In viaggio a tempo indeterminato/12: 'mingarlabar' Birmania, terra di pagode dorate, uomini con la gonna e grandi sorrisi
Dopo quasi un mese in Malesia è stato il momento per noi di visitare un nuovo Paese. E così, con sole due ore di volo da Kuala Lumpur, siamo arrivati a Yangon in Birmania.
Sono bastati questi 120 minuti per catapultarci in una realtà completamente nuova.
Le differenze le abbiamo notate appena usciti dall'aeroporto, quando, come spesso avevamo fatto in Malesia, abbiamo fermato un ragazzo per chidergli come raggiungere la fermata dell'autobus per la città. Il suo sorriso stampato e il suo ondeggiare la testa a destra e sinistra ci hanno fatto capire subito che comunicare non sarebbe stato facile. Sono poche, infatti, le persone che abbiamo incontrato da quando siamo in Birmania che parlano inglese. Per fortuna noi ce la caviamo con il mimo e sappiamo imitare alla perfezione il suono del treno, l'autista dell'autobus e la domanda chiave per il cibo per chi, come noi, certe parti della carne non le mangia: "ci sono delle interiora in quel piatto?".
A questo repertorio di gesti, abbiamo pensato fosse giusto aggiungere anche due parole fondamentali che abbiamo imparato a pronunciare: Ciao=mingarlabar e Grazie=Ge-Su-Bah. Ripetendole centinaia di volte a tutti quelli che incontriamo per strada ormai dovremmo aver capito il giusto accento e soprattutto abbiamo notato che lo sforzo è apprezzato. Anche gli sguardi più scettici si trasformano in enormi sorrisi appena ci sentono pronunciare la parola "mingarlabar" e a noi si calda davvero il cuore.
Oltre alla questione linguistica, l'altra differenza tra Malesia e Birmania che ci è balzata all'occhio appena arrivati nel nuovo Paese è stata l'architettura. Nelle grandi città come Yangon, quasi non c'è traccia degli enormi grattacieli in vetro e cemento di Kuala Lumpur. Al loro posto, piccole case, edifici bassi, tante capanne ma soprattutto un'infinità di pagode dorate che si illuminano con i raggi del sole. Oltre all'imponente Shewdagon Pagoda, visibile da ogni lato della città, a Yangon si possono incontrare templi con relative stupe dorate, praticamente in ogni angolo. Dato che circa il 75% dei birmani è buddista, di pagode ne servono davvero un'enorme quantità. Oltre all'oro usato per coprire la stupa, quello che ci ha davvero stupito è stato vedere le lucine colorate al neon che circondano e decorano le statue del Buddha... l'effetto che fanno è decisamente un po' kitsch!
Il terzo aspetto della Birmania che non potevamo non notare, riguarda l'abbigliamento. La maggior parte degli uomini porta la gonna. Si tratta del longyi birmano, una specie di lungo pareo colorato e decorato con motivi geometrici. Indossato con le immancabili infradito, unica calzatura in uso nel Paese. Sembra sia davvero comodo!! (nel video sopra ne potete vedere qualcuno!)
Potete seguire il nostro viaggio ogni settimana su LeccoOnline, sul nostro blog Beyond the Trip-Viaggio a tempo indeterminato oppure sulla pagina Facebook.
Sono bastati questi 120 minuti per catapultarci in una realtà completamente nuova.
Le differenze le abbiamo notate appena usciti dall'aeroporto, quando, come spesso avevamo fatto in Malesia, abbiamo fermato un ragazzo per chidergli come raggiungere la fermata dell'autobus per la città. Il suo sorriso stampato e il suo ondeggiare la testa a destra e sinistra ci hanno fatto capire subito che comunicare non sarebbe stato facile. Sono poche, infatti, le persone che abbiamo incontrato da quando siamo in Birmania che parlano inglese. Per fortuna noi ce la caviamo con il mimo e sappiamo imitare alla perfezione il suono del treno, l'autista dell'autobus e la domanda chiave per il cibo per chi, come noi, certe parti della carne non le mangia: "ci sono delle interiora in quel piatto?".
A questo repertorio di gesti, abbiamo pensato fosse giusto aggiungere anche due parole fondamentali che abbiamo imparato a pronunciare: Ciao=mingarlabar e Grazie=Ge-Su-Bah. Ripetendole centinaia di volte a tutti quelli che incontriamo per strada ormai dovremmo aver capito il giusto accento e soprattutto abbiamo notato che lo sforzo è apprezzato. Anche gli sguardi più scettici si trasformano in enormi sorrisi appena ci sentono pronunciare la parola "mingarlabar" e a noi si calda davvero il cuore.
Oltre alla questione linguistica, l'altra differenza tra Malesia e Birmania che ci è balzata all'occhio appena arrivati nel nuovo Paese è stata l'architettura. Nelle grandi città come Yangon, quasi non c'è traccia degli enormi grattacieli in vetro e cemento di Kuala Lumpur. Al loro posto, piccole case, edifici bassi, tante capanne ma soprattutto un'infinità di pagode dorate che si illuminano con i raggi del sole. Oltre all'imponente Shewdagon Pagoda, visibile da ogni lato della città, a Yangon si possono incontrare templi con relative stupe dorate, praticamente in ogni angolo. Dato che circa il 75% dei birmani è buddista, di pagode ne servono davvero un'enorme quantità. Oltre all'oro usato per coprire la stupa, quello che ci ha davvero stupito è stato vedere le lucine colorate al neon che circondano e decorano le statue del Buddha... l'effetto che fanno è decisamente un po' kitsch!
Il terzo aspetto della Birmania che non potevamo non notare, riguarda l'abbigliamento. La maggior parte degli uomini porta la gonna. Si tratta del longyi birmano, una specie di lungo pareo colorato e decorato con motivi geometrici. Indossato con le immancabili infradito, unica calzatura in uso nel Paese. Sembra sia davvero comodo!! (nel video sopra ne potete vedere qualcuno!)
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Angela e Paolo