PERCHE' LA SICILIA

Quando rivedo " Mediterraneo", il film di Gabriele Salvatores che ha vinto l'Oscar, (se un film vale lo si può rivedere all'infinito e sarà sempre come la prima volta perché scopri ogni volta qualcosa di nuovo o che merita una nuova chiave di lettura, fateci caso) mi colpisce sempre la frase che segue la parola fine e che recita " Dedicato a tutti quelli che stanno scappando". In un certo senso sono scappato anch'io. Non da una guerra, ma da  un dolore. La fuga, anche se fatta alla luce del sole, è sempre una rinuncia. Poi te ne fai una ragione e la solitudine che ti sei scelto si propone e ti avvolge in quelli che sono i suoi lati positivi: il silenzio, la riflessione, l'astrazione, il distacco, pur consapevole e mai totale perché i ricordi, i rimorsi e i rimpianti di tanto in tanto riaffiorano come foglie, talune aguzze, cadute da un ramo e adagiate sull'acqua. La mia Sicilia oggi è questo: un soffice tappeto di erba ed acqua nel quale sprofondi senza annegare, avvolto in un senso di protezione da tutto e da tutti. Otto mesi su dodici ti trovi a chiedere strada a greggi di pecore, di capre, di vacche.


Che non te la danno, la strada, e mentre aspetti che il pastore le parcheggi sul prato non puoi che guardarti attorno e sentirti avvolto e tramortito da un senso di pace che la bellezza della natura trasforma in note musicali. Se poi stai ascoltando un cd di Antonio Carlos Jobim, beh allora è estasi. Eppure da quando sono qui me ne sono capitate di tutti i colori : ho intaccato la purezza della mia patente di guida e visti decurtati sei punti per essere andato a 70/h all'esterno di centri abitati lungo strade a scorrimento veloce dove neppure le pecore osano avventurarsi, rotti il catalizzatore e il climatizzatore della mia Opel, schiantati gli ammortizzatori posteriori, scaricata la batteria. In casa ho subìto  sotto terra due rotture delle tubazioni dell'acqua per fortuna in giardino, subito individuate da un muratore rabdomante. Poi è arrivata la malattia, di quelle brutte che io ho lasciato defluire con quel fatalismo che mi contraddistingue. Non avevo fatto nulla per coltivarla, ma è il vento che trasporta le sementi a tua insaputa. Rimediata, per il rotto della cuffia, mi sono detto che quelle elencate erano tutte prove da superare per essere accettato da questa isola bistrattata, vilipesa, ma generosa ed ospitale. Non l'ho ricevuto l'attestato, quindi sto all'erta.  Ma - scuoterete la testa, lo so - i momenti più incredibili non sono quelli trascorsi in riva al mare, calato in una seggiola di tela e alluminio a leggere l'ultimo Camilleri ed a crogiolarmi al sole. No. Sono quelli - udite, udite - trascorsi sprofondato nel divano a vedere un dvd della serie Montalbano, sia vecchio che giovane. L'intera serie l'avrò vista, in rigoroso ordine cronologico, almeno tre volte. Due dvd al giorno sono oltre tre settimane, una full immersion nella Sicilia dentro la Sicilia. Non è una banalità, almeno per me. E' come avere due cuori che pulsano all'unisono. Questa fiction, datata 1999, ha resistito per 17 anni e nei prossimi mesi vedremo le due ultime puntate girate in tarda primavera nella Sicilia barocca come sempre è stato e ancora sarà. Una fiction che ha mantenuto inalterati cast e qualità. Ci sono stato con mio figlio Camillo a Santa Croce Camerina, località Puntasecca, davanti alla casa di Montalbano il giorno stesso in cui è arrivata la troupe. Ho chiesto di poter parlare trenta secondi con il regista, l'ormai ultrasettantenne varesino Alberto Sironi. Gli avrei stretto la mano e detto semplicemente e unicamente  " grazie". Non ci sono riuscito. Ma Zingaretti, già pronto per le prime riprese, si è avvicinato ai turisti e si è prestato a farsi fotografare.


In quella settimana della primavera 2016, ho visitato una buona parte della Sicilia del commissario e non potete immaginare l'emozione di riconoscere tante delle location scelte dalla troupe. Persino un tratto di litorale anonimo dove era stata girata la scena di un quasi incidente stradale con Montalbano al volante della sua scassata Punto assieme all'attrice Barbora Bobulova. Per un cinefilo quale io sono è stata la prova finale che anche la Sicilia cinematografica mi ha favorito. Da quella primavera non ho più viaggiato. Anche se guarisci del tutto qualche strascico rimane tanto per farti ricordare il pericolo scampato. Ma sto così bene a casa mia. Sono coccolato e viziato dai vicini di casa Erina e Mariola, ho gli amici con i quali fumo l'ennesimo sigaro e faccio quattro chiacchere: Vito il barbiere interista, Saverio, maresciallo dell'Arma in pensione cui spararono quando era in servizio, Baldo - detto Chiodo -  che per avere perso con me la scommessa che il Barcellona avrebbe fatto fuori la Juve nella semifinale di Coppa dei Campioni ha accettato di indossare gli slip ufficiali dei catalani - fatti arrivare appositamente a mie spese dal merchandising della società blaugrana - e mostrarsi nella sua integrità di sessantenne e più a riposo in un giretto panoramico dentro il Makari caffè, tana di juventini. Mutande gialle con il logo della società e quattro strisce rosse, il sangue fatto versare ai catalani dalla vecchia signora.


