte, che c’è stato un lungo impegno per arrivarci”. Oggi, dall’osservatorio dell’associazione dei partigiani, non c’è molto spazio a scuola per imparare questa parte di storia, se non per iniziativa di qualche singola e volenterosa insegnante. Eppure del terreno fertile ci sarebbe: “Nonostante fossero un po’ ‘a digiuno’ i ragazzi dell’alternanza ci hanno stupiti. Una volta stimolati si sono incuriositi, hanno iniziato a tempestarci di domande e si sono appassionati. Anche quando siamo invitati per gli interventi a scuola o accompagniamo le classe lungo i percorsi della Resistenza riscontriamo sempre grande attenzione, anche se il nostro intervento risulta più efficace quando c’è un lavoro degli insegnanti prima. I giovani sono fertili, ma è importante seminare”. Chissà se l’educazione civica potrebbe essere un buon aratro. È possibile firmare a sostegno della proposta di legge fino all'inizio di dicembre.
M.V.