La Sottosezione della Polstrada di Bellano porta ora il nome dell'agente Francesco Pischedda a un anno dalla scomparsa
"Sono contentissima. In questo momento sono troppo emozionata per aggiungere altro". La commozione e l'infinito senso di riconoscenza verso quel Corpo che tanto le ha dato, avendo un marito che per un'intera vita ha vestito la divisa e tanto le ha tolto, strappandole da un momento all'altro, senza preavviso, il suo unico erede maschio, sangue del suo sangue, questa mattina era stampata sul volto della signora Diana: da quest'oggi la sede della sottosezione di Bellano della Polizia Stradale porta il nome del suo Francesco, dell'agente scelto Francesco Pischedda, medaglia d'oro al valor civile, morto nella nottata del 3 febbraio 2017 per le conseguenze di un volo di diversi metri compiuto inseguendo un soggetto straniero in fuga.
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Una lettera aperta, indirizzata direttamente a Pischi, che come ha sottolineato lo stesso numero uno della Polizia, è piaciuta propria per la sua naturalezza, spaccando un cerimoniale che ha corso il rischio di apparire ingessato, con un intervento, in rapida successione, dopo l'altro. Con l'operante, hanno però reso meno "formali" i discorsi di rito anche il Dirigente di Compartimento Roberto Campisi e il sindaco di Bellano Antonio Rusconi.
Il primo ha proposto alla platea uno spaccato, articolato in tre momenti, dal suo 2 febbraio 2017. Il ritorno a Bellano dopo vent'anni, incontrando di nuovo i suoi "ragazzi", rimasti tali nonostante il passare del tempo. La serata, trascorsa in contatto con il comandante della Polstrada di Lecco, Mauro Livolsi: "una radiocronaca infinita. Mi teneva costantemente informato. Desideravano finisse la partita e che Francesco vincesse quella partita. Anche ai supplementari, anche dopo i rigori. Il terzo momento è invece nella notte con il dottore del pronto soccorso che mi dice "ho fatto di tutto ma non ce l'ho fatta a salvarlo". Intitolare questa caserma è importante per i parenti e per i genitori" ha aggiunto, evidenziando altresì come la scelta compiuta sia però altresì importante per perpetuare il ricordo "in chi verrà". E' stato dato - ha aggiunto infatti Campisi - un nome e un cognome non solo a un edificio che accoglie uomini e donne ma anche "al lavoro oscuro e silenzioso che i ragazzi come Francesco, in tutta Italia, svolgono. Oscuro e silenzioso perché qui, a Bellano, si fa un lavoro quasi notturno che si svolge per chilometri e chilometri in galleria, al limite dell'eroismo".
Ringraziata a tal proposito Anas, "compagna di strada" come detto da Gabrielli, utilizzando la stessa espressione anche per definire tutti gli agenti della Polizia Stradale, al fianco di chi macina l'asfalto in lungo in largo lungo lo Stivale e a sua volta ripaga le divise l'affetto e la riconoscenza.
Oltre alla lapide in marmo, benedetta da monsignor Maurizio Rolla affiancato dal cappellano don Andrea Lotterio, un murales di Afran, ricorda ora, varcando l'uscio della struttura, il nome e il volto di un 28enne, papà di una cucciola che non vedrà mai crescere, spirato per senso del dovere.
