Varenna: confronto tra periti sulla dinamica del sinistro nel quale morì un centauro 21enne dopo l'impatto con una bici
Sarebbe stata la manovra del ciclista, improvvisa ed inspiegabile, a causare l'impatto - rivelatosi poi fatale - con il centauro che proveniva dall'opposto senso di marcia. E' in sintesi il contenuto della perizia prodotta dall'ingegner Domenico Romaniello di Monza, consulente del pubblico ministero chiamato a fare luce sulla morte di Riccardo Parisi, il 21enne di Sesto San Giovanni venuto a mancare il 14 settembre 2014 a seguito di un tragico sinistro stradale verificatosi sulla strada provinciale 72 a Varenna.
Imputato con l'accusa - ancora tutta da dimostrare - di omicidio colposo (secondo l'articolo 589 c.p.) è Giovanni Giombelli, 56enne milanese difeso di fiducia dall'avvocato Emanuela Rancati.
L'esito della perizia, reso noto martedì mattina in tribunale a Lecco nel corso dell'udienza svoltasi dinnanzi al giudice monocratico Salvatore Catalano e al pubblico ministero Cinzia Citterio, si sarebbe basato su dati oggettivi, partendo dai rilievi dei Carabinieri della stazione di Bellano e dalla testimonianza di un'agente di Polizia locale che stava prendendo servizio a Varenna proprio negli istanti in cui si era verificato il sinistro.
Tenendo conto dello stato in cui sono stati rinvenuti la bicicletta di Giombelli e la Kawasaki Z750 in sella alla quale viaggiava Parisi, il consulente del pm ha ricostruito la dinamica dell'incidente. Il centauro stava viaggiando lungo la SP72 in compagnia di un amico, diretto verso il centro abitato di Varenna; giunto all'altezza della località Fiumelatte sarebbe però avvenuto l'impatto, violentissimo, con la bicicletta che proveniva da uno slargo della carreggiata. Sembra infatti che l'imputato stesse facendo inversione di marcia, forse per raggiungere i compagni che erano rimasti indietro, oppure per avvicinarsi alla corsia opposta, che confina con il lago.
Sta di fatto che - secondo la relazione dell'ingegner Romaniello - il velocipede si sarebbe posto in posizione trasversale rispetto all'arrivo del centauro. L'analisi dei danni riportati dai due mezzi avrebbe infatti confermato questa ricostruzione: la bicicletta appariva spezzata in tre parti, con evidenti deformazioni sul lato sinistro. Al contrario la motocicletta ha riportato danni nella parte opposta, conseguenti anche allo scivolamento sull'asfalto e al successivo impatto con il muretto a lato della carreggiata. Per il consulente del pubblico ministero inoltre, al momento dell'urto la Kawasaki viaggiava ad una velocità di 80 chilometri orari.
Conclusione quest'ultima, differente da quella alla quale è giunto il consulente della difesa, l'ingegner Mattia Sillo, che ha successivamente illustrato i risultati della propria perizia, avvalendosi anche di un proiettore per fare comprendere meglio lo stato dei luoghi e la ricostruzione della dinamica del sinistro. Secondo il professionista incaricato dalla difesa infatti, la bicicletta potrebbe essere ripartita da ferma mentre la motocicletta avrebbe viaggiato ad una velocità compresa tra i 90 e i 110 chilometri orari. ''Il ciclista è divenuto un pericolo perchè la moto si è avvicinata a velocità elevata'' ha aggiunto l'ingegner Sillo, spiegando i calcoli matematici che lo hanno portato a quella conclusione, che come dicevamo lo ha visto in disaccordo con il collega che ha redatto la perizia su incarico del pubblico ministero, secondo il quale a quella velocità ci sarebbero stati i segni di una frenata decisa, non individuati invece sull'asfalto.
L'udienza ha visto inoltre la deposizione dell'agente di P.L. in servizio a Varenna all'epoca dei fatti; la donna si stava recando in municipio per iniziare la propria giornata lavorativa, quando si è trovata dinnanzi la tragica scena post-sinistro. ''Ho sentito il colpo, ma non ho visto l'urto perchè avevo davanti una curva che ostacolava la mia visuale'' ha affermato la donna. ''Mi sono immediatamente fermata e ricordo bene che c'erano una decina di persone che non si spiegavano come mai il ciclista fosse tornato indietro compiendo una manovra del genere. Appena mi sono tolta la giacca e sono rimasta in divisa, nessuno sapeva più nulla'' ha aggiungo l'agente di P.L., riferendo la sensazione avvertita rispetto ad una sorta di ''omertà'', come se i testimoni non volessero confermare le precedenti dichiarazioni rese senza sapere di trovarsi di fronte ad un pubblico ufficiale.
