Lecco perduta/110: il leggendario pitone di Prato Rubino


Sono passati ormai vent’anni da quella primavera lecchese in cui si scatenò una caccia al pitone in quartiere Bonacina. Già sul finire dell’estate e dell’autunno precedente diverse segnalazioni erano state avanzate da cittadini dediti a lavori campestri o impegnati in passeggiate circa la presenza di un grosso rettile nella zona fra Prato Rubino e Sant’Egidio, nella vallata del Caldone. Si parlava di un rettile di grosse dimensioni, e ciò faceva presumere che non si trattasse di una semplice vipera campestre. Gli avvistamenti d’autunno erano cessati durante la stagione invernale, ma all’arrivo del primo tepore primaverile erano ripresi, sempre nella stessa zona. Venne allora posta la domanda: “Dove ha svernato il pitone?”. La discussione fra cittadini interessati o incuriositi alla vicenda portava la seguente risposta: “Il pitone ha trovato rifugio sicuramente nei mesi nei quali non è mai stato avvistato, in quartiere Bonacina fra vegetazione rigogliosa e selvaggia”. Si parlò anche di canalizzazioni idriche deviate dal Caldone, ma da tempo abbandonate, che, sommerse dal bosco e dall’erba altissima, potevano offrire il rifugio invernale del pitone. Le segnalazioni, come detto, ripresero a primavera, accendendo nuovamente la fantasia popolare che, nella maggior parte dei casi, riteneva il serpente scappato da qualche circo operante nella zona. Il tempo, però, rivelò che non si trattava di una bufala, una fantasia, ma che il pitone esisteva veramente, anche se ridimensionato nella verifica veterinaria. Si trattava di una biscia dal collare di dimensioni superiori alle normali, ma non rara a trovarsi anche nei boschi lecchesi. La cattura, al termine di una caccia movimentata, avvenne in una calda mattina di primavera in località Prato Rubino. Fu opera di Claudio Pozzi, 64 anni, pensionato, residente a Prato Rubino, che non era un cercatore di serpenti, ma un esperto bocciofilo che aveva militato nella Crotta di San Giovanni ed al Circolo Ripamonti, in quartiere Bonacina. Dedito alla passione nel tempo libero dei lavori campestri, in quel mattino contrassegnato da un caldo da estate avanzata, mentre rivoltava un cumulo di fieno, si trovò la testa guizzante e furiosa del serpente con la lingua protesa, quasi a voler sputare veleno e rabbia. Riuscì col forcone a tenerlo sotto cattura e a dare l’allarme al servizio veterinario ASL, che arrivò prontamente sul posto con il Dott. Fabrizio Galbiati. Catturato il serpente e deposto in un sicuro paniere, si portò lo stesso alla volta di Casatenovo, dove un esperto di rettili lo avrebbe identificato: era una biscia lunga un metro e mezzo, dalle dimensioni eccezionali, ma per nulla pericolosa e velenosa. Terminava così la vicenda che per mesi aveva tolto la tranquillità a non pochi lecchesi. Claudio Pozzi, l’autore del ritrovamento, purtroppo non può ricordare quel giorno che gli diede popolarità non solo locale, in quanto scomparso da qualche anno. La stampa evidenziò: “Un pensionato ha scritto l’ultima parola del leggendario pitone in località Bonacina di Lecco”.
A.B.
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