La foto dell'agente Pischedda appesa all'ingresso della sede della Sottosezione
E proprio da quel maledetto cavalcavia di Colico, dal quale l'operante - ingannato forse anche dal buio e dalla nebbia, come detto illustrando il suo eroico gesto dalla speaker della cerimonia - si è gettato per acciuffare quello sconosciuto che viaggiava, con altri due connazionali, su un mezzo risultato rubato, è transitato poco dopo le 10 il Capo della Polizia Franco Gabrielli che, esattamente come un anno fa, ha voluto stringersi personalmente attorno alla famiglia del ragazzo e alla grande famiglia della Polstrada, "specialità che conta un decimo della nostra forza e che in questi anni ha donato il 50% delle vite al servizio del Paese, di uno dei diritti costituzionali essenziali, la possibilità di circolare liberamente sul territorio dello Stato [...]. Quando un nostro fratello ci lascia, è sempre una ferita grande. Queste parole possono sembrare retoriche alle orecchie di un padre e una madre, un padre che tra l'altro io ho avuto la fortuna di conoscere agli inizi della mia esperienza a Imperia e che ho reincontrato tragicamente, perché anche questo è il cerchio della vita, in quella tristissima e anche plumbea giornata in cui abbiamo dato l'ultimo saluto a Francesco" ha sostenuto parlando ad una platea di rappresentanti delle Istituzioni e di agenti, ognuno con il proprio grado e il proprio motivo personalissimo per essere lì, sulle sedie della tensostruttura allestita dinnanzi al piazzale dell'immobile condiviso con Anas, a ridosso di quella superstrada 36 percorsa avanti e indietro dalle pattuglie h.24, 365 giorni l'anno.Il capo della Polizia Franco Gabrielli
"Però la straordinarietà della vita e la straordinarietà anche della nostra amministrazione - ha proseguito Gabrielli al microfono - è il saper piangere e fare anche tesoro della nostra esperienza. Mi è piaciuto il collega quando ha usato il presente indicativo: "la bella persona che sei" perché la forza nostra è quella sì di ricordare ma anche di vivere di presenze che non sono più presenze fisiche, sono presenza di ricordi, che rappresentano però un momento fondamentale della vita di ognuno di noi" ha aggiunto, facendo riferimento al testo letto d'agente scelto Giuseppe Virgilio, un ricordo intimo, condiviso pubblicamente, non senza emozione, per presentare in poche, informali, parole il Francesco compagno di turno ma anche il Francesco compagno di serate e momenti liberi trascorsi in amicizia (in un articolo seguire il testo completo).VIDEO
Il primo ha proposto alla platea uno spaccato, articolato in tre momenti, dal suo 2 febbraio 2017. Il ritorno a Bellano dopo vent'anni, incontrando di nuovo i suoi "ragazzi", rimasti tali nonostante il passare del tempo. La serata, trascorsa in contatto con il comandante della Polstrada di Lecco, Mauro Livolsi: "una radiocronaca infinita. Mi teneva costantemente informato. Desideravano finisse la partita e che Francesco vincesse quella partita. Anche ai supplementari, anche dopo i rigori. Il terzo momento è invece nella notte con il dottore del pronto soccorso che mi dice "ho fatto di tutto ma non ce l'ho fatta a salvarlo". Intitolare questa caserma è importante per i parenti e per i genitori" ha aggiunto, evidenziando altresì come la scelta compiuta sia però altresì importante per perpetuare il ricordo "in chi verrà". E' stato dato - ha aggiunto infatti Campisi - un nome e un cognome non solo a un edificio che accoglie uomini e donne ma anche "al lavoro oscuro e silenzioso che i ragazzi come Francesco, in tutta Italia, svolgono. Oscuro e silenzioso perché qui, a Bellano, si fa un lavoro quasi notturno che si svolge per chilometri e chilometri in galleria, al limite dell'eroismo".
Ringraziata a tal proposito Anas, "compagna di strada" come detto da Gabrielli, utilizzando la stessa espressione anche per definire tutti gli agenti della Polizia Stradale, al fianco di chi macina l'asfalto in lungo in largo lungo lo Stivale e a sua volta ripaga le divise l'affetto e la riconoscenza.
Il momento in cui Valentina Pischedda ha scoperto la targa dedicata la fratello
Ed ecco dunque ancora una sottolineatura del "rapporto umano" con gli operanti arrivare dal giovane sindaco bellanese che, ricordando di aver guardato al Tricolore per cercare di dare un senso alla tragedia consumatasi tra il 2 e il 3 febbraio scorso, ha voluto rammentare come la proclamazione del lutto cittadino il giorno delle esequie non sia stata mera formalità: "i bellanesi hanno voluto stringersi al Corpo della Polizia di Stato" ha detto, parlando della Polizia di Stato come di uno scudo che, rompendosi come successo con la morte dell'agente Pischedda, chiede quantomeno che il sacrificio non sia vano ma venga preservato, nella memoria.Il murales realizzato da Afran
A Valentina, sorella di Francesco, l'onore di scoprire la targa. Al papà e all'ispettore Ezio Ferrante, capo dello locale sottosezione, invece è andato l'attestato di intitolazione.Oltre alla lapide in marmo, benedetta da monsignor Maurizio Rolla affiancato dal cappellano don Andrea Lotterio, un murales di Afran, ricorda ora, varcando l'uscio della struttura, il nome e il volto di un 28enne, papà di una cucciola che non vedrà mai crescere, spirato per senso del dovere.
A.M.