Lecco: Merizzi, 'rivoluzionario in scarpette rosse' racconta i Sassisti della Val di Mello
Venerdì 23 Ottobre, al pari dei suoi apprezzatissimi ospiti, la Sala Ticozzi si è resa nuovamente testimone delle più grandi glorie di un alpinismo che ha fatto storia. Molto emozionato Jacopo Merizzi, abile intrattenitore della serata promossa dal gruppo alpinistico Gamma Lecco e dalla U.O.E.I. (Unione Operaia Escursionisti Italiani), in occasione della proiezione del film "Patabang", iniziata alle ore 21:00. "Lecco è sempre stato un mito per noi arrampicatori dell'alta Valtellina. E' stata una grandissima fortuna poter riportare qui le mie esperienze vissute da giovane".
Nata da una felice idea di Andrea Frigerio e diretta da Franco Fornaris, la pellicola "Patabang" ritrae le peripezie vissute da quel "gruppuscolo di giovani, i non meglio identificati sassisti, che al grido di lavorare meno e arrampicare di più si era asserragliato nella minuscola Val di Mello, in provincia di Sondrio". Era il 1976 quando, in concomitanza dei movimenti giovanili proletari, nasceva l'alba di un fenomeno destinato ad ampliare per sempre gli orizzonti dell'arrampicata classica: il Sassismo.
"Voi non fate alpinismo, voi fate i sassi, siete sassisti. E questo ci piacque. Così, adottammo quel nome che ci pareva divertente". Parole di Jacopo Merizzi, ancora irriverente e provocatore nel ricordare quei suoi momenti da "rivoluzionario in scarpette Rosse". Una scalata senza vetta, in fortissima antitesi con lo spirito classico, "per certi versi triste", di quegli anni.
I "veri alpinisti", sempre scarponi ai piedi, si sono visti improvvisamente "scalzati" a suon di gomma e di scarpette : "per l'alpinismo classico non erano altro che ciabatte, il massimo del peggio". Come ricordava Paolo Masa, furono proprio le "ciabatte" l'innovazione fondamentale grazie alla quale pochi goliardici adolescenti scavalcarono l'etica dell' alpinismo.
"Arrampicare in Val di Mello voleva dire, prima o poi, imbattersi nell'arrampicata in aderenza, la cui peculiarità era la difficoltà nel proteggersi. Era la navigazione in un mare di granito: dovevi sapere dove andare e dove approdare." Le nuove calzature hanno quindi rappresentato forse l'unica sicurezza dell'arrampicata in aderenza; uno stile tipico della Valle, ignoto fino ad allora, dove "l'incoscienza era l'arma fondamentae per sopravvivere". La rivoluzione sassista ha portato l'arrampicata su placche apparentemente prive di appigli, dove la chiodatura a pressione era difficoltosa e limitata la libertà di movimento e di scelta.
Le vie storiche, le poche rimaste anche nelle loro condizioni originali, vengo ripetute tutt'ora rarissimamente, a causa della loro scarsa sicurezza. Rispettare la natura non lasciando traccia del proprio passaggio era l'unica regola ferrea imposta dal Sassismo, il cui compimento è stato raggiunto con l'apertura della via Patabang.
Marco Corti
Nata da una felice idea di Andrea Frigerio e diretta da Franco Fornaris, la pellicola "Patabang" ritrae le peripezie vissute da quel "gruppuscolo di giovani, i non meglio identificati sassisti, che al grido di lavorare meno e arrampicare di più si era asserragliato nella minuscola Val di Mello, in provincia di Sondrio". Era il 1976 quando, in concomitanza dei movimenti giovanili proletari, nasceva l'alba di un fenomeno destinato ad ampliare per sempre gli orizzonti dell'arrampicata classica: il Sassismo.
"Voi non fate alpinismo, voi fate i sassi, siete sassisti. E questo ci piacque. Così, adottammo quel nome che ci pareva divertente". Parole di Jacopo Merizzi, ancora irriverente e provocatore nel ricordare quei suoi momenti da "rivoluzionario in scarpette Rosse". Una scalata senza vetta, in fortissima antitesi con lo spirito classico, "per certi versi triste", di quegli anni.
Lorenzo Livraghi e Andrea Venturini
Soltanto pochi istanti dopo, Paolo Masa ribadiva il carattere antiretorico della corrente Sassista : "Il Sassista è un giovane irritante, irrispettoso e iconoclasta", in contrasto con i miti dell' alpinismo del tempo, da Messner a Bonatti.I "veri alpinisti", sempre scarponi ai piedi, si sono visti improvvisamente "scalzati" a suon di gomma e di scarpette : "per l'alpinismo classico non erano altro che ciabatte, il massimo del peggio". Come ricordava Paolo Masa, furono proprio le "ciabatte" l'innovazione fondamentale grazie alla quale pochi goliardici adolescenti scavalcarono l'etica dell' alpinismo.
"Arrampicare in Val di Mello voleva dire, prima o poi, imbattersi nell'arrampicata in aderenza, la cui peculiarità era la difficoltà nel proteggersi. Era la navigazione in un mare di granito: dovevi sapere dove andare e dove approdare." Le nuove calzature hanno quindi rappresentato forse l'unica sicurezza dell'arrampicata in aderenza; uno stile tipico della Valle, ignoto fino ad allora, dove "l'incoscienza era l'arma fondamentae per sopravvivere". La rivoluzione sassista ha portato l'arrampicata su placche apparentemente prive di appigli, dove la chiodatura a pressione era difficoltosa e limitata la libertà di movimento e di scelta.
A destra Jacopo Merizzi
Le vie storiche, le poche rimaste anche nelle loro condizioni originali, vengo ripetute tutt'ora rarissimamente, a causa della loro scarsa sicurezza. Rispettare la natura non lasciando traccia del proprio passaggio era l'unica regola ferrea imposta dal Sassismo, il cui compimento è stato raggiunto con l'apertura della via Patabang.
A desta Paolo Masa
Jacopo Merizzi, si era reso successivamente protagonista di un'altra rivoluzione, semplice solo all'apparenza. Sostendendo per lunghissimo tempo il riconoscimento della Val di Mello come Riserva Naturale, Merizzi è stato capace di apprezzare "il bene che abbiamo, che non si può rovinare". Una lotta iniziata dai Sassisti, vicina al sentimento di ogni escursionista, alpinista o arrampicatore, da combattere vigorosamente "in punta di piedi", al fine di non intaccare la bellezza della natura.
M.Mi.