Amarcord: il leggendario Nicolò Carosio, telecronista anche del Lecco

Il radiocronista Nicolò Carosio
Toh chi si “risente”? Il più bravo radio e telecronista italiano del calcio, il quasi leggendario Nicolò Carosio. Il quotidiano La Verità gli ha dedicato un’intera pagina per ricordare che, come dice il titolo dell’ampio servizio, è stato “rovinato” da una frase razzista, che però non pronunciò mai. L'omaggio a Nicolò Carosio è affidato ad una penna veterana del giornalismo sportivo, il genovese, o meglio rossoblu genoano, Cesare Lanza. L’autore del servizio sottolinea: “Era un teatrante. Ricordo ancora la sua radiocronaca Italia-Inghilterra del 1952, avevo dieci anni, coloriva, ma ti faceva sentire allo stadio: non so quante volte balzai in piedi ed urlai”. La scomparsa di Nicolò Carosio avvenne nel 1984; era nato a Palermo nel 1907. Ha rappresentato la storia del giornalismo radiofonico e televisivo più di tutti. Arrivò alla EIAR, la Rai di allora, improvvisando racconti immaginari. Nel Capodanno 1933 la sua prima partita di cronaca radiofonica è stata a Bologna, per l’incontro internazionale Italia-Germania. Alla sua morte nel 1984 i lecchesi si interrogarono se il grande cronista fosse stato qualche volta al Rigamonti, o avesse commentato partite del Lecco negli anni migliori dei blucelesti in serie A. Le ricerche hanno accertato che Carosio è stato presente allo stadio quando il Lecco era in B. La conferma avviene dal Giornale di Lecco del 27 aprile 1964, con il tabellino classifica sul voto del rendimento dei giocatori della partita Lecco-Cagliari 2 a 0. Si trattava di un recupero, in quanto il precedente incontro fra le due squadre del 12 gennaio 1964 era stato rinviato per un’abbondante nevicata. Il tabellino della votazione elenca i giornalisti che, in tribuna stampa, giudicarono i blucelesti contro il Cagliari. Erano Nicolò Carosio, Giorgio Gnecchi, Giacomo De Santis, Ugo Bertini, Luigi Spreafico, Sergio Frigerio.
Il francobollo commemorativo
per il centenario della nascita
Carosio non fece radiocronaca o telecronaca, era solo curioso di essere una volta a Lecco, al Rigamonti, dopo aver sentito e letto che “il piccolo stadio con il Lecco in serie A, ma anche in B, saltava in aria ad ogni goal, ad ogni marcatura dei blucelesti”. Come telecronista seguì, invece, il Lecco in serie B, nella partita di domenica 17 settembre 1967, disputata allo stadio Marassi di Genova, con il risultato di Genoa-Lecco 1 ad 1. Era ferma, in quella domenica di metà settembre, la serie A e venne trasmesso il secondo tempo di un incontro di B: la scelta cadde appunto su Genoa-Lecco, arbitrata da Gonella, di Torino. Le note dell’incontro parlano di giornata stupenda, di terreno in ottime condizioni. Il Lecco era andato in vantaggio al 28’ del primo tempo, con una rete di Giorgio Azzimonti, il non dimenticato estroso centrocampista, originario di Busto Arsizio, che ha avuto poi famiglia a Lecco, dove è deceduto due anni or sono. I rosso-blu padroni di casa pareggiarono nel secondo tempo, con Mascheroni. La telecronaca di Nicolò Carosio è stata quella del secondo tempo. Carosio ricordò che sulla panchina del Lecco c’era Eraldo Monzeglio, giocatore della Nazionale, campione del mondo nel 1934 e nel 1938: era uno dei tre giocatori presenti in entrambe le formazioni vittoriose, guidate da Vittorio Pozzo.
Eraldo Monzeglio
Carosio aveva fatto entrambe le radiocronache delle indimenticabili partite della Nazionale campione del mondo. Monzeglio era arrivato a Lecco preceduto dalla fama di ottimo allenatore al Napoli ed alla Juventus, ma sulle sponde del Lario non ebbe analoghi risultati. Quella domenica calcistica di metà settembre 1967 è ricordata anche per una caratteristica eccezionale del Totocalcio: si registrò un solo 13; il fortunato vincitore ricevette 170 milioni. Ai 12 andarono 2 milioni e 735 mila lire ciascuno. Il caso ha voluto che Nicolò Carosio fosse il radiocronista di Genoa-Lecco, la squadra del cuore del giornalista Cesare Lanza, già menzionato per il ricordo di Nicolò Carosio. Nello stesso numero del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, Lanza ha infatti scritto: “Genoa è il club più antico, ha vinto nove scudetti, ma 100 anni fa. Se vincessimo il 10° metteremmo una stella sulla maglia. Non ci riusciremo mai, ma sperare si può, sì o no? Spero da 70 anni, da quando ne avevo 6, dico e proclamo questa passione. Speriamo, speriamo, il tifo genoano è uno stato dell’anima”. E oggi, più che mai è proprio il caso di gridare “Forza Genova”.
A.B.
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