Lecco: sopravvissuta a un aborto salino, Gianna Jessen racconta la sua 'battaglia spirituale'

Il tema della vita in tutte le sue sfaccettature e controversie attuali è ritornato sotto i riflettori del panorama lecchese, e in particolare martedì 21 novembre lo ha fatto presso il Teatro Cenacolo Francescano, attraverso la voce anglofona dell'attivista antiabortista Gianna Jessen, autodefinitasi "la bambina di Dio".
"Siamo profondamente toccati dal suo coraggio e dalla sua determinazione nel voler proclamare un diritto alla vita, uno dei valori di Dio" è stato il commento di un membro di "Recobot", l'associazione organizzatrice dell'evento. "Questa testimonianza ha un motivo ben preciso: toccare i nostri cuori e allontanare l'indifferenza con cui viene trattato questo argomento" ha poi concluso, giudicando l'aborto come una "pratica omicida che lo Stato ha reso lecita".

A sinistra Gianna Jessen, insieme ad un'organizzatrice dell'associazione Recobot

Un incipit rivolto non solo all'enfatizzazione di un argomento sociale tanto attuale quanto ancora delicato, ma anche a "tutte quelle donne che si sentono morte dentro dopo aver praticato l'aborto, perché non hanno il coraggio e la forza di perdonarsi".
Sulla stessa scia si sono collocati anche gli interventi di Rosario Corti, Presidente del "C.A.V. - Centro Aiuto alla Vita", del Presidente del gruppo "ASEMI - Associazione Scoutistica Evangelica Milano e Interland" e per ultimo di Toni Brandi, Presidente di "Pro Vita" Onlus.
Sono state proprio sue le parole più taglienti della serata: "L'aborto è un omicidio e in particolare il peggiore degli omicidi, perché perpetrato su un essere inerme che non si può difendere. In più, cosa altrettanto grave, le donne che abortiscono in Italia non sono informate circa i rischi alla salute come infezioni, emorragie, cancro al seno e addirittura morte" ha asserito lapidario il leader del sodalizio lecchese, citando la triste vicenda di Charlie Gard, che mesi fa ha catalizzato l'attenzione mediatica britannica ed internazionale, e insistendo a gran voce sulla "necessità impellente" di abrogare la legge 194 relativa all'aborto.

Dopo la breve esibizione corale e la testimonianza religiosa proposta da Valeria, giovane lecchese che ha voluto condividere con la platea l'importanza della fede nella sua vita, la parola è passata di diritto all'ospite d'eccezione della serata.
"La mia madre biologica si recò alla Planned Parenthood, la più grande clinica abortista del mondo e si sottopose ad un aborto salino tardivo quando la gravidanza era ormai oltre il settimo mese" ha affermato senza addolcire la pillola, ma presentando al pubblico il suo crudo esordio alla vita. Il tipo di procedura descritto dalla Jessen consiste nell'iniezione direttamente nell'utero materno di una soluzione salina in modo che il nascituro, inghiottendola, ne venga accecato e soffocato per poi "nascere morto" entro le successive ventiquattr'ore. Ma così non è stato per Gianna che, dopo 18 ore, contro ogni previsione, è infatti venuta al mondo, viva.

Toni Brandi, Presidente di Pro Vita Onlus e Rosario Corti,  Presidente del “C.A.V. – Centro Aiuto alla Vita”

A destra il Presidente del gruppo “ASEMI - Associazione Scoutistica Evangelica Milano e Interland”

"Se sono qui è grazie a Gesù, lui è la mia storia dall'inizio alla fine" ha proseguito, a volte in un italiano stentato e altre aiutata dall'interprete Angela Menini. "So che ci sono donne qui che hanno interrotto la gravidanza o uomini coinvolti in storie di aborto: se siete tra queste persone vi faccio i complimenti perché ci vuole coraggio ad essere qui oggi. Nonostante io creda che l'aborto sia un omicidio, non sono qui per farvi provare vergogna, perché so che Gesù vi potrà perdonare se lo volete veramente: l'aborto è una battaglia spirituale che può essere combattuta con luce, amore, gentilezza, passione, verità e tanta tenerezza".
La "battaglia spirituale" di Gianna è iniziata letteralmente dalla culla, quando - grazie alla fortuita assenza del medico abortista - è stata salvata da un'infermiera che ha chiamato un'ambulanza facendola trasferire in un ospedale. Dopo la travagliata permanenza presso una prima casa famiglia, a soli diciassette mesi è stata affidata alla signora Penny, di cui ancora parla con occhi lucidi e voce intenerita ricordando gli anni in cui la donna si è presa amorevolmente cura di lei e altri 55 bambini orfani.
La conquista di una famiglia e una casa in cui crescere non sono state però il lieto fine sperato da Gianna, le cui fatiche non si sono affatto arrestate: la cupa diagnosi di una paralisi cerebrale causata dalla mancanza di ossigeno nel suo cervello durante il tentativo di aborto ha messo a dura prova la sua crescita, alimentandone al contempo l'empatia nei confronti di "tutti quei bambini disabili che vengono abortiti, in linea con alcune concezioni passate tra cui quella di Hitler".

"Nessuno può decidere che la mia vita sia meno importante solo perché sono più debole: è dalle persone più fragili che impariamo la saggezza" ha affermato. "Mi dissero che con quella paralisi cerebrale non mi sarei mai alzata dal letto, ma così non fu. A tre anni ho iniziato a camminare con l'aiuto di molta terapia fisica e adesso ho un 'equilibrio pazzo' ma mi va bene così, perché sono sicura che non lo avrò per sempre e un giorno le mie gambe saranno libere di andare". 
Nel frattempo, come lei stessa ha dichiarato, racconterà di Gesù e porterà avanti la sua missione a favore della vita, convinta che salvando un bambino permetterà, non solo a lui ma a tutti le generazioni future che si dirameranno da quell'unica radice, di crescere e vivere serenamente.
Un carattere solare, animato da una forza di volontà ed una venerazione per la vita che solo chi è stato letteralmente ad un passo dalla morte può avere: la fede, che negli anni le ha permesso sia di affrontare delicati interventi alla spina dorsale sia di gareggiare in sfiancanti maratone di ore, l'ha convinta oggi di essere "destinata a vivere l'impossibile", conquistando i suoi fan non solo con aneddoti gioiosi ma anche con il nudo racconto di episodi più dolorosi e significativi.
Tra questi, l'incontro con la madre biologica al termine di uno dei tanti eventi ai quale la Jessen ha presenziato come ospite. "Si è presentata dicendomi semplicemente "ciao, sono tua madre", senza alcun preavviso. In quel momento l'ho guardata e ho ammesso a me stessa che la mia battaglia non era né contro di lei né contro nessun altro essere umano. Le ho risposto semplicemente che la perdonavo, mentre lei di rimando mi urlava di non volere la mia assoluzione".
Nonostante le cicatrici collezionate negli anni, Gianna quindi non ammette di essere etichettata come vittima ma al contrario si definisce una "vittoriosa", incoraggiando anche il pubblico a fare lo stesso. "So che ci vorrà ancora molta forza di volontà per fare tutto quello che sogno di fare, tra cui scalare una montagna, ma penso che ci riuscirò: non ho pianificato una sedia a rotelle e tantomeno ho pianificato la sconfitta perché io ne uscirò vincitrice".
Francesca Amato
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.