Lecco Perduta/59: nel lago si "bagnavano gli occhi" prima di Pasqua

C’erano tradizioni della Pasqua d’altri tempi, in particolare nella prima metà del Novecento. Il movimento pasquale era iniziato il sabato di vigilia della domenica delle Palme, con i barconi carichi di rami d’ulivo, che approdavano presso il porto di Lecco lungo l’attuale sponda di piazza Cermenati.
Otto giorni dopo, il sabato santo, un altro movimento singolare caratterizzava la riva del lago non appena le campane di san Nicolò avviavano i tocchi festosi della Resurrezione: si ripeteva l’usanza di correre al lago per bagnare gli occhi. Era considerata una valida misura protettiva per tenere buona la vista. Le acque del lago erano limpide e tranquille sotto il sole di primavera.

La riva del lago dove si bagnavano gli occhi per la Pasqua

La domenica delle Palme del 1921 prendeva avvio la tradizione della rappresentazione della Passione con musiche di Giuseppe Zelioli, organista di San Nicolò, al quale oggi è dedicata la scuola civica di musica di Villa Gomes, in quartiere Maggianico. E’ stata una rappresentazione durata tanti anni; un vero “colossal” di impegno organizzativo per l’Oratorio San Luigi di quel tempo, non solo per la preparazione musicale, ma per i costumi d’epoca conservati poi nel guardaroba teatrale della filodrammatica locale.
Il lunedì dell’Angelo era, invece, il giorno delle processioni del Perdono, quelle della vivace disputa secolare fra Lecco e Castello. Gli anni dispari le processioni arrivavano dalle varie parrocchie in San Nicolò a Lecco; in quelle pari  Santi Gervasi e Protasio, a Castello. Quest’anno le processioni sarebbero arrivate a Lecco. Sono però scomparse da oltre 60 anni, dopo le prime difficoltà registrate nel 1952/1953, quando si muovevano su strade già battute dalla crescente motorizzazione. Furono, così, le ultime di una tradizione plurisecolare avviata nel 1612.
Anche le scampagnate fuori porta si trasformavano in gite automobilistiche e motociclistiche, perdendo il primitivo sapore di sana camminata nell’aria libera e frizzante di primavera. Insomma anche la “trasferta” veniva rallentata dalle solite colonne lungo le arterie del lago e verso i monti. E così, per qualcuno, le uova di Pasquetta rischiavano di rimanere sullo stomaco.
A.B.
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