Poi c'è l'amico Santino, ex comandante della Polizia Locale di San Vito Lo Capo, ora commerciante, regista teatrale e cantastorie. Con lui si parla di politica, di società, di amministrazione locale e di inciviltà diffusa, ma di quest'ultimo piatto avvelenato oggi non voglio parlare. Rinviato alla prossima puntata. Nelle sere d'estate Santino si siede davanti al suo negozio di ceramiche pregiate, imbraccia la chitarra e canta. Via Farini, una delle tante viuzze del centro storico, si riempie di gente che ascolta estasiata e applaude. Oggi voglio cercare di trasmettervi un briciolo della magia di questa isola unica nel suo genere, anche se ho la consapevolezza di essere detentore di un vocabolario  ristretto e inadeguato.  Uno dà quello che ha. Vi rimando a Goethe.Ci sono poi Alessandro - che io chiamo Alex Sandro -, la moglie Mariolina titolare del Makari Caffè, il centro degli " intellettuali" della frazione, le bariste Silvia ed Enza che ogni mattina o quasi mi servono la colazione. C'è Luigi, juventino doc, muratore con il sigaro sempre in bocca, con il quale gioco a chi è il primo ad offrire la colazione all'altro, Baldo detto Due - per non fare confusione con Baldo detto Chiodo -  l'ex fontaniere che per tanti anni si è occupato di distribuire l'acqua alla frazione, aprendo e chiudendo le valvole nei chiusini perché qui d'estate l'acqua potabile è razionata. La cosa grave è che l'erogazione avviene ad minchiam, ovvero secondo l'umore del fontaniere del momento e mai che ti riesca di mettere insieme cinquanta isolani per fare pressione in Comune. Singolarmente tutti leoni, in gruppo....terminate voi la frase. Però non ti manca niente sotto l'aspetto sostanziale. Ho verificato la sanità, la raccolta del rifiuti solidi urbani, il servizio postale. Funziona tutto se non pretendi la perfezione, che non esiste.


Poi a Castelluzzo ti servi da Paolo, il macellaio di qualità che tifa Napoli. E Alfio, il tabaccaio & giornalaio, sempre sorvegliato dalla moglie, la signora Antonia. Lì dentro, un negozietto stracolmo di giornali e riviste, una volta ogni tanto mi gioco 10 euro al 10eLotto. Gioco sempre il 90, la paura,  due volte  su tre vinco e mi guadagno la  giornata. E c'è l'impiegato dell'Ufficio PT venuto da Milano che ogni volta che mi vede non riesce ancora a credere di avere incontrato  quaggiù un brianzolo. La lista degli amici è lunga, non mi riesce di citarli tutti. Talvolta mi capita di fare l'autista a Caterina Ardizzone, detta Erina, mia vicina di casa. La porto a Palermo, zona Mondello. Ma è un po' che non me lo chiede. Ho concluso che non apprezza la mia guida veloce. Quando sorpasso mi ha detto di avere l'impressione di fare - lei, non l'auto - pelo e contropelo all'automezzo superato. E' che io guido veloce. Ho deciso che la capacità di guida è il termometro del mio stato di salute psicofisico, ma è giusto che non debba alterare quello altrui. Infine ci sono tanti amici o ex clienti dello studio che mi vengono a trovare, anche solo per un saluto e un abbraccio. Il 28 febbraio, giorno del mio 70esimo compleanno, sono venuti a festeggiarmi tutti i miei ex dipendenti e due colleghi di Lecco, amici di gioventù. Non me l'aspettavo, mi hanno fatto un'improvvisata. Vederli uscire ad uno ad uno dal terminal dell'aeroporto Birgi di Trapani, mi ha fatto venire un tuffo al cuore. Ancora oggi quando ci penso mi viene il magone. Mi hanno fatto un regalo bellissimo. Ci siamo seduti in casa, abbiamo mangiato la torta, sbevazzato. Mi hanno riempito di regali. Mi hanno fatto la hola. Quando sono ripartiti non sono riuscito a dire loro che quei due giorni trascorsi insieme avevano finalmente dato un senso compiuto a una vita di lavoro. Ha prevalso la commozione, mia e loro. Mi hanno preso alla sprovvista. Un colpo gobbo che mi ha reso felice. Chissà se li rivedrò mai di nuovo e tutti assieme.


Quando cala la sera e l'aria ti attraversa la casa da una tenda all'altra e il silenzio della notte parla una lingua tutta sua, tu capisci perché un detto siciliano, riadattato per il film " Benvenuti al Sud" dice . " ci sono due tipi di siciliani: quelli che non se ne vogliono andare e quelli che se ne vanno e non vedono l'ora di tornare". Ecco perché la Sicilia e non la Tunisia.Chiedo venia se ho dedicato questa puntata ad alcuni fotogrammi della mia vita qui. E' ancora estate e c'è troppa luce per offuscarla con una eclisse parziale di problemi esistenziali. D'altronde con alcuni miei lettori credo di avere instaurato una sorta di famiglia allargata, virtuale, ma non asettica. Mi sbaglio?
Alberico Fumagalli
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