1987: alluvione in Valtellina anche Lecco ricorda la tragedia

Lecco può ricordare la Valtellina del luglio 1987, prima alluvionata con l'esondazione dell'Adda in diversi tratti del suo alveo valligiano e poi investita dall'immensa frana del Monte Coppetto, che cancellò due paesi in Valdisotto.
Lecco divenne centro di retrovia delle operazioni di soccorso, mentre sotto nubi oscure di pioggia affluivano le prime colonne mobilitate dalla Protezione Civile con il ministro Giuseppe Zamberletti.

Panorami della Valdisotto, nel luglio 1987


Nella cronaca dell'alluvione di Valtellina divennero noti i Comuni di Tartano, Talamona, Morbegno, Fusine, Colorina, Berbenno, oltre a Cercino, Chiuro, Torre Santa Maria, Sant'Antonio Morignone, Civo, Cosio, oltre il capoluogo Sondrio. Le colonne motorizzate che giungevano a Lecco dalla Superstrada 36 erano attese al Ponte Nuovo di via Leonardo da Vinci da pattuglie di vigili urbani motociclisti che, a sirene spiegate, facevano strada sul lungolago, sino all'imbocco del raddoppio della Superstrada 36, in località Caviate. Al distributore Brick Tamoil era in funzione il posto di blocco della Polizia Stradale: era possibile passare solo se diretti sino all'Alto Lario, in quanto a Morbegno verso Talamona la strada era già stata cancellata dall'esondazione dell'Adda. Erano saltati i collegamenti telefonici; furono provvidenziali i radioamatori. Turisti lecchesi che avevano lasciato Bormio per il ritorno a casa visto il maltempo, furono bloccati dall'Adda fuoriuscita in località Ponte del Diavolo; si salvarono, con altri automobilisti, arrampicandosi sul pendio verso la località alpestre di San Martino, dove furono accolti nel complesso agricolo locale. I lecchesi sfuggiti alla furia dell'Adda al Ponte del diavolo vennero dati per dispersi (tra loro c'era il sindaco di Mandello, Mainetti). Non avendo possibilità di collegamenti telefonici, riuscirono a dare notizie rassicuranti grazie ad un radioamatore collegato con l'emittente televisiva lecchese TSL.

Segnali di interruzione della Statale 36, in località Caviate-Lecco

 

Un centro operativo per le operazioni di soccorso venne installato a Morbegno, dove affluirono reparti militari di varie specialità, mezzi anfibi dei vigili del fuoco, unità mobili della Protezione Civile, crocerossine, volontari vari. Affluirono autoambulanze, autocisterne, cucine da campo, gruppi elettrogeni, ruspe ed idrovore. Un altro centro di coordinamento operazioni di soccorso divenne, poi, attivo presso il collegio dell'Opera don Folci, a Colorina.
I mezzi anfibi dei vigili del fuoco furono impegnati a salvare dai tetti delle case, dove si erano rifugiati, i residenti di Pian della Selvetta e della Piano di Berbenno, territorio invaso dall'acqua che aveva rotto gli argini.

 

Furono settimane terribili, divise in due fasi: la prima a metà luglio con l'esondazione dell'Adda dopo piogge torrenziali in più punti; la seconda con l'immensa frana del Monte Coppetto e con il lago formatosi in Val Pola.
Colonne di volontariato vennero organizzate nel lecchese ed in Valsassina, in particolare con gruppi alpini di Cortenova d Introbio ed imprese private, che mettevano a disposizione attrezzature di scavo e di rimozione. Le squadre furono particolarmente attive a Pian della Selvetta, a Colorina ed a Sirta. E' stato un impegno che continuerà sin oltre la tremenda frana del 28 luglio, che provocò 29 morti, solo due dei quali ritrovati, e cancellò due paesi.

Panorama del Comune di Fusine, che venne sconvolto dal torrente Madrasco, affluente dell’Adda

 

La frana ostruì il corso dell'Adda, generando un largo invaso d'acqua, detto lago di Pola, con minacce di crollo nella vallata sottostante. Le piogge della fase iniziale di metà luglio avevano già provocato 24 morti; di 12 non si sono ritrovate le salme. Un bilancio tremendo, che avrebbe potuto essere più pesante, anche in termini di vite umane, se non fosse avvenuta un'immediata mobilitazione di soccorso.
Diversi Comuni della Valtellina stanno ricordando, trent'anni dopo, i tragici eventi. Il Comune di Fusine, devastato dalla furia del torrente Madrasco, affluente dell'Adda, ha promosso un'apposita serie di iniziative. L'esondazione del Madrasco provocò gravi danni al complesso industriale di Giacomo Frigerio, lecchese di Acquate, popolare imprenditore che si è distinto nell'operazione di rilancio della funivia Versasio-Piani Erna.

L’assessore Monica Taschetti premia un’alunna di Fusne

Le iniziative commemorative del Comune di Fusine sono coordinate dall'assessore Monica Taschetti, lecchese del quartiere Chiuso, da vent'anni residente in Valtellina. Una foto che viene pubblicata vede la premiazione di alunna della pluriclasse 4^-5^ per un disegno rievocativo su Fusine trent'anni dopo l'alluvione.
Aloisio Bonfanti
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