Sentiti infine i testi di parte civile, chiamati a deporre dall'avvocato Gianluca Crusco del foro di Monza, costituitosi nel procedimento a nome della famiglia di Riccardo Parisi, affiancato dalla collega Anna Capitanio che rappresenta invece la compagna della vittima.
Chiusa la fase istruttoria, il procedimento è stato aggiornato al 13 febbraio prossimo per la discussione finale.
Imputato con l'accusa - ancora tutta da dimostrare - di omicidio colposo (secondo l'articolo 589 c.p.) è Giovanni Giombelli, 56enne milanese difeso di fiducia dall'avvocato Emanuela Rancati.
L'esito della perizia, reso noto martedì mattina in tribunale a Lecco nel corso dell'udienza svoltasi dinnanzi al giudice monocratico Salvatore Catalano e al pubblico ministero Cinzia Citterio, si sarebbe basato su dati oggettivi, partendo dai rilievi dei Carabinieri della stazione di Bellano e dalla testimonianza di un'agente di Polizia locale che stava prendendo servizio a Varenna proprio negli istanti in cui si era verificato il sinistro.
Tenendo conto dello stato in cui sono stati rinvenuti la bicicletta di Giombelli e la Kawasaki Z750 in sella alla quale viaggiava Parisi, il consulente del pm ha ricostruito la dinamica dell'incidente. Il centauro stava viaggiando lungo la SP72 in compagnia di un amico, diretto verso il centro abitato di Varenna; giunto all'altezza della località Fiumelatte sarebbe però avvenuto l'impatto, violentissimo, con la bicicletta che proveniva da uno slargo della carreggiata. Sembra infatti che l'imputato stesse facendo inversione di marcia, forse per raggiungere i compagni che erano rimasti indietro, oppure per avvicinarsi alla corsia opposta, che confina con il lago.
Sta di fatto che - secondo la relazione dell'ingegner Romaniello - il velocipede si sarebbe posto in posizione trasversale rispetto all'arrivo del centauro. L'analisi dei danni riportati dai due mezzi avrebbe infatti confermato questa ricostruzione: la bicicletta appariva spezzata in tre parti, con evidenti deformazioni sul lato sinistro. Al contrario la motocicletta ha riportato danni nella parte opposta, conseguenti anche allo scivolamento sull'asfalto e al successivo impatto con il muretto a lato della carreggiata. Per il consulente del pubblico ministero inoltre, al momento dell'urto la Kawasaki viaggiava ad una velocità di 80 chilometri orari.
Conclusione quest'ultima, differente da quella alla quale è giunto il consulente della difesa, l'ingegner Mattia Sillo, che ha successivamente illustrato i risultati della propria perizia, avvalendosi anche di un proiettore per fare comprendere meglio lo stato dei luoghi e la ricostruzione della dinamica del sinistro. Secondo il professionista incaricato dalla difesa infatti, la bicicletta potrebbe essere ripartita da ferma mentre la motocicletta avrebbe viaggiato ad una velocità compresa tra i 90 e i 110 chilometri orari. ''Il ciclista è divenuto un pericolo perchè la moto si è avvicinata a velocità elevata'' ha aggiunto l'ingegner Sillo, spiegando i calcoli matematici che lo hanno portato a quella conclusione, che come dicevamo lo ha visto in disaccordo con il collega che ha redatto la perizia su incarico del pubblico ministero, secondo il quale a quella velocità ci sarebbero stati i segni di una frenata decisa, non individuati invece sull'asfalto.
L'udienza ha visto inoltre la deposizione dell'agente di P.L. in servizio a Varenna all'epoca dei fatti; la donna si stava recando in municipio per iniziare la propria giornata lavorativa, quando si è trovata dinnanzi la tragica scena post-sinistro. ''Ho sentito il colpo, ma non ho visto l'urto perchè avevo davanti una curva che ostacolava la mia visuale'' ha affermato la donna. ''Mi sono immediatamente fermata e ricordo bene che c'erano una decina di persone che non si spiegavano come mai il ciclista fosse tornato indietro compiendo una manovra del genere. Appena mi sono tolta la giacca e sono rimasta in divisa, nessuno sapeva più nulla'' ha aggiungo l'agente di P.L., riferendo la sensazione avvertita rispetto ad una sorta di ''omertà'', come se i testimoni non volessero confermare le precedenti dichiarazioni rese senza sapere di trovarsi di fronte ad un pubblico ufficiale.
Sentiti infine i testi di parte civile, chiamati a deporre dall'avvocato Gianluca Crusco del foro di Monza, costituitosi nel procedimento a nome della famiglia di Riccardo Parisi, affiancato dalla collega Anna Capitanio che rappresenta invece la compagna della vittima.
Chiusa la fase istruttoria, il procedimento è stato aggiornato al 13 febbraio prossimo per la discussione finale.
G.C.