Lecco: Capparoni diffamato in un articolo, condannati ex moglie, giornalista e direttore

Kaspar Capparoni
Una sanzione di 600 € per il direttore del settimanale “Di più” Sandro Mayer, 800 € per il giornalista Luigi Francesco Cordella e altrettante per Ganouchi Ichraf Bent Mehrez, ex moglie dell’attore Kaspar Capparoni che ha rilasciato l’intervista alla base dell’articolo che ha dato origine al processo per diffamazione a loro carico.
Il protagonista della fiction “Rex”, costituitosi parte civile, riceverà una provvisionale di 5.000 € (50.000 € quella chiesta dal suo avvocato) mentre l’entità del risarcimento del danno sarà stabilita in sede civile (150.000 € la cifra ipotizzata dal suo legale).
Nel pomeriggio di oggi, lunedì 1° febbraio, il giudice Salvatore Catalano ha decretato la colpevolezza dei tre imputati, per i quali il viceprocuratore Mattia Mascaro ha indicato una pena detentiva di 8 mesi e una sanzione di 2.500 € ciascuno.
Le arringhe difensive dei tre avvocati - Mauro Giaquinto parte civile per l’attore, Pierpaolo Lucchese per la sua ex compagna, Francesco Biancolella per il giornalista e il responsabile del settimanale stampato a Brivio – si sono concentrate su due aspetti relativi all’articolo pubblicato nel 2008, relativo a un’intervista all’ex moglie di Capparoni: la veridicità dei contenuti e l’interesse pubblico degli stessi.
Il legale dell’attore, associandosi alla richiesta del Pubblico ministero, ha parlato di un articolo “suggestivo, riportante fatti fortemente denigratori per la professionalità del mio assistito, in quel momento all’apice del successo come protagonista della fiction televisiva. La sua ex compagna riporta fatti privati, relativi ai suoi figli, non veri. È stata grande l’indignazione da parte di Kaspar per il contenuto di quello scritto: egli viene descritto come una padre assente, che non si occupa della crescita e delle esigenze scolastiche dei bambini, e che non li avrebbe avvisati dell’arrivo di un altro figlio con la nuova compagna. Emerge la volontà di dipingerlo come una persona spregevole e nessuno si è degnato di sentire l’altra campana. Viene inoltre riportato un episodio di aggressione nei confronti della donna intervistata con una prognosi di 10 giorni, fatto anche questo riportato in maniera errata. Egli è stato costretto a sporgere denuncia, la sua immagine è stata infangata”.
Di tutt’altra opinione l’avvocato difensore Pierpaolo Lucchese, legale dell’ex compagna dell’attore accusata di diffamazione. Egli, evidenziando la nullità del decreto che dispone il giudizio poiché contiene un fatto nuovo e diverso rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio, ha chiesto per la donna l’assoluzione in quanto il fatto non costituisce reato. “C’è una sentenza passata in giudicato nel 2014 in merito ai fatti che la signora racconta nell’intervista. L’attore è stato condannato in primo grado nel 2006 – dunque prima dell’intervista – per lesioni e minaccia nei suoi confronti, fatti avvenuti nel 2003. Quello che lei ha raccontato è la verità, e in base al diritto di cronaca è possibile riportare le affermazioni di una persona vittime di reato. La mia assistita ha esercitato un suo diritto, e non è mai stata condannata per calunnia. Nell’articolo si definisce “disperata” per una situazione che è reale – con una condanna divenuta irrevocabile – e descrive i fatti in modo obiettivo, senza utilizzare epiteti diffamatori verso l’ex compagno”.
Affermazioni, queste, cui ha prontamente ribattuto il legale di parte civile, spiegando che nell’articolo si fa riferimento ad altri fatti per i quali era ancora attesa una sentenza, che peraltro è stata di assoluzione.
“Gli articoli che riguardano personaggi noti, come era all’epoca dei fatti il signor Casparoni, possono riguardare anche la sfera privata personale” ha spiegato in aula l’avvocato Biancolella, legale del giornalista Cordella e di Sandro Mayer. “L’interesse sociale di tali articoli sta nel fatto che gli attori sono assunti a modello di comportamento. È un legittimo diritto di cronaca scrivere della loro condotta. I fatti descritti nella pubblicazione in questione erano già stati oggetto di pubblicazioni a mezzo stampa. In questo caso l’intervista alla signora è stata raccolta dal giornalista diligentemente, nell’ambito del corretto diritto di cronaca, senza aggiungere commenti personali. Non sono state fornite prove della non veridicità di quanto da lei raccontato, il giornalista intervistatore è tenuto ad attenersi scrupolosamente a quanto gli viene riferito, e in questo caso l’autore dello scritto e il diretto responsabile non sono chiamati a risponderne”.
Di visione opposta il giudice che ha condannato tutti e tre gli imputati.
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